L’art. 600 ter comma 1 c.p. chiarisce e delimita la portata della locuzione “pornografia minorile”.
Dalla formulazione di tale comma deriva che il materiale pedopornografico, come oggetto materiale della condotta criminosa, deve essere inteso come quel materiale che ritrae o rappresenta visivamente un minore di anni diciotto implicato o coinvolto in una condotta sessualmente esplicita, quale può essere anche la semplice esibizione lasciva dei genitali o della regione pubica (Cass. Pen., sez. III, 22 marzo 2010, n. 10981).
I commi 3 e 4 di detto articolo rispettivamente puniscono la condotta di chiunque con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma e di chiunque, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma. Di particolare interesse al fine di chiarire alcune linee interpretative in tema di cessione e divulgazione (diffusione) di materiale pedo-pornografico attraverso Internet è la sentenza della Cassazione n. 4900 del 3 febbraio 2003. La Suprema Corte in questa sentenza chiarisce che “affinché vi sia divulgazione o distribuzione occorre, che l’agente inserisca le foto pornografiche minorili in un sito accessibile a tutti, al di fuori di un dialogo “privilegiato” come può essere una chat-line, o le invii ad un gruppo o lista di discussione, da cui chiunque le possa scaricare, o le invii bensì ad indirizzi di persone determinate ma in successione, realizzando cioè una serie di conversazioni private (e, quindi, di cessioni) con diverse persone”. Di conseguenza l’uso dello strumento Internet non è sufficiente da sé ad integrare, sempre e comunque, una comunicazione ad un numero indeterminato di persone, essendo, al contrario, necessario analizzare di volta in volta il singolo caso concreto per poter rilevare ed accertare il tipo di comunicazione, “aperta o chiusa”, che il soggetto interessato ha posto in essere. In definitiva è da escludere che la trasmissione diretta tra due utenti, i quali devono essere necessariamente d’accordo sulla trasmissione del materiale, configuri senz’altro una divulgazione o distribuzione ai sensi del terzo comma della norma citata, più coerente appare la configurazione del quarto comma dell’art. 600 ter c.p..
L’art. 600 quater c.p., invece, punisce chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 600-ter, consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto. Ovvero oggetto di tale norma è la cd. “detenzione” di materiale pedopornografico.
A tal proposito la Suprema Corte sez. III, con la sent. n. 35696/2011 ha stabilito che: “ Non c’è concorso tra il reato di detenzione di materiale pedopornografico con quello di cessione dello stesso, in quanto la prima fattispecie è da ritenersi assorbita da quest’ultima” . La ratio di tale statuizione si basa sul fatto che per la cessione di materiale pedopornografico occorre la previa detenzione. Ne consegue che la detenzione di materiale pedopornografico assume i connotati di un antefatto non punibile e per tale ragione rimane assorbito nel delitto di cessione. In definitiva, la condotta di cui all’art. 600 quater c.p., rimarrà assorbita in quelle di cui all’art. 600 ter allorché sussista una progressione criminosa o un assorbimento e la condotta della detenzione sia prodromica a quelle di cui all’art. 600 ter c.p.. Nella fattispecie tra la condotta di cui all’art. 600 quater c.p. e quella di cui all’art. 600 ter c.p., comma 4 esiste assorbimento e non concorso di reati o concorso apparente di norme, perché il reo per cedere il materiale ha dovuto prima procurarselo (Cass. Pen. Sez. III n. 36364/2008).
Tanto premesso, nel caso posto alla nostra attenzione, Tizio sarà imputabile per detenzione di materiale pedopornografico ai sensi dell’art. 600 quater c.p., ma non per divulgazione ex art. 600 ter comma 3 c.p. atteso che lo scambio del materiale illecito è avvenuto in una conversazione privata tra Tizio e Caio e tra Tizio e l’agente di polizia.
Tuttalpiù, potrà ravvisarsi, nella condotta di Tizio, il reato previsto dall’art. 600 ter comma 4 c.p., in quanto quest’ultimo provvedeva ad inviare le immagini incriminate attraverso la posta elettronica a privati destinatari e non pubblicandole su siti web accessibili ad utenti indeterminabili. Tale reato andrebbe ad assorbire il reato ex art. 600 quater c.p. e conseguentemente eliminare il concorso tra le due condotte criminose.
Avv. Paola Sparano
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento