Il codice civile ha previsto che ciascun condomino contribuisca alle spese che derivano dagli elementi di proprietà comune dell’edificio e come previsto dall’art. 1123 c.c. le medesime andrebbero ripartite in misura proporzionale al valore dell’unità immobiliare di cui ciascuno è proprietario. Tale criterio, tuttavia, non è assoluto, lo sottolinea lo stesso articolo inserendo in fine periodo la frase “salvo diversa convenzione”. Significa che, in virtù del principio di libertà contrattuale, i condomini possono accordarsi diversamente sia con regolamento sia con delibera assembleare . La giurisprudenza si è pronunciata in questo senso sull’argomento precisando, naturalmente, che una diversa convenzione necessita, comunque, del consenso unanime dei comunisti. Una deroga in tal senso non ha limiti, tanto che Cass. Civ. 04/5975 ritiene legittima anche l’esenzione totale dal contributo a favore anche di uno solo di essi soltanto, nei confronti del quale, tuttavia, si intende superata la presunzione di comproprietà sulla parte comune.
Il valore di ogni singola unità immobiliare viene determinato con l’adozione del regolamento condominiale ed espresso in millesimi all’interno di una tabella che può subire modifiche solo in caso di errori di fatto e di diritto riguardanti la determinazione degli elementi necessari per il relativo calcolo o qualora siano sopraggiunte circostanze che incidano in modo rilevante sulla consistenza dell’edificio o sulle sue proporzioni e dunque sulle stesse misure. La ratio di fondo sta proprio nel principio di certezza dei diritti e degli obblighi dei singoli condomini . A questo proposito la giurisprudenza precisa anche che l’amministratore, nel ripartire le spese, deve attenersi alle tabelle già esistenti e perciò non deve esaminare i titoli di acquisto di ogni proprietario per poi procedere ad una valutazione degli stessi.
Per questi motivi le delibere assembleari che vadano ad incidere sui criteri di ripartizione ora analizzati necessitano del consenso unanime dei condomini a pena di nullità, mentre, con riguardo alla concreta distribuzione ed attribuzione delle spese ai singoli condomini, potere espressamente previsto dall’art. 1135,nn 2 e 3 c.c., è sufficiente la maggioranza di cui all’art. 1136, 2°comma c.c. per decretarne la validità. Anche l’impugnazione di tali accordi segue percorsi differenti, nel primo caso non vi sono termini di decadenza, nel secondo invece vale quanto previsto dall’art. 1137 c.c., quindi il dissenziente dovrà agire entro trenta giorni dal giorno della delibera.
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