I tre cittadini stranieri vengono arrestati al termine della contestazione e denunciati per i reati di danneggiamento (art.635 c.p.) , resistenza a un pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e lesione personale (art.582 c.p.).
Il processo penale ha inizio nel novembre 2012 e si svolge con rito abbreviato (artt. 438 e ss. c.p.p.) su richiesta degli imputati dinanzi al Tribunale di Crotone in composizione monocratica; al termine del processo il PM chiede la condanna degli imputati per i reati di danneggiamento e resistenza a un pubblico ufficiale, l’assoluzione invece per il reato di lesioni personali; mentre le difese si pronunciano a favore dell’assoluzione per non aver commesso il fatto in relazione al reato di lesioni personali e per sussistenza dello stato di necessità con riferimento alle altre fattispecie criminose, la sentenza emessa dal giudice il 12/12/12 è storica in quanto assolve i tre imputati sostenendo che hanno agito per legittima difesa perché vittime di offese ingiuste.
Il giudice giunge a questa decisione dopo aver constatato che 1)il provvedimento di trattenimento presso il Centro era illegittimo, 2)le condizioni del trattenimento erano ingiuste,i tre cittadini africani infatti avevano deciso di protestare principalmente per le condizioni in cui erano costretti a vivere quindi per la restituzione della libertà personale il tutto a seguito di una c.d. “operazione di bonifica” attività di para-perquisizione degli ospiti e dei luoghi che vengono effettuate periodicamente da parte delle forze dell’ordine al fine di rinvenire e sottrarre agli ospiti oggetti che potrebbero essere utilizzati per evadere.
Riguardo al primo punto secondo il Tribunale di Crotone “i provvedimenti amministrativi di trattenimento di cittadini stranieri (irregolarmente soggiornanti sul territorio nazionale), attribuiti, dall’art. 14 D.Lgs. n. 286 del 1998, alla competenza dei questori, per essere legittimi devono essere conformi non solo alla legge italiana (ossia, all’art. 14 – appunto), ma anche a quella europea, ed in particolare agli artt. 14 e 15 della direttiva n. 115 del 2008(recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare), così come interpretati dalla Corte di Giustizia”, queste norme prevedono che le misure in questione possono essere adottate solo come extrema ratio “al riguardo, discende dal sedicesimo ‘considerando’ di detta direttiva nonché dal testo del suo art. 15, n. 1, che gli Stati membri devono procedere all’allontanamento mediante le misure meno coercitive possibili. Solo qualora l’esecuzione della decisione di rimpatrio sotto forma di allontanamento rischi, valutata la situazione caso per caso, di essere compromessa dal comportamento dell’interessato, detti Stati possono privare quest’ultimo della libertà ricorrendo al trattenimento”( Corte di Giustizia Europea, nella sentenza del 28.4.2011, causa n. 61/2011) ed inoltre vanno motivate adeguatamente poiché secondo il giudice di Crotone “Discende pure dal disposto dell’art. 15 della direttiva (nonché dagli artt. 3 della L. n. 241 del 1990 e 14 co. 1 bis D.Lgs. n. 286 del 1998) che l’autorità amministrativa, ogni qualvolta eserciti il suo potere discrezionale (vincolato, appunto dal rispetto del principio di proporzionalità prima descritto), è tenuta a motivare la sua scelta, ed in particolare, ad esporre le ragioni in forza delle quali, nel caso concreto, non è possibile applicare una misura coercitiva meno afflittiva del trattenimento presso un Centro di identificazione ed espulsione , per il caso di illegittimità del provvedimento restrittivo della libertà personale, e quindi anche per il caso di violazione di tale onere motivazionale, il co. 2 dell’art. 15 della direttiva prevede la conseguenza dell’immediata liberazione del cittadino straniero.” La sentenza in oggetto mette in evidenza come in nessuno dei tre casi l’Autorità amministrativa abbia adeguatamente motivato circa la necessità della misura coercitiva della detenzione presso il centro ergo provvedimenti di trattenimento amministrativi illegittimi alla stregua dell’art. 15 della direttiva n. 115 del 2008.
Sul secondo punto invece il giudice esordisce cosi: “L’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo stabilisce: “Divieto di tortura. Nessuno può essere sottoposto a torture né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. Anche la Repubblica italiana, in forza dell’art. 2 della Costituzione, “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”; inoltre, l’art. 14, co. 2 del D.Lgs. n. 286 del 1998, stabilisce che: “lo straniero è trattenuto nel centro con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità”. Con riferimento al caso in questione L’autorità giurisdizionale rileva che “Dall’esame del fascicolo fotografico (in atti), nonché dall’ispezione diretta dei luoghi, è risultato che gli imputati sono stati trattenuti nel Centro di Identificazione ed Espulsione “Sant’Anna” di Isola Capo Rizzuto in strutture che – nel loro complesso – sono al limite della decenza, intendendo tale ultimo termine nella sua precisa etimologia, ossia di conveniente alla loro destinazione: che è quella di accogliere essere umani. E, si badi, esseri umani in quanto tali, e non in quanto stranieri irregolarmente soggiornanti sul territorio nazionale; per cui lo standard qualitativo delle condizioni di alloggio non deve essere rapportato al cittadino straniero irregolare medio (magari abituato a condizioni abitative precarie), ma al cittadino medio, senza distinzione di condizione o di nazionalità o di razza,” quindi il Tribunale ha riscontrato mancanza di rispetto della dignità umana, lesione dei diritti basilari della persona in quanto “gli imputati erano costretti a riposare su su materassi luridi, privi di lenzuola e con coperte altrettanto sporche; costretti a provvedere (o a non provvedere) alle proprie abluzioni: lavabi e “bagni alla turca” luridi, asciugamani altrettanto sporchi;costretti a consumare i pasti senza sedie né tavoli prima i locali e le attrezzature per la mensa fossero istituiti(cioè dal novembre 2012).”
Una decisione quindi che rende giustizia, come diceva il mugnaio di Potsdam nel ‘ 700 “esiste un giudice a Berlino” ma al contempo ci pone delle domande, sono proprio necessari questi centri? Perché una persona che non ha commesso alcun reato deve essere rinchiusa in un luogo, considerando inoltre che si tratta di persone che vengono in Italia per migliorare la loro condizione? Non bastano già le nostre inumane carceri a diffondere orrore,vergogna e lesione dei diritti fondamentali? La questione dei migranti è molto importante, delicata e mette in campo nuove problematiche ma io penso che non si possa affrontare prescindendo dai principi fondamentali riconosciuti dall’Unione Europea e dalla nostra Costituzione.
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