E’ allora necessario definire, al fine di comprendere in quale errore valutativo sono incorsi detti Dicasteri nel voler imporre un CU di 600,00 per il rimedio extra-ordinem definito dal DPR 1199/1971, qual è la natura extra-giudiziale del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e quale quella tributaria del contributo unificato previsto dal T.U. n. 115 del 2002.
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è regolato dal DPR 1199 del 24.11.1971 e previsto all’art. 8 del Capo III.
Esso è un rimedio extra-ordinem e alternativo a quello giurisdizionale, secondo cui, qualora si presenta ricorso all’uno, è esclusa la possibilità di presentarlo nell’altra sede.
Ancora recentemente, in virtù del principio di Electa una via non datur re cursus ad alteram si è espresso il Consiglio di Stato secondo cui la proposizione di un ricorso al Tar, avverso gli stessi provvedimenti, in seguito impugnati con ricorso straordinario, rende quest’ultimo inammissibile per violazione del principio di alternatività. (Consiglio Stato, Sez. I, n. 01220/2012 del 12.03.2012)
. Ma oltre al principio di alternatività rispetto al ricorso giurisdizionale, il ricorso straordinario al PdR, non ha rispetto a quello, le caratteristiche della giurisdizione, quale la terziarità, l’indipendenza, la collegialità e l’appellabilità, ma soprattutto quelle di carattere onerose e processuali proprie del contenzioso giurisdizionale che giustificano, invece, il versamento di un CU.
Infatti, esso è solo un rimedio all’interno di un processo di “Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi”.
Questa sua natura extra-ordinem è stata più volte ribadita anche e soprattutto dalla Corte Costituzionale, peraltro ancora con la sentenza nr. 254 del 21 luglio 2004, evidenziando un orientamento riduttivo della effettività del rimedio di tutela e richiamando più volte le conclusioni cui erano giunte le Sezioni Unite della Cassazione sulla inammissibilità del giudizio di ottemperanza (interpretando le disposizioni del d.lg. n. 1119 del 1971 sulla base della legge delega 775 del 1970, che non aveva conferito una delega al Governo per la disciplina dell’istituto) riaffermando così la natura extra-ordinem del ricorso.
L’unico punto di contatto tra i due istituti (quello estra-ordinem e quello giurisdizionale) avviene soltanto in caso di trasposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ad opera di terzi davanti al TAR, ai sensi rispettivamente dell’art. 10 (Opposizione dei contro interessati) del DPR 1199/71 e dell’art. 48 (Giudizio conseguente alla trasposizione del ricorso straordinario) del CPA, a cui fa proprio riferimento l’art. 37 c. 6, lettera s del decreto legge 6 luglio 2011 nr. 98 e della cui errata interpretazione fanno vexata questio i predetti Dicasteri. Per inciso, nel caso di trasposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in sede giurisdizionale l’attuale contributo unificato previsto appunto dall’art. 37 c. 6, lettera s del decreto legge 6 luglio 2011 n. 98 sarebbe a carico del ricorrente, che si identifica non in colui che ha a suo tempo presentato il ricorso straordinario, bensì nel contro interessato opponente!
Per quanto attiene la natura speciale del contributo unificato occorre riferirsi necessariamente a quanto previsto dal Testo Unico in materia di spese di giustizia, approvato con DPR 115/2002, che determina, in maniera incontrovertibile, l’ambito applicativo dello stesso e l’oggetto della propria disciplina (art. 1 Oggetto, 1. Le norme del presente testo unico disciplinano le voci e le procedure di spesa dei processi;). Ancora, subito dopo, lo stesso testo unico chiarisce a quali ordinamenti e solo ordinamenti, si applica il TU e precisamente al processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario, escludendo cosi’ tutti gli altri tipi e atipici rimedi di natura extra-ordinem (art. 2 Ambito di applicazione, 1. Le norme del presente testo unico si applicano al processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario, con l’eccezione di quelle espressamente riferite dal presente testo unico ad uno o più degli stessi processi; 2. Le spese del processo amministrativo, contabile e tributario sono, inoltre, regolate dalle norme speciali della parte VIII del presente testo unico.). Ma è all’art. 3 c.1 che il TU chiarisce in modo palese che cosa s’intende, ai fini dell’applicazione del CU, per processo (art. 3 Definizioni, 1. Ai fini del presente testo unico, se non diversamente ed espressamente indicato: o) “processo” è qualunque procedimento contenzioso o non contenzioso di natura giurisdizionale).
