Il Codice civile definisce all’articolo 2104 il potere direttivo come la capacità del datore di lavoro di impartire una serie di disposizioni al fine di garantire l’esecuzione e la disciplina del lavoro: potere frenato in parte dalle misure di tutela per disabili stabilite dalla Legge 104.
In concreto, il potere direttivo si traduce in una serie di scelte economico-produttive, ad esempio quelle riguardanti la retribuzione dei dipendenti, la distribuzione dell’orario di lavoro o il mutamento di mansioni.
A tutte queste decisioni si sommano quelle riguardanti lo spostamento del luogo di lavoro del dipendente, definitivo e senza limiti di durata. In queste situazioni si parla di “trasferimento”, disciplinato anch’esso dal Codice civile, all’articolo 2103 comma 8.
Il trasferimento può essere disposto dal datore di lavoro o, al contrario, previa esplicita richiesta del lavoratore.
A differenza di quest’ultima ipotesi, in cui il trasferimento stesso è libero e senza particolari condizioni o vincoli di legittimità, se è il datore di lavoro a disporre il cambio del luogo di lavoro è necessario che sussistano comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
A fronte di un trasferimento legittimo, il dipendente non può tuttavia opporsi. In caso di rifiuto non motivato da ragioni valide il datore di lavoro può disporre il licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Esistono tuttavia alcune eccezioni dove, al contrario, l’opposizione del lavoratore è un diritto riconosciuto dalla normativa, in particolare quella in materia di assistenza, integrazione sociale e diritti delle persone affette da disabilità. Ci riferiamo alla nota Legge 5 febbraio 1992 numero 104.
Per approfondire il tema del sostegno alle persone invalide e disabili in difficoltà consigliamo due libri: “La tutela dei soggetti disabili” (una guida a supporto dei familiari e ai professionisti che si occupano dell’assistenza e della tutela di un soggetto disabile) e “Agevolazioni fiscali e adempimenti per i soggetti disabili 2023”.
Analizziamo la questione in dettaglio.
Indice
- Lavoro e Legge 104: trasferimento familiari di disabili
- Lavoro e Legge 104: deroga al divieto di trasferimento sede
- Lavoro e Legge 104: da quando parte la tutela sui trasferimenti
- Lavoro e Legge 104: chi ha diritto alla tutela sui trasferimenti di sede
- Tutela anche per i trasferimenti nella stessa unità produttiva
- Lavoro e Legge 104: handicap grave
- Lavoro e Legge 104: tutela per maggiorenni con handicap
Lavoro e Legge 104: trasferimento familiari di disabili
A norma dell’articolo 33, comma 5, Legge numero 104/1992 i familiari del disabile, non ricoverato a tempo pieno, che gli prestano assistenza, hanno diritto di scegliere, se possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere.
La legge prevede altresì che i lavoratori in questione non possano essere trasferiti dal datore di lavoro senza il loro consenso, eccezion fatta per i casi di incompatibilità della permanenza dell’interessato nella sede di lavoro.
Con riguardo a quest’ultimo aspetto la Cassazione (sentenze del 5 novembre 2013 numero 24775 e del 9 luglio 2009 numero 16102 in Sezioni Unite) ha affermato che il trasferimento può esser comunque disposto se la permanenza del lavoratore genera tensioni e contrasti, con rilevanti ripercussioni anche sul regolare svolgimento dell’attività lavorativa.
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Lavoro e Legge 104: deroga al divieto di trasferimento sede
Rispetto al disposto della legge con cui si vieta il trasferimento del dipendente senza il suo consenso, la giurisprudenza di Cassazione (sentenze del 18 gennaio 2021 numero 704, del 12 ottobre 2017 numero 24015 e del 19 maggio 2017 numero 12729) ha affermato che l’illegittimità della decisione aziendale può essere eventualmente superata se il datore di lavoro prova, a fronte della natura e del grado di infermità del familiare, specifiche esigenze che, in un’ottica di bilanciamento tra interessi opposti, risultano urgenti, effettive e comunque non suscettibili di essere soddisfatte.
