Il cambiamento della scuola, cui aspira il sindaco di Firenze ruota attorno a 6 punti; l’idea principale è che la scuola si fondi sulla valutazione, su una formazione continua e obbligatoria per i docenti, che siano incentivati in questo e che l’autonomia diventi una regola e non un eccezione. L’autonomia che non deve essere solo didattica ma deve esserci “anche riguardo alla selezione del personale didattico e amministrativo, con una piena responsabilizzazione dei rispettivi vertici e il corrispondente pieno recupero da parte loro delle prerogative programmatorie e dirigenziali necessarie”.
L’idea di Renzi, un po’ da libro cuore, è che sia “una scuola dove si impara davvero”, ma vediamo nello specifico come intenderebbe modificarla per renderla simile al suo ideale formativo.
Fondamentale è un deciso investimento nella scuola, nello specifico, bisogna erogare fondi per la formazione e incentivazione degli insegnanti, non solo ma bisogna rendere adeguate le strutture che ospitano gli alunni e compiere un necessario upgrade tecnologico della didattica, inserendo quei supporti previsti dalla scuola 2.0.
Bisogna rafforzare il sistema di Valutazione degli istituti scolastici, basato sull’ operato di Invalsi e Indire, affinché il modello scolastico italiano si avvicini agli standard ben più alti del modello britannico fondato sull’ azione della Ofsted.
Ad un riassetto logistico, basato su un rinnovo delle strutture deve corrispondere una incentivazione dei dirigenti scolastici fondata sulla valutazione della performance delle strutture a loro affidate.
Secondo il sindaco di Firenze è necessario ripensare, nella sua complessità, il sistema di selezione e assunzione dei docenti che deve trovare il suo fondamento nelle competenze specifiche e nell’ effettiva capacità di insegnamento.
Gli insegnanti dovrebbero sostenere, in servizio, una formazione obbligatoria e certificata, i cui risultati servono a valutare l’operato dei docenti e i progressi fatti durante la carriera, che dovrà diventare un mix di aggiornamento disciplinare, progettazioni di percorsi con altri colleghi, aggiornamento sull’ uso delle nuove tecnologie per la didattica, incontri con psicologi dell’età evolutiva o con medici per comprendere come gestire l’handicap o disturbi dell’apprendimento su cui la scienza ha fatto enormi passi avanti.
Infine è necessario attuare la valutazione e incentivazione degli insegnanti mediante l’attivazione in ciascun istituto scolastico di un meccanismo mirato all’ attribuzione di un premio economico annuale per gli insegnanti migliori, scelti da un comitato composto dal preside, da due insegnanti eletti dagli altri (cui andrà il 50% del premio e che non potranno ovviamente essere selezionati per il premio intero) e da un rappresentante delle famiglie eletto dalle stesse, sulla scorta del progetto pilota “Valorizza”, già sperimentato in quattro province nel corso del 2010-2011.
Decisamente più filosofico il programma di Vendola, che propone una sorta di mitologico ritorno alle origini senza però dichiarare da quali fondi attingere per mettere in atto la ricostruzione che auspica. Il presidente della regione Puglia ritiene che il punto di partenza della riforma scolastica sia la cancellazione della legge 133 del 2008, ossia la tristemente famosa riforma Gelmini, di conseguenza è necessario ripensare ad un modello di formazione che accompagni i cittadini per l’intero arco della vita e che garantisca pari opportunità per tutti.
Vendola si impegna anche ad assicurare un numero maggiore di insegnanti per il sostegno di ogni alunno che presenta difficoltà in ritiene “misere le 9 ore settimanali stabilite dai ragionieri Gelmini e Tremonti”. In linea con questo pensiero di aiutare chi è in difficoltà si inserisce il concetto di multiculturalità rivolto a favorire l’integrazione razziale nel tessuto sociale italiano.
Per Vendola è necessario innalzare l’obbligo scolastico fino ai 18 anni e recuperare le ore decurtate dalla Gelmini alle superiori e prevedere l’unificazione dei cicli liceali e tecnico professionali. In ultimo, bisogna assolutamente esaurire le attuali graduatorie e stabilire regole certe e durature per i nuovi percorsi abilitanti all’insegnamento di modo che si possa realizzare un piano pluriennale di immissioni in ruolo.
Bersani non ha ancora comunicato dettagliatamente cosa intende fare per la scuola, domani però incontrerà Monti per fermare i provvedimenti che la Legge di Stabilità vorrebbe attuare nella scuola italiana e dalle prima dichiarazioni che filtrano dalla vigilia è l’unico che abbia realmente individuato da dove attingere i fondi per rilanciare il sistema scolastico italiano; erogare lo 0.1% dei fondi destinati alla Difesa, 11 miliardi, alla cultura.
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