Ora, infatti, per effetto del decreto legislativo 192/2012 che recepisce la direttiva comunitaria 2011/7/UE sui ritardi di versamenti – le PA sono obbligate a coprire le prestazioni ottenute entro il limite massimo di 30 giorni, pena la sanzione degli interessi legali di mora dell’8% oltre il tasso Bce, a partire già dal primo giorno dopo la scadenza pattuita.
L’unica possibilità di ulteriore rinvio per gli uffici pubblici è quella di ottenere una deroga di ulteriori 30 giorni, che comunque è prevista solo in casi rari e specifici, connessi principalmente a istituti quali quelli operanti in ambito sanitario o assistenziale.
A essere coinvolti, è bene specificarlo, non sono i debiti ancora pendenti degli enti pubblici, bensì tutte le transazioni commerciali poste in essere a partire dal primo gennaio 2013.
Dunque, i fornitori andranno saldati entro l’arco di un mese, e ciò anche per quanto concerne i rapporti tra privati, che, comunque, mantengono margini di accordo sui termini del pagamento anche al di là dei 60 giorni, con il creditore sempre in prima linea nelle salvaguardie di legge.
Da mesi, tutti i settori professionali – edilizia in primis, ma non solo – lamentano che quella dei ritardi dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione è stata una delle bolle principali che hanno messo in ginocchio l’economia, all’interno del vortice recessivo della crisi che ha colpito tutti gli ambiti commerciali. Il tempo di attesa medio, da parte soprattutto delle piccole medie imprese, è ancora oggi di 180-190 giorni.
Ora, con questa nuova disposizione di ispirazione europea, tramite la decisione di un termine ordinario si cerca, dunque, di stabilire un termine ultimo affinché i pagamenti non vengano tenuti in sospeso indefinitamente, come spesso è accaduto in tempi recenti.
A essere investite della possibilità di avvalersi della deroga ai 60 giorni, come si diceva, sono in prima istanza strutture sanitarie come ospedali, ambulatori o aziende della salute. Uno spiraglio per dilazionare il limite di tempo resta anche per gli altri enti amministrativi, ma solo nel caso in cui a rendere necessario lo slittamento del saldo siano natura od oggetto del contratto, oppure “circostanze esistenti al momento della sua conclusione“. Uno scoglio, comunque, rimane ed è quello del Patto di stabilità, al di fuori del quale gli enti pubblici non possono avventurarsi, anche in caso di disponibilità di risorse.
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