oggi non è un qualsiasi giorno di un qualsiasi mese di un qualsiasi anno.
Oggi è il Tuo compleanno, e non è un qualsiasi compleanno.
Ti scrivo per ringraziarTi di tante parole a me giunte aurora. C’è chi sa scrivere dei luoghi dell’anima che non conosce né spazio né tempo e conosce solo i “sogni secolari dell’umanità” e il River Liffey con i suoi tornanti. Sei tra questi e unico sei tra questi. Sto imparando a sentire se gli idoli sono pieni o vuoti, ma il martelletto ogni tanto mi cade dalle mani. Ci vuole pazienza. E non ho altro rimedio alla pazienza, che della tua spesso approfitta. E la coltivo e la esercito in tante ore di sole nuovo in cui i gesti ripetuti delle mani cuciono e ricuciono sillabe. Ricordo sempre la tua arte e anche l’arte di cui Nietzsche era maestro, l’arte di “danzare in catene”.
Da te:
Chi danza si libera allora dalle catene.
E non danza su una corda tesa.
Danza su una virgola di cielo.
E il cielo è il suo mare.
E da Te ho imparato che avvocatare non significa guerreggiare. Ho imparato che non si devono amare nè i duelli né le armi, ma la pacata argomentazione.
Ma ancora non ci sono, e non ci colpo. Mi contraddico? Sì, mi contraddico. Ma almeno non mi difendo con la solita tiritera che il ruolo lo impone e che crea aspettative che non bisogna deludere perché fanno parte dell’arte di avvocatare. Alcune volte ho il coraggio di stare in minoranza e anche di fare l’antipatica tutte le volte che è necessario fare l’antipatica e di fare l’anormale tutte le volte che è necessario fare l’anormale. Non ho ancora, e non so se ci colpo, fatto cantare i princìpi che annottano nella legge delle leggi. Qualche volo? Nessun volo. E io talpa mi perdo cecata in qualche galleria in cerca di gemme: non riesco a rompere la crosta di terra che mi separa da loro. Ma sono stanca di racconti e controrracconti che tessono imbrogli e sono stanca dell’ammasso di leggi polifoniche che divorano il sussurro del disgraziato e sono stanca di vedere chi porge l’altra guancia per perdere la faccia e sono stanca dell’indice teso dell’accusa. Ed è vero quello che Tu dici : “Vidi il diritto in questo mondo, abisso senza fondo. Il diritto è la frustra lustra in taglienza”.
Buon Compleanno, mio Maestro.
Angela
P.S. Ti offro un pezzettino di Sicilia che ti ha avuto come Maestro di Diritto e di Etica e di Filosofia e di Vita. Eccola:
C(h)iarissimo Professore,
mi pare giunto il tempo di ricordare un episodio della mia carriera di studente. Agli esami di Filosofia del diritto, Lei mi diede il voto di 28/30. Mi arrabbiai e lanciai il libretto sul tavolo. All’ora di pranzo, il buon Fabio Mazziotti ci fece riconciliare con una colazione al CAMST (ristorante pseudo-sinistro e cooperativistico) di via S. Euplio.
Perché successe tanto trambusto?
Avevo lavorato tutto l’anno (senza praticamente studiare) a scrivere un piccolo saggio per il documento “Proposte per un dibattito a Giurisprudenza” dal titolo “Il diritto come espressione della ragion pratica borghese” (sarebbe stato ripubblicato, grazie all’intervento di Fabio Mazziotti, su “Quale giustizia”) e mi sentivo un grande studioso (avevo già pubblicato un intervento su “L’uso alternativo del diritto”).
Non avevo capito che era comunque mio dovere studiare per gli esami il libro di testo. Le assicuro che ho imparato la lezione e che continuo ancora a interrogarmi, nei miei studi, sul problema della ‘continuità’ o della ‘rottura’ nel passaggio dallo ‘stato liberale’, allo ‘stato autoritario’, allo ‘stato fascista’.
Le invierò un volumetto su “Il diritto all’istruzione come ‘diritto sociale’. Oltre il paradigma economicistico”, nel quale spero di avere ripreso la ‘lezione’.
Buon Compleanno,
Pippo Vecchio
professore ordinario di Diritto Privato presso la Facoltà di Scienze politiche di Catania
Caro Prof.,
nel formularle i più affettuosi e calorosi auguri, mi permetto di ricordarle alcune date:
1972 – Politica e dialettica;
1973 – L’uso alternativo del diritto e il documento a cura del Comitato Democratico di Giurisprudenza di Catania, redatto dagli studenti Salvatore Aleo, Pippo Vecchio ed Ernesto Vella, dal titolo Proposte per un dibattito a Giurisprudenza;
1974 – Storicismo e politicità del diritto e Croce e la ragion giuridica borghese.
