Nella
Chiesa di Santa Maria in Traspontina, ieri sera mentre fuori la pioggia bagnava
San Pietro, il cardinale canadese
Marc Ouellet, uno dei «papabili», oltre ad essere il solo ad accennare a
Vatileaks («Anche Benedetto XVI ha perdonato, prima di Natale, chi lo ha tradito») ha parlato ai fedeli dello stato d’animo dei
115 elettori che alle
16.30 di domani, muovendo dalla Cappella Paolina, entreranno in processione
nella Sistina. “È un’ora abbastanza unica nella storia della Chiesa, dopo la rinuncia al ministero petrino di
Benedetto XVI”, decanta il teologo Ouellet, che insieme ad
Angelo Scola e Christoph Schönborn sembra l’allievo più vicino a Ratzinger: “Sapendo come abbia meditato a lungo e profondamente la sua decisione, non posso dubitare che lo abbia fatto secondo la volontà di Dio e per il bene della Chiesa”. Sono stati diversi i cardinali che ieri hanno celebrato messa nelle varie chiese romane. Il
collegio cardinalizio al completo stamane è pronto per la
decima ed ultima congregazione generale, ma le manovre poste in essere dagli ‘ambasciatori’ per rinsaldare i consensi attorno ai ‘papabili’ andranno avanti fino a che domani mattina varcheranno la
Domus Sanctae Marthae per depositare le valigie in vista della successiva concelebrazione, in San Pietro, della
Messa Pro eligendo romano Pontifice, presieduta alle 10 dal
Decano Angelo Sodano. Seguirà il pranzo, e poi via, verso “la decisione più importante della nostra vita”, così come ribattezzata dal cappuccino di Boston
Sean Patrick O’Malley. “Finora non sappiamo proprio nulla, dovremo aspettare almeno i risultati del primo scrutinio”, alzava le spalle ieri il cardinale francese
Philippe Barbarin. Il
quorum per eleggere il Papa è di
77 voti. Secondo le prime voci sono diversi i porporati che custodiscono più di un’opzione, sarà
difficile quindi poter ottenere un confronto tra due nomi già dal primo scrutinio, la prospettiva è quella che si delineino almeno tre o quattro candidati. Gli americani, dal canto loro, dopo il sacro bavaglio imposto dalla Curia romana e cancellati i
briefing con la stampa in obbedienza al decano del collegio, Angelo Sodano, e al
camerlengo,
Tarcisio Bertone, portano avanti silenziosamente il progetto per un nome interno, un candidato già considerato papabile all’annuncio della rinuncia di Ratzinger e poi tenuto volutamente nell’ombra in virtù dell’ascesa di
Angelo Scola. Si tratta di
Timothy Dolan,
arcivescovo di New York, per il quale si è mosso il cardinale di Chicago
Francis George, suo predecessore alla guida dei vescovi del Paese, un vero ‘
Pope-maker’ all’interno della compagine USA. Certo,
Scola vanta un cospicuo pacchetto iniziale di voti, permanendo il candidato ideale sia da parte di una larga fetta di extraeuropei che di mitteleuropei, su tutti il ‘progressista moderato’, nonché primate di Vienna,
Christoph Schönborn. Atro nome in lizza è quello del
sudamericano Odilo Pedro Scherer, sostenuto da molti curiali. Tra le fila del
‘partito romano’, infatti Scherer sembra stabilizzarsi quale
primo candidato, spinto in queste ore soprattutto dal cardinale
Giovanni Battista Re, il quale durante il
Conclave farà le veci del decano Sodano che, ultraottantenne, ne rimarrà escluso. Nonostante la provenienza ‘progressista’, Scherer pare rimanere una scelta fortemente romana, non tutti i brasiliani, dunque, sembrano disposti a votarlo. I profili nordamericani ed europei rimangono abbastanza affini, conservando dunque più possibilità di far convergere i rispettivi voti.
Mercoledì si potrà valutare chi prosegue, qualora invece dovessi verificarsi lo
’stallo’ si presenterebbe la giusta occasione per proporre
scelte alternative: come ad esempio il messicano
Francisco Robles Ortega, l’ungherese
Péter Erdö, l’austriaco
Christoph Schönborn, o ancora i nomi ancor più inaspettati dei
candidati asiatici ed africani.
D’altronde, il Conclave si sottrae alle logiche delle elezioni politiche, restando un sistema per questo spesso inatteso. “In pochi giorni avremo il nuovo Santo Padre: vi posso dire che ho trovato, in questa settimana di incontri tra cardinali, uno spirito di fraternità raramente vissuto”, valutava ieri in tarda serata il cardinale Schönborn. “Tutto è ancora possibile”, è la replica di un altro ‘grande vecchio’ del collegio cardinalizio.
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