Parzialmente simile il parere espresso dalla Corte d’Appello, che aveva confermato l’addebito a carico della consorte, attribuendo tuttavia sulle spalle del ricorrente, l’onere economico di versamento nei confronti della ex di un assegno tarato sul tenore di vita tenuto durante il periodo coniugale. La Suprema Corte, invece, rimescola le carte in gioco: la violazione degli obblighi coniugali va sanzionata, decreta la Cassazione, soltanto qualora vengano a configurarsi casi in cui “la relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione, ai sensi dell’articolo 151 del Codice civile quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà, e quindi, anche se non si sostanzi in adulterio, comportano comunque offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge”.
L’amore platonico sul web, dunque, se mantiene un profilo di non pubblico dominio, non fa scattare alcun addebito. La sentenza pronunciata in Cassazione confuta i verdetti espressi in primo e secondo grado, recriminando ai giudici di merito di aver assegnato un eccessivo peso alla testimonianza della consorte dell’’amante internauta’ allineando dunque un illogico “parallelismo” sulle conseguenze che la relazione via web avrebbe riportato su entrambe i legami coniugali coinvolti. Relegata come ininfluente dalla Cassazione anche la deposizione rilasciata dalla figlia maggiore del ricorrente, la quale aveva dichiarato come la madre, a seguito dell’avvio del rapporto online, avesse ripetutamente manifestato la necessità di ottenere maggiore indipendenza dal matrimonio.
Degno di considerazione più rilevante da parte dei giudici supremi, è stato invece il comportamento tenuto dal marito, il quale per ben due anni aveva sostenuto la situazione senza intervenire, ad eccezione di qualche episodica ingerenza fatta per contattare la consorte del rivale in amore al fine di informarla sulla relazione intercorrente tra i rispettivi coniugi. Alla base del verdetto della Cassazione risulta, però, la completa assenza di “congressi carnali” congiuntamente all’evidenza che la relazione non fosse stata portata a conoscenza di soggetti esterni. Rispetto al dovere di lealtà tra marito e moglie, imposto dalla Corte in occasione di altre sentenze, con la pronuncia di ieri si inverte completamente la rotta: non sono dunque più punibili con l’addebito né l’infatuazione né l’amore platonico originatosi in chat, e tanto meno i cosiddetti casi di adulterio apparente.
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