Caso Marò, parte 2, ritorno in India

Non credevo che dopo 70 anni circa, da quella tragica data dell’8 settembre 1943, in cui ancora una volta l’onore della nostra nazione era stato messo in discussione, oggi, a distanza di tanto tempo, quando sembrava esserci, con il decorso del tempo, riscattati da quell’onta, si venisse di nuovo trascinati tanto in basso da farci vergognare di essere italiani.
Ora come allora si è verificato che un governo, disattendendo tutte le prassi comuni al diritto internazionale e quello diplomatico, di cui sono elementi costituenti la preveggenza, la prudenza, la coerenza e soprattutto la lealtà, ha determinato nel popolo italiano e nelle proprie forze armate sconcerto e amarezza.
E’ sotto gli occhi di tutti la “leggerezza” posta in essere dalla diplomazia italiana nel condurre la vicenda dei due marò  imputati in India, ma a quanto pare da ieri anche in Italia, dell’omicidio di due pescatori scambiati per pirati.
L’11 di questo mese, apparentemente, con un coraggio leonino, il ministro Terzi comunicava al suo paritetico indiano di voler sottrarre, fisicamente, i due marò alla giurisdizione indiana, creando uno scontro diplomatico che aveva come primo effetto il “fermo territoriale“ dell’Ambasciatore Italiano in India.
Questo braccio di ferro ha avuto termine ieri 21 c.m. quando, dopo essersi di più ingarbugliate le posizioni giudiziarie e giuridiche dei due marò, in quanto sono stati formalmente accusati dalla Procura Militare di Roma di “Violata consegna aggravata” e “Dispersione di oggetti di armamento militare”, ipoteticamente per non aver rispettato le regole d’ingaggio ed aver consumato i proiettili esplosi contro i pescatori(!) con rinvio degli atti alla Procura ordinaria di Roma degli atti, in quanto procede per il reato più grave di “Omicidio Preterentenzionale”, agli stessi è stato ordinato di fare rientro in India.
Bisogna evidenziare che questo atteggiamento diciamo “ondivago” del governo ha messo in ginocchio il morale di quegli uomini in uniforme che sull’etica della parola data e sull’onorabilità delle medesima fondano da secoli il loro stesso status e che si sono visti, ancora una volta, trattare come oggetti di scambio, da un quasi caducato governo politico, anche se il proprio ministro della difesa è stato, fino a prima della nomina, un militare di carriera per oltre 40 anni.
Inutili e patetiche sono sembrate le giustificazioni a posteriori di Staffan De Mistura, sottosegretario agli esteri, secondo cui: “La parola data da un italiano e’ sacra: noi avevamo sospeso il loro rientro in attesa che New Delhi garantisse alcune condizioni“, affermazione contraddetta dalle parole del suo stesso ministro di qualche giorno fa, secondo cui : “Stante la formale instaurazione di una controversia internazionale tra i due Stati(quale?), i fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non faranno rientro in India alla scadenza del permesso loro concesso”.
L’Italia ha già informato il Governo indiano” e poi ancora: “L’Italia ha sempre ritenuto che la condotta delle Autorità
indiane violasse gli obblighi di diritto internazionale gravanti sull’India”, in particolare il principio dell’immunità dalla
giurisdizione degli organi dello Stato straniero” ed infine: ”L’Italia ha ribadito formalmente al governo indiano, con la nota verbale consegnata oggi dall’Ambasciatore Mancini, la propria disponibilità di giungere ad un accordo per una soluzione della controversia, anche attraverso un arbitrato internazionale o una risoluzione giudiziaria”.
Poi su twitter il ministro è andato anche oltre : “La giurisdizione è italiana e siamo disponibili a trovare soluzioni con l’India in sede internazionale. Intanto i nostri marò restano in Italia”.
Insomma con il precipitoso invio dei due marò allo scadere della data ultima per il rientro, la diplomazia italiana ha stigmatizzato tutta la sua intrinseca “debolezza” e la sua contorta inaffidabilità internazionale.
