Ora, in base all’art. 2058 c.c., “il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto od in parte possibile. Tuttavia, il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa per il debitore”.
Questo significa che il danneggiato può chiedere, alla compagnia di assicurazione, il risarcimento della spesa totale effettuata per far riparare il veicolo (risarcimento in forma specifica). Tuttavia, prosegue l’art. 2058, il giudice può disporre il pagamento di una somma di danaro corrispondente alla perdita subita e al mancato guadagno (risarcimento per equivalente), se il debitore non può permettersi il risarcimento in forma specifica.
Ebbene, il Tribunale di Prato, prendendo le distanze da alcuni precedenti della Suprema Corte di Cassazione che già in passato si era espressa in senso contrario, ha condannato, con sentenza n.1250 del 10/10/2012, la compagnia assicurativa al risarcimento dell’intero costo delle riparazioni.
Ciò, sulla base del fatto che il giudice non ha l’obbligo di condannare al risarcimento per equivalente al posto di quello in forma specifica. Egli ha giusto il potere di farlo nel caso in cui il debitore non possa risarcire in forma specifica.
Orbene, nell’ipotesi in cui il debitore sia un’impresa di assicurazione, è evidente che non sussista alcun problema al risarcimento in forma specifica; di conseguenza, il giudice ha deciso per il risarcimento dell’intera spesa effettuata dal danneggiato, anche se questa eccedeva il valore del veicolo incidentato.
Speriamo che questa decisione serva da trampolino di lancio per le decisioni future e possa offrire maggior tutela ai danneggiati, i quali, magari, non saranno più costretti a rottamare il proprio veicolo.
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