E’ di qualche giorno la notizia che il Consiglio Nazionale Forense il giorno 30 gennaio “ha depositato presso la propria cancelleria per l’invio alla Corte Ue una ordinanza di rinvio pregiudiziale, chiedendo se l’art. 3 della direttiva Direttiva 98/5/CE-volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica- tenendo conto del principio generale del abuso del diritto e dell’art. 4, paragrafo 2, TUE relativo al rispetto delle identità nazionali, debba essere interpretato nel senso di obbligare le autorità amministrative nazionali (Consigli dell’Ordine) ad iscrivere nell’elenco degli avvocati stabiliti cittadini italiani che abbiano realizzato contegni abusivi del diritto dell’Unione, ed osti ad una prassi nazionale che consenta a tali autorità di respingere le domande di iscrizione all’albo degli avvocati stabiliti qualora sussistano circostanze oggettive tali da ritenere realizzata la fattispecie dell’abuso del diritto dell’Unione, fermi restando, da un lato, il rispetto del principio di proporzionalità e non discriminazione e, dall’altro, il diritto dell’interessato di agire in giudizio per far valere eventuali violazioni del diritto di stabilimento, e dunque la verifica giurisdizionale dell’attività dell’amministrazione” (così il comunicato stampa del CNF).
Contemporaneamente il CNF ha reso noto di aver inviato una nota all’Autorità Antitrust per informarla della ordinanza di rinvio pregiudiziale segnalando altresì la prosecuzione dei messaggi pubblicitari ingannevoli diretti a promuovere servizi finalizzati al conseguimento in Spagna del titolo di “avvocato”, vale a dire lo stesso tipo di messaggi già oggetto del provvedimento sanzionatorio adottato dalla medesima Autorità il 23 marzo 2011 su segnalazione sempre del CNF.
Certo, da un punto di vista formale è impossibile essere contrari all’operato del CNF, e non resta che attendere la decisione della Corte di Giustizia.
Mi pare però che il vero punto focale della questione sia quello sottostante, ovvero la oramai sempre più evidente ineludibilità di una riforma generale dell’accesso alla professione forense.
Da questo punto di vista, la recentissima legge di riforma forense (L. 247/12) non ha dato alcun aiuto, anzi, contenendo da un lato delle norme sul tirocinio che di fatto lo “scolarizzano” (possibilità di iniziare il tirocinio all’università, necessità di soli 6 mesi minimi di pratica presso un avvocato, necessità della frequenza di un corso di 18 mesi contemporaneamente al tirocinio) e dall’altro le norme sull’esame (niente codici, obbligatorietà di portare all’orale diritto civile e penale e ambedue le relative procedure) possiamo dire che evidenzi tale necessità.
Dobbiamo chiederci: perchè ragazzi laureati, magari già con qualche anno di effettivo lavoro alle spalle, decidono (affrontando una spesa non di poco conto, soprattutto se parametrata agli scarni guadagni del praticante) per la “via spagnola”?
Il punto è che dopo essere stati sospinti, coccolati da un sistema scolastico per nulla meritocratico, e anzi da ultimo incoraggiati con la riduzione della pratica da 24 a 18 mesi, a intraprendere la libera professione, si trovano poi alle soglie (e anche dopo) dei trent’anni, nell’impossibilità di fare qualsiasi scelta professionale, per via del famigerato esame da avvocato, quell’esame che è universalmente noto per essere molto più simile ad una lotteria (e che, come detto sopra, è destinato a peggiorare).
La cosa grave è che tutti lo sanno, ma nessuno fa niente per cambiare le cose.
Ecco quindi che la via spagnola rappresenta la versione moderna dei viaggi della speranza, ove l’obiettivo è quello di un titolo (quello appunto di “abogado”) da far poi riconoscere in Italia per potersi poi finalmente proporre sul mercato.
Sarà che conosco personalmente alcuni dottori che hanno deciso di optare per la via spagnola, ma non me la sento di additarli al pubblico ludibrio.
E’ giusta, è corretta la via spagnola? No.
E’ umanamente comprensibile? Si.
La riflessione deve partire da qui.
Altrimenti è noia (o paura per il proprio orticello).
Leggi la Circ. 3-C-2013: ordinanza di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE
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