Intanto la Corea del Sud ha formalmente chiesto alla Cina di incrementare la sorveglianza visto che gli spostamenti degli apparati balistici sul territorio nordcoreano lasciano pensare che ci sia la seria possibilità di un lancio imminente. Le batterie di missili che sono state spostate sulla costa orientale, quella più vicina a Giappone e Sud Corea, sono fornite di missili Masudan che sono tecnicamente in grado di coprire una distanza fino a 3.500 km, dunque in grado ampiamente di colpire tanto il Giappone, quanto la Corea del Sud e perfino il territorio americano dell’isola di Guam.
Secondo quanto ha dichiarato il ministro degli esteri sud coreano Yun Byung-se, Pyongyang sarebbe pronta a lanciare il missile “in qualsiasi momento”. Secondo gli ultimi rilevamenti fatti dall’intelligence sudcoreana e dagli Stati Uniti, ha proseguito il ministro in un’audizione parlamentare, “la possibilità di un lancio di missili da parte della Corea del Nord è molto alto”. Yun, concludendo, ha avvertito che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sarà immediatamente convocato se la Corea del Nord attuerà il lancio di un missile balistico, perché a Pyongyang sarebbe vietato effettuare questi tipi di test.
Washington non ha tardato, per bocca dell’ammiraglio Samuel Locklear, il comandante delle forze Usa nella regione del Pacifico, a confermare i timori espressi da Seul; infatti in base alle informazioni dell’esercito americano la Corea del Nord avrebbe mosso “un numero imprecisato” di missili Musudan nella zona della sua costa orientale.
Dal canto suo la Corea del Nord ce la sta mettendo tutta per tenere alto il livello della tensione; infatti sono comparse dichiarazioni inquietanti sul Rodong Sinmun, il quotidiano del partito dei lavoratori di Pyongyang “il Giappone si trova vicino alla Corea del Nord e quindi non può evitare di essere bersaglio di attacchi di rappresaglia”.
L’intero Paese “diventerà un campo di battaglia, se Tokyo innescherà una guerra”. Le politiche ostili contro la Corea del Nord, ha continuato il Rodong, in un editoriale ripreso dalla Kcna e molto critico su basi militari Usa e schieramento delle batterie anti-missile nel centro di Tokyo, “porteranno solo devastazione per il Paese”. Le città segnalate, compresa la capitale, rappresentano a livello demografico oltre un terzo della popolazione totale: con un attacco diretto, il Giappone “perderebbe capacità offensiva e difensiva”.
Non fossero sufficienti queste dichiarazioni al calor bianco, la mossa odierna della Corea del Nord è stata di chiudere il passaggio dalla Cina ai turisti, ma non sarà impedito invece il traffico delle merci, almeno e quanto fanno sapere le autorità doganali di Dandong, la città in cui Cina e Corea sono separate semplicemente dal corso del fiume Yalu.
A seguito di questo provvedimento non ci sono state comunicazioni ufficiali in Cina, mentre da fonti ufficiose si evince che la Cina pare non sia intenzionata ad intervenire qualora la Corea del Nord decida di attaccare per prima, confermando così quanto dichiarato dal presidente cinese Xi Jinping durante il vertice di Boao che aveva avuto parole piuttosto dure nei riguardi di chi “crea caos e minaccia la pace nell’area”. Messaggio ambiguo a ben guardare che potrebbe essere rivolto tanto all’alleato nordcoreano quanto alla minaccia statunitense, ora più incombente che mai.
E’ evidente che gli Stati Uniti non sono i salvatori della patria ma stanno sfruttando la situazione a proprio vantaggio. In questa strategia della tensione il vecchio zio Sam non ha perso occasione di mostrare i propri muscoli e come in un grande macabro spettacolo ha messo in vetrina tutto il suo campionario distruttivo per possibili vendite ai paesi minacciati dalla follia coreana. Al momento sono solo parole, speriamo che le chiacchiere non arrivino mai a zero.
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