Sconcerto e preoccupazione: questa la reazione dell‘Associazione Nazionale Forense al regolamento per le modalità di accesso allo Sportello per il cittadino.
Una reazione esagerata?
Io non credo (e, a scanso di equivoci, premetto che non faccio parte di A.N.F.).
Tutto parte, evidentemente dalla (contro)riforma forense, ovvero la legge 31.12.2012 n° 247, il cui articolo 30 prevede:
Art. 30. (Sportello per il cittadino)
1. Ciascun consiglio istituisce lo sportello per il cittadino, di seguito denominato «sportello», volto a fornire informazioni e orientamento ai cittadini per la fruizione delle prestazioni professionali degli avvocati e per l’accesso alla giustizia.
2. L’accesso allo sportello è gratuito.
3. Il CNF determina con proprio regolamento le modalità per l’accesso allo sportello.
4. Gli oneri derivanti dall’espletamento delle attività di sportello di cui al presente articolo sono posti a carico degli iscritti a ciascun albo, elenco o registro, nella misura e secondo le modalità fissate da ciascun consiglio dell’ordine ai sensi dell’articolo 29, comma 3.
Già il fatto che venga previsto un servizio, gratuito per il pubblico e il cui costo grava sugli avvocati attraverso il contributo annuale al locale ordine degli avvocati, non era stato preso benissimo dagli avvocati (eufemismo).
Ma il peggio, capovolgendo Ligabue, doveva ancora venire, ed è puntualmente arrivato con il regolamento del Consiglio Nazionale Forense.
Infatti, il regolamento (rectius: la bozza di regolamento predisposta dal CNF, inviata agli ordini per le osservazioni) predisposto dal Consiglio Nazionale Forense prevede che il servizio svolto da questo sportello abbia anche ad oggetto:
1) “l’illustrazione delle azioni giudiziarie esperibili” (art.2), ovvero quello che in italiano corrente si definisce una vera e propria consulenza legale, che però dovrebbe essere gratuita (???);
2) “l’illustrazione dei tempi e dei costi di un giudizio… anche in caso di soccombenza” (art.2), e qui non si capisce se il C.N.F. intenda dotare tutti gli sportelli di una sfera di cristallo, visto che le tempistiche sono spesso impossibili da determinare e lo stesso vale per i costi, a maggior ragione visto che la (contro)riforma forense prevede, all’articolo 13, comma 3: “La pattuizione dei compensi è libera”;
3) “l’illustrazione delle procedure esperibili di risoluzione alternativa delle controversie” nonché “dei vantaggi derivanti in termini di tempi e costi dall’esperimento di tali procedure” (art.2), il che sembra francamente un nonsense vista la battaglia combattuta dagli ordini nei confronti dell’istituto della mediazione.
Non solo: il servizio deve essere tenuto, a titolo gratuito, da avvocati e praticanti (quindi non da personale di segreteria).
Ora, se da un lato è ammirevole la fiducia che il C.N.F. dimostra di avere nella categoria, è per converso francamente incredibile come non si voglia veder il rischio che tale “servizio” diventi una occasione di accaparramento di clientela, fa parte di qualche iscritto particolarmente zelante.
D’altra parte, l’occasione fa l’uomo ladro, si dice, e dovendo parlare di costi la tentazione …
Ah certo, l’art. 5 comma 6 b) vieta di “assumere incarichi professionali dal beneficiario dei servizi resi in relazione alla questione per cui sono state fornite informazioni” ma francamente pare più una norma scritta per tacitarsi formalmente la coscienza, che altro.
Oltretutto la violazione di tale divieto viene sanzionata con la sanzione dell’esclusione dall’elenco dei professionisti che svolgono il servizio, e naturalmente questa sanzione gravissima scoraggerà sicuramente eventuali abusi (sic!).
Ci sarebbe anche altro, ma mi fermo qui: l’impressione, ancora una volta, è quella di un Consiglio Nazionale Forense quanto mai “scollegato” dall’avvocatura “sul campo” e dai suoi problemi.
Quo usque tandem, C.N.F., abutere patientia nostra?
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