Lavoro e Legge 104: da quando parte la tutela sui trasferimenti
Un aspetto da non trascurare è quello relativo alla decorrenza della tutela riguardante i trasferimenti. Sul punto, sempre la Suprema Corte (sentenza 17 dicembre 2020 numero 29009) ha sottolineato che i diritti del lavoratore in tal senso sorgono dal momento della presentazione all’Inps “della domanda intesa ad ottenere i benefici di cui alla L. n. 104 del 1992 e non alla data del provvedimento concessorio da parte dell’INPS”.
Lavoro e Legge 104: chi ha diritto alla tutela sui trasferimenti di sede
La tutela nei confronti dei trasferimenti disposti dall’azienda opera nei confronti dei seguenti familiari del disabile:
- coniuge (o parte dell’unione civile);
- convivente;
- parente o affine entro il secondo grado.
Il diritto è esteso a parenti o affini entro il terzo grado se i genitori o il coniuge (o la parte dell’unione civile) del disabile hanno compiuto i 65 anni ovvero sono anch’essi affetti da patologie invalidanti o sono deceduti o mancanti.
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Tutela anche per i trasferimenti nella stessa unità produttiva
Il divieto di trasferimento del lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile, opera in tutte le situazioni in cui cambia il luogo geografico di esecuzione della prestazione.
Di conseguenza, come ha affermato la Cassazione (sentenza del 23 agosto 2019 numero 21670) la tutela in parola agisce anche se lo spostamento interessa la medesima unità produttiva.
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Da notare che, ai fini del trasferimento, per unità produttiva si intende l’entità aziendale che, eventualmente articolata in organismi minori, anche non ubicati nel territorio del medesimo comune, si caratterizza per condizioni imprenditoriali di indipendenza tecnica ed amministrativa tali che in essa si esaurisce per intero il ciclo relativo ad una frazione o ad un momento essenziale dell’attività produttiva aziendale.
Lavoro e Legge 104: handicap grave
Come previsto dal citato articolo 33, comma 5 la tutela in argomento opera in favore del “lavoratore di cui al comma 3”.
Tali si intendono i dipendenti, pubblici e privati, destinatari del diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito dall’Inps per assistere il familiare con “disabilità in situazione di gravità” (articolo 33, comma 3).
Tali si intendono i dipendenti, pubblici e privati, destinatari del diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito dall’Inps per assistere il familiare con “disabilità in situazione di gravità” (articolo 33, comma 3).
La definizione di handicap grave è data dalla stessa Legge numero 104/1992 all’articolo 3, comma 3. In particolare, qualora “la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità”.
Lo stato di gravità della minorazione dev’essere accertato dalla competente Commissione medico – legale dell’ASL, chiamata a pronunciarsi entro 90 giorni dalla data di presentazione della relativa domanda.
Se la Commissione non si esprime entro 45 giorni dall’istanza, l’accertamento è condotto provvisoriamente da un medico specialista nella patologia denunciata, in servizio presso l’ASL che assiste l’interessato.
Da notare che l’accertamento provvisorio ha validità sino all’emissione dell’accertamento definitivo da parte della Commissione.
Lavoro e Legge 104: tutela per maggiorenni con handicap
La protezione appena descritta riconosciuta ai familiari del disabile, opera anche in favore dei lavoratori maggiorenni, con handicap in situazione di gravità.
Questi ultimi hanno, di conseguenza, sia il diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio che, in tema di trasferimento, il diritto di opporre un rifiuto alla decisione dell’azienda.
Unica eccezione alla necessità del consenso del dipendente, in merito al trasferimento, è l’esistenza di situazioni di incompatibilità dell’interessato nella sede di lavoro. Principio che, ricordiamolo, è figlio della giurisprudenza di Cassazione ed opera anche per i familiari che assistono un disabile con handicap grave.
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Foto di copertina: istock/Drazen Zigic