Nel frattempo, i suoi corsi di Filosofia del diritto alla Facoltà di Giurisprudenza di Catania, accanto e insieme ai corsi di Pietro Barcellona, Raffaele Ajello, Fabio Mazziotti.
Nel frattempo, le cene e le polemiche con Pippo Vecchio, insieme con Fabio Mazziotti, nella putìa di via Musumeci (putìa è il siciliano di bottega ma significa trattoria e ancor più bettola): allora c’era don Turiddu che arrostiva i carciofi fuori in strada, poi questa cosa è diventata contraria alle regole igieniche e amministrative e ora ci sono i figli che gestiscono una piccola trattoria molto più pulita ma con diverse televisioni che trasmettono le partite mentre si cena. Noi parlavamo della dialettica negativa di Adorno e Horkheimer, e delle rivolte nelle carceri.
Nel 1975 mi sono laureato, proprio con una tesi su Adorno, finita di correggere a Sillico in Garfagnana: con la sua venuta apposta a Catania e gli scarponi acquistati per Lei da mio papà, appassionato avvocato e cacciatore, nonché azionista e lettore di Calamandrei Benedetto Croce e Dostoevskij.
Pippo Vecchio s’incazzò moltissimo con Lei che – avendolo capito prima e più di chiunque altro anche dopo – gli diede “solo” ventotto perché lui si cullava troppo della sua fulgida intelligenza e studiava (almeno i libri di testo) meno di quanto ragionava e argomentava (troppo bene, in effetti).
Poi ci siamo persi di vista. Io volevo essere giurista e non filosofo.
Però siamo ancora qui, tranne il caro e dolce Fabio Mazziotti, ad arrovellarci attorno agli stessi temi, ma in un Paese in forte declino culturale, invece di quella fase che vivemmo fra la fine degli anni sessanta e gli anni settanta (Blow up e Zabriskie Point, gli articoli di Pasolini sul Corriere della Sera, la riforma dell’ordinamento penitenziario e così via).
Io studio e scrivo. A un convegno un magistrato ha detto che io sono più filosofo del diritto che giurista, con un tono un po’ critico ancorché serio e rispettoso. Io l’ho preso come un grandissimo complimento e ho pensato a Lei, che mi volle così e mi aiutò pervicacemente a diventarlo.
Pippo vecchio studiava già allora da preside e rettore, ed è stato preside ed è in atto candidato rettore, con la stessa voglia di quando cenava e polemizzava con Lei, più o meno rispettosamente e con grande affetto, forse non con la deferenza che già allora Lei avrebbe desiderato e gradito. Oggi Pippo polemizza con me, con nessun rispetto ma con enorme affetto.
Siamo questi qui, vivaci e monelli e seri come allora, anche grazie a Lei.
Grazie, Domenico Corradini, e infiniti sinceri auguri.
Salvatore Aleo
professore ordinario di Diritto penale presso la Facoltà di Scienze Politiche di Catania
Caro Professore,
che bel giro di giostra, la vita!
Anno accademico 2001/2002, diciannovenne siciliano catapultato all’ombra della torre pendente più famosa del modo, non c’era tempesta, nebbia, sole splendente, sonno, impegno o altro impedimento: c’era la lezione del Corradini: tutti presenti! Ore incantate, in cui ci lanciava addosso fiamme e magia, speranza e dolore. E al termine gli applausi spontanei, “non a me ma alla filosofia”. E al termine, mi sentivo ogni volta una persona migliore. Consapevole che il diritto non fosse soltanto le gelide nozioni che altri tentavano di infonderci, ma che c’era un mondo dietro, fatto di giustizia, di rispetto dei diritti, di desiderio, di uguaglianza. E se non c’era, non era diritto, ma rovescio.
Nostalgia di quei tempi, nel senso più profondo del termine, di dolore della casa. Per quella che non è più la mia casa.
Anno Domini 2011/2012, dieci anni dopo. Redattore di LeggiOggi.it, scorgo sul sito commenti brillanti, arguti, geniali. Firmati Domenico Corradini H. Broussard. Rieccola Professore. Ben ritrovato. Coincidenza da pura casualità? Destino? Forse. Non mi pongo il problema. Troppa la gioia di leggerla, di vederla commentare gli articoli di Angela, di Franzina. Insaziabile, la sete di conoscenza, dalla sua fonte. Abbiamo ancora così tanto da imparare. Non smetta mai di regalarci lezioni, la prego.
Buon compleanno, Professore.
Il suo allievo Giovanni Antoci
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