La condomina condannata aveva presentato ricorso contro la sentenza emessa dal Tribunale di Palermo il 2 dicembre 2011, che ne aveva sancito la colpevolezza in base agli articoli 81 e 674 del Codice penale per aver arrecato molestie ad una vicina gettando, si apprende dal testo del provvedimento giurisdizionale, “nel piano sottostante ove si trovava l’appartamento di quest’ultima, rifiuti quali cenere e cicche di sigarette, nonché detersivi corrosivi, quale candeggina”.
Per la reiterazione dei suddetti comportamenti lesivi nei confronti di terzi, il Tribunale palermitano decideva di infliggere alla donna la sanzione corrispondente al pagamento di un’ammenda di 120 euro. Il valore peculiare rivestito dalla sentenza non aveva però principalmente a che fare con lo scotto economico, bensì rispecchiava soprattutto l’aver considerato l’atteggiamento tenuto dalla condomina un reato a tutti gli effetti, dunque condannabile e punibile.
L’illecito in questione, in particolare, veniva a riguardare quello di “getto pericoloso di cose”, specificatamente punibile in base all’articolo 674 del Codice penale, testualmente previgente: “Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte ad offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda fino a duecentosei euro”.
Il verdetto decretato dal tribunale prevedeva altresì un aggravio di pena in virtù della reiterazione dell’illecito, essendo così applicato il capoverso aggiuntivo dell’articolo 81 del Codice medesimo: “E’ punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata fino al triplo (…). Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge”. Il ricorso avanzato in Cassazione dalla condomina citata è stato respinto perché dichiarato inammissibile, dal momento che “l’argomentazione motivazionale, adottata dal decidente in relazione alla concretizzazione del reato in contestazione e alla ascrivibilità di esso in capo alla prevenuta, si palesa logica e corretta”.
Anche la Suprema Corte ha dunque ritenuto valida la pronuncia di condanna del Tribunale di Palermo, inquadrando a pieno titolo il comportamento della condomina nell’ambito penale applicativo del reato di “getto pericoloso di cose”. L’importanza , ai fini della deterrenza, della sentenza della Cassazione la si può rileggere nella decisione di convertire una condotta generalmente ascrivibile agli illeciti civili in reato di rilevanza penale, sanzionandola dunque con maggiore severità. Da ultimo, la Corte di Cassazione ha anche condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di 1.000 euro.
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