Cipro: cade l’ultimo tabù l’UE mette le mani nei conti correnti

Redazione 19/03/13
Giovedì 21 marzo, è questa l’ora x in cui le banche di Cipro riapriranno gli sportelli, fino ad allora dobbiamo prepararci ad un valzer degli spread sui titoli di Stato, soprattutto quello italiano e spagnolo. Non solo gli spread saranno messi a dura prova; infatti vacilleranno anche le azioni delle banche, basti pensare che solo ieri nell’arco di poche ore l’indice Bloomberg ha perso il 2%. Questa situazione, naturalmente, finirà qualora fra Cipro e l’Europa si raggiunga un accordo perché se così non fosse potrebbe succedere di tutto con l’isola destinata ad uscire dall’eurozona.

La cosa peggiore – ha riferito un analista americano – è che la soluzione trovata non è il frutto di una strategia lucidamente decisa, nel bene e nel male, a tavolino, ma una ricetta messa insieme all’ultimo minuto, alla bell’e meglio, da eprsone con poche idee e troppo sonno”. Gli analisti francesi della Societè Generale hanno definito Bruxelles il regno dell’improvvisazione “si è capito che non c’è un approccio standard per affrontare l’eurocrisi”. 

Lo scenario che si prospetta, da un punto di vista politico ed economico, potrebbe essere apocalittico; l’uscita di un paese, seppure di piccole dimensioni, come Cipro, dall’eurozona romperebbe un tabù, creando un precedente pericoloso che potrebbe ispirare altri paesi, ben più grandi ed economicamente influenti, a prendere la stessa decisione.

Del resto, da quando è stata istituita la moneta unica, non è certo il primo tabù che salta; infatti con la ristrutturazione del debito greco, era già venuto meno il divieto di default di uno Stato sovrano dell’area euro. Ora, con la tassa nelle banche di Cipro, si infrange un principio che teoricamente doveva rimanere intoccabile; infatti dopo quello che era successo negli anni 30, ossia l’assalto agli sportelli, i depositi dei cittadini dovevano essere ritenuti intoccabili e sicuri.

La verità, però, è che anche su questo esiste un precedente, ed è italiano; fu il Governo Amato, infatti, ad istituire un prelievo obbligatorio circoscritto al 6 per mille, che in proporzione è una percentuale dieci volte inferiore rispetto a quella prospettata a Cipro, dunque la sensazione non fu quella di un saccheggio come invece questo provvedimento viene vissuto sull’isola di Nicosia.

I critici hanno colto la palla al balzo per rilanciare la tesi, ormai sulla bocca di tutti, che l’Europa è prigioniera delle elezioni tedesche e che il dibattito interno in Germania rappresenterà l’ago della bilancia per tutte le scelte tanto di Berlino quanto, inevitabilmente, di Bruxelles. Del resto era apparso chiaro quando settimana scorsa la cancelliera Angela Merkel, nonostante una situazione economica interna favorevole, ha stilato una manovra di bilancio fondata sull’austerity, rendendo così vani tutti gli appelli ricevuti ad attuare una politica di rilancio della domanda interna per dare margine alle esportazioni degli altri paesi europei in difficoltà.

Dunque il messaggio è oltremodo chiaro, i cordoni della borsa del contribuente tedesco sono chiusi e, in definitiva, chi è causa del suo mal pianga se stesso, per cui Berlino non ha la minima intenzione di aiutare i contribuenti ciprioti ritenuti responsabili della situazione nella quale si trovano. Questo messaggio però ha un valore destabilizzante; infatti l’invito è a guardare bene dove si depositano i propri soldi, un “consiglio” che può mettere in ulteriori difficoltà paesi come Spagna ed Italia che hanno un sistema bancario già in crisi.

Morgan Stanley, una delle banche più famose al mondo, ritiene che la decisione di sabato sia “un precedente inquietante, con conseguenze potenzialmente a livello di sistema, se i depositanti dei paesi della periferia temessero un trattamento simile in futuro”. In America i parallelismi inquietanti si sprecano, c’è già chi parla di un caso “peggio di Lehman Brothers” o di “errore decisivo”, anche se in realtà molti altri analisti finanziari, soprattutto europei, sono molto più cauti nell’esprimersi.

Tanto Credit Suisse che Barclay’s che Goldman Sachs ritengono che l’effetto – annuncio della tassa cipriota sarà circoscritto e che un contagio ad altri paesi sia piuttosto difficile. Le banche, proseguono nell’analisi quelli di Barclay’s, anche nei paesi deboli sono meglio capitalizzate rispetto al 2008 e la Bce inonda il sistema di liquidità, non fosse sufficiente questo Draghi ha anche messo l’euro al riparo della speculazione.

I nodi che si prospettano, dunque, più che sul piano economico riguardano lo scenario politico; dopo le elezioni politiche greche ed italiane, infatti, un altro paese viene convertito alla retorica antieuropea, e antitedesca, con un effetto domino che può diventare complesso da controllare. In realtà, altrettanto difficili da controllare, sono anche gli effetti economici soprattutto quando sono cavalcati dalla preoccupazione dei cittadini per i propri risparmi.

Non è sufficiente che una banca sia solida per evitare che si generi una fuga di capitali verso l’estero o lidi più sicuri, e anche se la Bce sostenesse i mercati finanziari, meno depositi in cassa comportano un inasprimento della stretta al credito in paesi già in recessione. Per quanto riguarda l’Italia il segnale proveniente dalle decisioni tedesche sulla questione cipriota è anche più specifico; qualora nei prossimi mesi di incertezza politica, si dovesse andare a sollecitare l’aiuto europeo per arginare una crisi dello spread, bisogna sapere in anticipo che le porte difficilmente saranno aperte.

 

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