Le impreviste dimissioni ai vertici della Santa Sede hanno forzatamente sostituito il termine “naturale” del Pontificato. In questo particolare frangente storico e politico, il paragone che può venire alla mente è di analogia con l’interruzione forzata di un mandato e la consecutiva esigenza delle elezioni anticipate.
Il 24 febbraio 2013 si decideranno le sorti governative del nostro Paese e si decreterà l’adeguato successore (o prosecutore) dell’apparato tecnico messo in piedi dal Professore Mario Monti. Niente a che fare con traumatiche sospensioni elettive, nè tantomeno con votazioni anticipate; tuttavia il rimando all’interrotto Pontificato cattolico diventa un tema, al riguardo, fortemente pregnante.
Svariati nomi, tra i candidati politici in lotta nelle corrente campagna elettorale, hanno parlato di un ipotetico binomio ripercussivo tra la decisione di Papa Ratzinger e il voto degli italiani. Silvio Berlusconi sembra abbia già richiesto ad Alessandra Ghisleri di monitorare un eventuale sondaggio che rilevi l’impatto che la scelta pontificia può comportare sulla campagna elettorale. Pierluigi Bersani, al contrario, dà prova di maggiore distacco, obiettando la rilevanza della sussistenza di ipotetici raccordi influenti tra elezioni e dimissioni.
Mario Monti, leader del nascente partito “Società Civile”, rappresentante di prim’ordine dell’elettorato cattolico (sono circolate di frequente le voci su un possibile endorsement del Vaticano per l’esponente centrista), si dichiara profondamente scosso dalla notizia vaticana. Voce come sempre fuori dal coro è quella di Beppe Grillo; il capo del Movimento 5 stelle ha preferito, infatti, apparire originale, dimostrando la propria eccitazione per l’imprevisto cambiamento, e ripone le proprie speranze verso l’elezione di un futuro Pontefici nero.
Rimanendo ancora incerto il legame tra le elezioni politiche 2013 e le dimissioni del Papa, resta saldo il palese oscuramento che la notizia shock del Vaticano ha arrecato all’evento che, viceversa, dovrebbe tenere la primaria rilevanza mediatica, per l’appunto quello della campagna elettorale.
E’ chiaro che una rivelazione di simile portata, priva di precedenti storici in epoca moderna, risulti un atto di valore, altresì temerario, a cui spetta degno spessore. L’accostamento delle dimissioni pontificie alle elezioni politiche suona, in ogni caso, un paragone eccessivamente riduttivo. A ragione, la valutazione di Ratzinger può assumere connotazioni politiche, o quantomeno culturali, riflettendo la complessa situazione “ideologica” che si è venuta a delineare in sede vaticana.
Il leit-motif, in relatà, che pare accumunare le più recenti trasformazioni politico-sociali nazionali è di segno negativo: una generale sfiducia nelle istituzioni rappresentative, da quelle politiche, passando per quelle sociali, e toccando infine quelle religiose. Una parola che negli ultimi anni ha conosciuto largo abuso, “crisi”, oggi sembra investire persino il valore fondativo della più alta carica cattolica, quella papale. Stiamo davvero vivendo un vuoto valoriale onnicomprensivo che tocca indistintamente i settori politici, culturali e religiosi del nostro Paese?
Il parallelismo prosegue nell’indotto scioglimento delle camere, rappresentate in sede vaticana dalle “sacre stanze” ospitanti la Curia e i rispettivi residenti di lungo corso. Il “Conclave anticipato” è ricaduto con sorpresa sulle cordate curiali, fermamente compatte in Vaticano ma incerte al di fuori, dove Ratzinger, insediando nuovi cardinali, pare abbia dato adito al travolgente scetticismo che invade le strutture romane.
Non era mai successo dai tempi di Porta Pia fino ad oggi che un’atipica quanto eccezionale coincidenza portasse il vento dell’antipolitica a spirare simultaneamente tanto verso le sedi governative quanto verso quelle curiali.
Il “seggio vacante” di Joseph Ratzinger potrebbe creare verosimilmente confusione tra gli elettori, soprattutto tra quelli cattolici. Il vuoto clericale potrebbe però trovare compensazione nel “rigoglio” politico, dal momento che il nome del nuovo Pontefice rimarrà ignoto durante le giornate di suffragio.
A crescere è l’aspettativa generalizzata di cambiamento, sia per il fronte curiale che per quello politico. L’auspicio dell’elezione di un Papa straniero, giovane, estraneo alle logiche di schieramento, pare sancire infatti l’allontanamento delle personalità ecclesiastiche più forti, da Bertone a Re, da Ruini a Sodano, lasciando pieno campo a chi si fa portavoce di rinnovamento. Se la nuova aria coinvolgerà anche lo scenario politico rimane, per ora, un’incognita da svelare.
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