Rosario Crocetta è orgoglioso del suo rapporto in assemblea regionale con i consiglieri grillini e, a questo proposito, cerca di imporsi come battistrada di quello che potrebbe essere il tragitto seguito anche su scala nazionale: l’appoggio esterno dei 5 Stelle a un governo di centrosinistra non autonomo in Parlamento.
Non solo abolizione delle Province, dunque, ma vera e propria stretta ai cordoni della spesa pubblica nella regione che, nei mesi passati, ha incarnato il modello dello spreco e del malaffare prima che nel Lazio esplodesse il caso Fiorito. Un crac finanziario mai così vicino, quasi venti miliardi di debito, mentre la filiera della pubblica amministrazione conta migliaia di dipendenti e gli onorevoli incassano stipendi da favola.
Ora, il “poeta di Gela” ha deciso di varare il suo shock istituzionale, una serie di riforme volte a ridisegnare il profilo burocratico-politico dell’isola.
Dunque, mentre spuntano gli 8 punti avanzati da Pier Luigi Bersani alla direzione nazionale del Pd, il governatore della Sicilia si fa portavoce di un’analoga iniziativa su sfondo locale, ma dalle implicazioni politiche assai rilevanti: qualora il”pacchetto tsunami” dovesse incontrare il favore degli eletti sotto il simbolo del MoVimento 5 Stelle, infatti, la probabilità che le novità vadano effettivamente in porto sarebbe elevatissima. Così come un ipotetico governo Bersani, infatti, la giunta Crocetta non può godere di autosufficienza all’assemblea regionale, dovendo dunque contare di volta in volta sull’appoggio delle altre fazioni rappresentate in emiciclo.
Vediamo i punti della rivoluzione che Crocetta vuole inaugurare con la complicità degli adepti di Beppe Grillo.
Punto 1: le Province. Aboliti gli enti provinciali, ci sarà posto solo per consorzi tra Comuni, di almeno 150mila abitanti, che non alterino la distribuzione delle competenze a livello costituzionale.
Punto 2: gli enti. Con l’eliminazione di Ircac e Crias, spariscono gli istituti che si occupano di credito agevolato a cooperative e artigiani. In tutto, secondo il disegno di Crocetta le partecipate regionali dovrebbero scendere da 15 a 5.
Punto 3: Fondo anti povertà: per andare incontro ai redditi inferiori ai cinquemila euro annui, viene istituito un Fondo specifico di sussidio, mentre è svanita l’ipotesi cara ai grillini del reddito minimo di cittadinanza, troppo costoso per le prosciugate casse regionali.
Punto 4: i Trinacria bond. Si tratta di 500 milioni di euro di buoni, emessi già convertibili nell’arco di 5 o 10 anni. Saranno appannaggio di quelle imprese che ancora detengono crediti presso l’amministrazione regionale, stimati complessivamente in ben 2 miliardi di euro.
Punto 5: l’Alta Corte. Nonostante la Corte costituzionale difenda la sua competenza esclusiva sulla liceità costituzionale delle norme, è possibile che alla fine si opti per un organo consultivo che interagisca con le istituzioni centrali per conoscere la legittimità delle leggi approvate.
Punto 6: le tasse. Obiettivo del governatore è quasi di stampo “maroniano”, ossia tenere in loco i tributi versati dalle imprese attive in Sicilia, ma che poi abbiano sede legale altrove. Una novità che potrebbe valere circa un miliardo e mezzo di euro, se portata in applicazione.
Punto 7: la formazione. Quello della formazione professionale è un grande business e Crocetta sta meditando di eliminare gli Oif, corsi specifici per giovani che decidano di non iscriversi alla scuola superiore. Una proposta che sta già incontrando parecchi contrasti.
Insomma, il cammino di Crocetta è tutt’altro che agevole e c’è da ritenere che, se davvero Bersani dovesse ottenere una fiducia a tempo da parte dei grillini, comunque al momento assai remota, c’è da credere che le difficoltà del segretario Pd saranno comunque amplificate. Se già il parto, insomma, si preannuncia assai doloroso, probabilmente sarà nulla rispetto a ciò che potrebbe attendere il futuro governo.
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