Anche l’affermazione : “Il governo indiano ha garantito che non ci sarà la pena di morte nei loro confronti” sempre di Staffan De Mistura e secondo cui questa azione tentennante sul rinvio dei marò è stata funzionale ad ottenere delle riassicurazioni dal governo indiano sulla incolumità processuale dei fucilieri, è del tutto priva di significato e di valenza giuridica poichè, chiunque vada a giudicare i marò in India (la Suprema Corte secondo un original jurisdiction o un appellate jurisdiction, o un’Alta Corte di uno Stato federale) è costituzionalmente indipendente rispetto all’esecutivo come in Italia e dunque cosa ha potuto o avrebbe potuto assicurare il governo indiano ai nostri diplomatici?
Ma anche se in India, che secondo una tradizione giuridica anglosassone, contemperata da un sistema di regole scritte e
convenzionali, la scelta dei giudici è rimessa al potere esecutivo, bisogna tener conto che in ogni caso il costituente indiano, che ha creato alla fine un ibrido nel fondere il modello previsto in Gran Bretagna, Canada, Australia e secondo cui la scelta dei giudici è rimessa al solo esecutivo e quello americano, in cui invece la scelta del Presidente deve essere confermata dal Senato, ha affidato al Presidente dell’India, in definitiva, la nomina dei giudici (art.124.2 Cost.) e dunque, quale assicurazione ha potuto fornire il Governo indiano a quello italiano? Quello di garantire una sentenza di favore
differentemente da quella che dovrebbero andare a decidere, in piena imparzialità e terzietà, le Corti chiamate a giudicare i due marò? Dunque ancora una volta è priva di fondamento la scusa paventata dal governo a giustificazione delle proprie improvvide scelte politiche e diplomatiche!
Rincresce dirlo ma si è alla Caporetto della credibilità nazionale e soprattutto internazionale e se questo governo avesse voluto riscattarsi con un’azione forte, quella del’11 marzo, alla fine del proprio mandato, è di tutta evidenza che avrebbe dovuto preventivamente valutare quali conseguenze si sarebbero determinate nel momento in cui la questione fosse uscita dai canali giuridici o diplomatici per riversarsi in quello dell’unilateralità e dell’arroganza istituzionale!
Cioè, se si violano i patti statuiti si può pretendere poi che la parte avversa possa non fare altrettanto?
Ovvero, ho una forza politica e diplomatica da non permettere una ritorsione della controparte?
Taillerand e Machiavelli si stanno rivoltando nella tomba! Qualcuno nelle ultime ore si è avventurato in commenti secondo cui si è trattato di pressapochismo diplomatico o addirittura dilettantismo politico, io direi di più, si è trattato d’incoscienza
politica perchè sicuri dello scadere del mandato chi ha operato queste infelici scelte ha messo in conto che, secondo consolidata tradizione nella P.A. per cui la irresponsabilità istituzionale è l’ordinarietà, nel caso fosse andata bene si sarebbe coperto di gloria in zona cesarini, altrimenti tutto sarebbe ricaduto nel limbo della successione politica del nuovo governo.
Quello che però ancora una volta salta agli occhi come un pesante sospetto, anche del più sprovveduto lettore della vicende nazionali, è perchè questo governo si ostina a non citare l’India davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, ovvero perchè lo proclama e poi non rende effettiva questa “minaccia”?
Peraltro, sempre il ministro Terzi, è bene ripetere, aveva affermato appunto che : “l’Italia ha sempre ritenuto che la condotta delle autorità indiane violasse gli obblighi di diritto internazionale gravanti sull’India e in particolare il principio dell’immunità dalla giurisdizione degli organi dello Stato straniero”.
Che effettivamente l’India abbia ragione sulla giurisdizione?

Carmelo Cataldi

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