In ordine a quanto evidenziato dal combinato delle due normative in oggetto, poiché il ricorso straordinario al Capo dello Stato non riveste un’autonoma natura giurisdizionale ma soltanto quella di rimedio semplificativo, differenza più volte confermata dalla stessa Corte Costituzionale e peraltro riconosciuta proprio dal Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa in occasione di un parere richiesto dal M.I. e non presentando, per i motivi di snellezza connaturata al provvedimento di cui al DPR 1199/71, i caratteri ed i presupposti di un processo di tutela giurisdizionale, secondo i canoni della terziarità, indipendenza e giusto processo, risulta del tutto ovvio che esso è del tutto svincolato dal vero e proprio giurisdizionale processo amministrativo regolato dal decreto legislativo il n. 104 del 02 luglio 2010. Il quale richiama il ricorso straordinario al Capo dello Stato solo in occasione dell’art. 48 e cioè di trasposizione del ricorso extra-ordinem in ricorso giurisdizionale avanti al TAR e eventualmente, in sede appellante, al Consiglio di Stato. Si desume quindi che, poiché il ricorso straordinario al Capo dello Stato non presenta caratteri minimamente avvicinabili a quelli ordinamentali, che invece, per la loro tipicità e complessità, giustificano quelle spese ripetibili e non ripetibili previste all’art. 5 del succitato TU, non possono essere intese queste all’interno di un imposizione, peraltro non prevista letteralmente dal dispositivo di cui all’art. 13 c. 6 bis dello stesso TU, mentre lo sono espressamente previste per i ricorsi giurisdizionali (espressamente citati) avanti alle rispettive sedi, Civile, Penale, Amministrativa e Tributaria. Infatti, secondo un’interpretazione letterale della norma, l’art. 13 c. 6 bis del TU: “Il contributo unificato per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato è dovuto nei seguenti importi” e la discendente lett. (e) “in tutti gli altri casi non previsti dalle lettere precedenti e per il ricorso straordinario al Presidente della repubblica, nei casi ammessi dalla normativa vigente, il contributo dovuto è di euro 600.” Ed essendo assodato che il ricorso ricorso straordinario al PdR (come anche il propedeutico ricorso gerarchico) non viene presentato avanti al Tar o al Consiglio di Stato, perchè proprio di un procedimento extra-ordinem, è ovvio che il riferimento allo stesso è funzionale solo al caso della trasposizione e per cui, solo allora, non il ricorrente, ma il terzo controinteressato al ricorso al Capo dello Stato, avuta autorizzazione dalla Sezione Plenaria del Tar adito, lo incardina, non più come ricorso straordinario al PdR, ma come ricorso vero è proprio giurisdizionale, avanti alla Segreteria del Tar, pagando lui e non il ricorrente, il CU. Ma vi è altro nella semplice lettura della lett. (e) del dispositivo e cioè che è previsto quel CU di euro 600 solo nei casi ammessi, e non in toto, dalla normativa vigente, escludendo in modo incontrovertibile una genericità applicabile eventualmente a tutto l’istituto del ricorso straordinario al PdR!
L’unico caso al momento chiaro e legislativamente giustificato è solo quello previsto dal combinato disposto dell’art. 10 del DPR 1199/71 e 48 del decreto legislativo il n. 104 del 02 luglio 2010. Insistere sull’attribuzione di un onere del genere, su uno strumento di carattere straordinario e non ordinamentale, violerebbe, non solo dei principi di diritto e soprattutto di norme di carattere costituzionale, ma si violerebbe e si interpreterebbe falsamente una norma, costruita, invece, esattamente e giuridicamente dal legislatore e finalizzata ad indicare come ricorso straordinario al Capo dello Stato, all’interno delle spese di giustizia per i ricorsi presentati avanti ai TAR ed al CdS, solo quello presupposto dall’istituto della trasposizione. Diversamente non potrebbe intendersi, altrimenti, difformemente da quello che è lo spirito della legge e della volontà del legislatore, in applicazione del dettato dei commi anzidetti, a parità di ricorso, presentato per motivi di pubblico impiego (ricorso alla documentazione caratteristica, sanzione disciplinare etc.) al Tar e per cui necessita giustamente del pagamento del CU pari a 103,00 Euro (ai sensi dei commi 3 e 6 bis lett. b), e lo stesso, presentato come ricorso straordinario al Capo dello Stato, per cui non necessita il CU, ma si vuole erroneamente rappresentare invece che ne occorrono 600,00 di Euro, si paleserebbe una contraddizione sperequativa da impugnare nelle opportune sedi! Cioè, paradossalmente, costerebbe, nel caso del dipendente pubblico, meno impugnare davanti al TAR, opposizione che legittimamente prevede una necessità di pagamento di spese in quanto piena giurisdizione, rispetto davanti al Capo dello Stato, che non presenta, invece, alcun tipo di giurisdizionalità. Peraltro il ricorso straordinario è sprovvisto di ogni onere appunto perché rispetto al ricorso giurisdizionale non prevede alcuna iscrizione a ruolo, spese di cancelleria, segreteria etc. risultando così del tutto logico, in rispetto dei principi di equità e giustizia, che il CU dei 600,00 Euro, a questo punto, è solo da attribuirsi alla trasposizione e non anche ad un improbabile e improcedibile presentazione dello stesso come strumento extra-ordinem davanti al TAR!
