Infatti, nel 2007 l’allora ministro on. Rutelli aveva adottato una direttiva diretta a contrastare il crescente e grave degrado urbano a causa della crescita del fenomeno del commercio ambulante autorizzato e – si legge in quella direttiva – dell’impatto intollerabile di quello abusivo nella città d’arte e, in particolare, nei centri storici di dette città.
La direttiva Rutelli (tanto per capirci) è rimasta lettera morta, sostanzialmente per due ordini di motivi: il primo in quanto mirava ad intervenire con forme autoritarie su decisioni di esclusiva competenza dei comuni. A tale proposito è del tutto chiara l’indicazione dell’art. 52 del Codice dei beni culturali, che, anziché porre nella sfera dello Stato la titolarità dell’individuazione delle aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l’esercizio del commercio, la pone dichiaratamente e con tutta evidenza nella sfera dei comuni.
Il secondo ordine di motivi si riallaccia al nefasto contenuto dell’art. 10, comma 4 lett. g) che individua tra i beni culturali anche le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi urbani di interesse artistico o storico. Ciò che ancora oggi non è chiaro agli uffici del ministero competenti è che questa individuazione però non comporta ex se l’attribuzione dello status di bene culturale a qualsiasi piazza, via, strada e altro spazio urbano, pena la tutela come beni culturali di tutte le vie d’Italia (!), dovendo accertarsi di volta di volta la sussistenza dell’interesse culturale. Nonostante questi precedenti, Ornaghi – travolto dai suggerimenti dei suoi consigliori e dalla spinta di quelli del Sindaco di Roma, che forse mira a stravolgere il commercio urbano addossandone la responsabilità su altre istituzioni – ha deciso di adottare una nuova direttiva che riproduce nella sostanza quella del 2007 con la differenza del richiamo normativo, non più ancorato all’art. 52 del Codice, ma alle disposizioni di tutela indiretta.
In questo modo, l’attuale ministro dei beni culturali che, ogni giorno di più dimostra di non conoscere la realtà dei suoi uffici centrali e periferici, pone in capo ai singoli funzionari l’onere di avviare dei procedimenti complessi in brevissimo tempo per attuare la tutela indiretta su tutte le piazze e vie di Italia.
In questo, ritenendo di essere facili profeti, già si vedono le tracce dell’ennesima azione demagogica da parte di questo Ministro, destinata a rimanere “lettera morta”.
Per quanto riguarda lo stretto contenuto della direttiva, ancora non pubblicata, ma già data per conosciuta dai comunicati stampa ministeriali, essa sarà efficace su tutto il territorio nazionale, impartendo disposizioni al fine di contrastare l’esercizio in queste aree le attività commerciali e artigianali in forma ambulante o su posteggio, nonché qualsiasi altra attività non compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale, con particolare riferimento alla necessità di assicurare il decoro dei complessi monumentali.
Singolare, come già evidenziato, l’associazione di provvedimenti di tutela indiretta alle norme previste per il commercio ambulante ai sensi dell’art. 52 del Codice, tanto da suggerire da parte della stessa direttiva la necessità di collaborazione degli uffici territoriali con le amministrazioni locali attraverso la segnalazione delle attività commerciali o ambulanti che si svolgono illecitamente in tali aree, affinché vengano adottati gli opportuni provvedimenti.
Insomma, per dirla in altri termini, i funzionari delle Soprintendenze italiane, nell’ottica della semplificazione e dell’efficienza amministrativa, diventeranno a breve vigili urbani onorari.
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