Ieri, abbiamo analizzato come, attualmente, a parere dell’Istituto Tecné, nell’indagine svolta per Sky Tg24, il centrosinistra sarebbe a un solo seggio dalla maggioranza assoluta anche a palazzo Madama, considerando assegnata, ormai, d’ufficio quella a Montecitorio, in virtù del premio di maggioranza nazionale.
Quadro che, beninteso, a quattro settimane dal voto, non può rassicurare a sufficienza Bersani e i suoi alleati, con percentuali risibili di vantaggio in regioni come Sicilia e Lombardia, fondamentali per il risultato finale delle elezioni.
A poche ore di distanza, è stato un altro telegiornale, di differente rete tv, a presentare nuove e assai significative percentuali, alla ricerca di eventuali scostamenti nelle ultime due settimane.
Così, nella rilevazione di Emg per conto del Tg di La7, tornano sulla cresta i dati di respiro nazionale, a comparare le intenzioni di voto per partiti e coalizioni maggiori tra il 18 e il 25 gennaio.
Come precisazione, va sottolineato che l’impatto del caso Mps e, successivamente, delle dichiarazioni di Berlusconi su Mussolini e il fascismo non può essere ancora misurato con sicurezza assoluta, per quella che, a oggi, è la vera, duplice incognita sull’altalena di percentuali.
Nel caso delle affermazioni del Cavaliere sulle leggi razziali, le interviste di Emg sono da considerarsi antecedenti, mentre, in merito all’esplosione della vicenda Monte dei Paschi, si arriva alle prime ore di forte esposizione mediatica: il tema non è da considerarsi sedimentato a dovere nell’opinione pubblica e un chiaro effetto resta ancora da decifrare.
Comunque, i dati registrati per il Tg di Enrico Mentana confermano quella che, a livello nazionale, è una direzione ormai precisa: una rimonta lenta, ma costante del Pdl e un’emorragia di misura identica per il Partito democratico.
Le preferenze virtuali accordate al Pd, infatti, scendono, nei 7 giorni esaminati di una quantità pressoché identica a quelle invece recuperate dal Popolo della libertà: circa l’1% dei voti complessivi.
Il Pd passa dal 31,8% del 18 gennaio al 30,8% del 25, mentre la formazione guidata da Silvio Berlusconi sale dal 19% al 20%. Pressoché appaiati, invece, i principali fiancheggiatori dei due partiti, cioé la Lega Nord di Bobo Maroni e Sinistra, ecologia e Libertà di Nichi Vendola, entrambi stimati al 4,7% dei voti totali, ma con la formazione del governatore pugliese in crescita di oltre mezzo punto.
Il dato delle coalizioni maggiori, così, non viene intaccato da particolari oscillazioni: Bersani continua a contare sul 36,8% dell’elettorato, mentre il Cavaliere e i suoi alleati si fermano al 28%.
La fotografia sarebbe di facile comprensione, se non fosse per i “terzi incomodi”, nelle figure specialmente di Mario Monti, Beppe Grillo e Antonio Ingroia, a capo di tre schieramenti in grado di raggiungere, complessivamente, circa il 33%.
Nello specifico, la coalizione montiana è stimata al 14,5% dei consensi, il MoVimento 5 Stelle al 13,5% e Rivoluzione Civile del pm in aspettativa al 5%. A questi, si aggiunga l’1% – a nostro avviso, sottostimato – assegnato a Oscar Giannino di Fare per Fermare il declino e i vari “zero virgola” di altri soggetti, per capire che oltre un elettore su tre sembra convinto di voltare le spalle tanto a Bersani, quanto a Berlusconi. Tutto ciò, alla faccia del conclamato bipolarismo.
C’è, poi, il grande punto interrogativo degli astensionisti, valutati oltre il 30% ma in probabile calo con l’approssimarsi delle urne. Chi finirà per governare – o, all’occorrenza, per rendere il Parlamento ingovernabile – deve dunque essere consapevole di un’evidenza ormai conclamata: lo farà in presenza di un forte vento contrario.
La vera domanda è: un distacco ancora così significativo tra Pd e Pdl in fase ormai avanzata di campagna, fino a che punto può essere ridotto? L’impressione è che, se Silvio Berlusconi non imprimerà uno dei suoi tipici colpi a sorpresa di qui al 24 febbraio, il baratro tra centrosinistra e centrodestra potrebbe continuare a ridursi, ma senza impensierire, almeno a livello nazionale, la corazzata Bersani.
C’è da attendersi nuovi colpi di scena: con il Senato ancora completamente incerto, ogni scossone ha la capacità di segnare una svolta in un senso o nell’altro di qui al termine, anche se i sondaggi, come noto, nelle ultime due settimane non potranno essere divulgati.
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