A scorrere le percentuali degli ultimi sondaggi, sembrano proprio non esserci dubbi: Pier Luigi Bersani non ce la farà a vincere al primo turno e sarà chiamato a vedersela “in singolar tenzone” contro Matteo Renzi domenica prossima.
Che l’aria in casa Pd fosse quella di un rinvio di sette giorni, era stato lo stesso segretario a confermarlo, giusto due giorni fa: “Ci aspetta un’altra settimana di questa bella cosa”, aveva dichiarato Bersani, forse facendo ricorso a un pizzico di scaramanzia.
Dall’altra parte della barricata, invece, Matteo Renzi e il suo potente entourage comunicativo avevano posto in atto l’ultima offensiva, cercando un recupero lampo, contro tutte le stime che non mettevano in discussione il primato di Bersani.
Ospitate in tv, interviste, copertine, anche fortemente contestate, come quella del settimanale “Oggi” in cui il sindaco di Firenze è ritratto in compagnia delle nonne, forse hanno aiutato lo sfidante a guadagnare qualche nuova preferenza, ma non abbastanza per insidiare l’ex governatore dell’Emilia-Romagna.
La forbice più ampia, tra i due contendenti principali, è stata divulgata da alcuni istituti di rilevazione demoscopica, tra cui la Swg: appena due settimane fa, Bersani era dato al 41% e Renzi lontanissimo al 26%.
Divario apparentemente incolmabile per il competitor numero 1, che invece, a leggere le proiezioni degli altri sondaggisti, pare averlo ridotto proprio nelle ultime ore, soprattutto per la capacità di rosicchiare qualche punto al “terzo incomodo” Nichi Vendola.
Proprio il presidente della Puglia, che giusto una settimana fa alla trasmissione “In mezz’ora” di Lucia Annunziata, non esitava a darsi per vincente, pare invece non avere i numeri per sovvertire i pronostici: al leader di Sel, le rilevazioni degli ultimi giorni non regalano più del 19%, con Ipsos che, in extremis, calcola un 16,3%.
Questo trend calante di Vendola nell’ultima settimana, potrebbe aver aiutato la rimonta di Renzi, che, a parere dello stesso istituto Ipsos, si attesterebbe ora a un 32,1%, a quasi otto lunghezze dal 39,9% di Bersani.
Per gli altri due candidati, Laura Puppato e Bruno Tabacci, i giochi sembrano fatti: la prima, non supererebbe il 3%, mentre il secondo dovrebbe finire per accontentarsi di un mesto 1,5%, nonostante il grande successo della parodia social dei “Marxisti per Tabacci”.
Con ogni probabilità, dunque, domani non si conoscerà il nome del candidato premier per il centrosinistra. Bersani sembra a un’incollatura dalla maggioranza assoluta, mentre Renzi, presumibilmente, starà già affinando le strategie per l’ultimo assalto sul rettilineo, sperando in un sorpasso al fotofinish.
Una corsa che, a prescindere da come finirà, è sicuramente una delle più appassionanti avventure democratiche degli ultimi anni, ma che darà i suoi veri frutti – avvelenati oppure no – solo quando le bocce saranno ferme: lì si scoprirà se il Pd è una formazione moderna, europea e in grado di contenere senza troppi affanni anime diverse o, se al contrario, le primarie altro non siano che un paravento per interessi di borgata, che potrebbero finire per causare l’implosione del partito fondato da Romano Prodi.
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