Anche perché, forse, qualcuno, dalle parti del Partito democratico, si sta rendendo conto che le controparti dell’attuale maggioranza, leggasi Udc e Pdl, con la gentile collaborazione della Lega Nord, non abbiano alcuna intenzione di stendere il tappeto rosso alla compagine di Bersani, lanciatissimo nei sondaggi, a un passo dal 30% dei consensi.
Al di là delle dichiarazioni ufficiali, è per questo che, qualche giorno fa, è stato compiuto un vero e proprio blitz in Commissione a opera dei partiti guidati da Alfano, Maroni e Casini, per portare, alla Camera, il premio di maggioranza alla coalizione in grado di superare la soglia del 42,5%.
Una percentuale fantascientifica anche per quello che attualmente è il primo partito italiano, ossia il Pd, che, stando così le regole, sarebbe costretto ad allearsi con Udc o Sel pur di avere i numeri per supportare un eventuale governo.
Dunque, dopo la stesura di bozze, controbozze e altri ammennicoli che hanno sortito l’unico effetto di allungare la vita al famigerato Porcellum, anche nel centrosinistra paiono essersi accorti che resta davvero un margine minimo, dal quale, comunque, scaturirà ormai più un compromesso che un vero e proprio accordo, con buona pace dei continui moniti del presidente della Repubblica per la riforma elettorale.
Gli altri partiti, da parte loro, hanno raggiunto il proprio scopo: temporeggiare il più possibile e tornare al voto con il sistema vigente, che garantirebbe la formazione di alleanze “variabili”, e, nelle malcelate speranze Udc, finirebbe per aprire le porte finanche a un Monti-bis.
Il sospetto che questa legge vada bene un po’ a tutti, però, è forte, anche perché, come noto, il sistema Calderoli si contraddistingue per la preminenza delle liste bloccate, che consentirebbero, ancora una volta, a tutte le segreterie di scegliere i propri futuri parlamentari.
L’unico che pare aver intrapreso una strada diversa è Beppe Grillo, che svolgerà, sì, primarie rivolte solo ai fedelissimi del MoVimento 5 Stelle, le quali però saranno indette per scegliere i singoli candidati a Camera e Senato. Un Grillo che, senza dubbio, preferirebbe la conservazione dell’attuale legge elettorale con sistema proporzionale e premio di maggioranza alla lista più votata, di fronte a sondaggi che lo danno vicinissimo al 20%.
Non a caso, anche lo stesso presidente di palazzo Madama Renato Schifani nei giorni scorsi ha lanciato una sorta di ultimatum ai partiti, invitandoli a trovare un’accordo sulla legge elettorale al più presto, o ci si ritroverebbe “Grillo all’80%”.
La replica del comico genovese, da sempre forte detrattore di Schifani, non si è lasciata attendere. Il leader del MoVimento 5 Stelle ha alzato i toni alla sua maniera, parlando apertamente, a questo proposito, di “golpe”.
Insomma, la confusione, sotto il sole, è tanta. Stupisce, ancora una volta, come la politica riesca masochisticamente a rendersi inerme mentre intorno a lei infuria la tempesta, popolare e istituzionale.
L’incapacità di una classe dirigente di darsi le regole per il proprio reclutamento è, alla fine dei conti, il segno più cocente di una sua generale sconfitta e della sua inadeguatezza.
Non cogliere il malessere dell’opinione pubblica, lasciando le regole come sono, o ancora peggio, introducendo nuovi paletti al solo scopo di rendere il Paese ingovernabile, è invece un vero e proprio delitto nei confronti del Paese.
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