Si richiama, infine, la recentissima sentenza della Suprema Corte Sez. del Lavoro del 26 gennaio 2012 n. 1111 secondo cui la norma giuridica deve essere interpretata, prima di ogni cosa, dal punto di vista letterale, non potendo attribuirsi altro senso se non quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse all’interno, dunque, dello stesso articolo 13 c. 6 bis: “per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato” e alla sua lettera (e) “in tutti gli altri casi non previsti dalle lettere precedenti e per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, nei casi ammessi dalla normativa”. Ove non fosse sufficiente, in ragione di tale chiara univocità letterale della disposizione, si ricorda altresì che, in applicazione del brocardo “in claris non fit interpretatio” codificato dall’art. 12 delle Disposizioni preliminari al Codice civile, è stato costantemente affermato che: “A norma dell’art. 12 delle preleggi, nell’interpretazione delle norme giuridiche si può procedere alla ricerca della effettiva mens legis, sul presupposto che il legislatore abbia inteso sancire una norma diversa da quella che e` resa manifesta dalla sua dizione letterale, solo nel caso in cui la lettera della legge non sia chiara ed inequivoca” (Corte di Cassazione Sezione Lavoro civile, Sentenza 20.03.1990, n. 2309 e, nello stesso senso, Corte di Cassazione Sezione Lavoro civile, Sentenza 26.09.1988, n. 5247).
In buona sostanza se il legislatore avesse voluto intendere ex-novo l’imposizione tributaria su un rimedio come quello straordinario al PdR avrebbe certamente non dovuto inserirlo all’interno di modifiche apportate al Testo Unico in materia di spese di giustizia, perché il ricorso straordinario al PdR ne risulta completamente estraneo sia sostanzialmente che formalmente, ma invece, correttamente, avrebbe dovuto abrogare l’art. 57 della legge 342 del 21 novembre 2001 (Soppressione della tassa sui ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica. 1. Le tasse per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, per il ricorso principale e per la domanda incidentale di sospensione al Consiglio di Stato di cui all’articolo 7, primo e terzo comma, della legge 21 dicembre 1950, n.1018, sono soppresse.). Abrogazione non avvenuta a mente del D.L. 98/2011, rafforzando così la convinzione che si deve intendere operante una sempre maggior distinzione tra trasposizione e ricorso straordinario al Capo dello Stato e tra rimedio e ordinamento.
In osservanza dei principi del sistema tributario e degli art. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione e dell’art. 2 c. 1 della legge n. 212 del 27 luglio 2000, se il legislatore avesse inteso introdurre, ma così non è stato, un CU per il ricorso straordinario al PdR, ne avrebbe necessariamente fatto riferimento nel titolo dell’oggetto, nelle partizioni della rubrica e nei singoli articoli. A maggior ragione avrebbe dovuto indicare preliminarmente anche l’abrogazione dell’art. 57 della legge 342/2001 ed invece non si trova tutto questo, sia nella rubrica del decreto n. 98/2011, né nel titolo dell’oggetto interessato, né in altro separato articolato del decreto. Perciò l’art. 37, che dà disposizioni per l’efficienza del sistema giurisdizionale, deve in definitiva essere recepito per quello che è nella sua natura impositiva e dell’ambito di applicazione del CU nel processo civile, amministrativo e tributario, come recita semplicemente e doverosamente la rubrica del titolo I della parte II e il comma 6 dell’art. 37: “Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese giustizia, di cui al DPR 30 maggio 2002, sono apportate le seguenti modificazioni: a) la rubrica del titolo I della parte II è sostituito dalla seguente: “Contributo unificato nel processo civile, amministrativo e tributario“.
Ma ove ci fossero ancora dubbi interviene direttamente l’Agenzia dell’Entrate che chiarisce, nel suo sito istituzionale, la natura propria del Contributo Unificato!
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