Beni culturali, tra conservatoria e catasto

Andrea Ferruti 18/10/12
Da sempre, catasto e conservatoria sembrano appartenere a due mondi separati.

I dati catastali, infatti, hanno un valore meramente indiziario e, solo in casi limitati può essere attribuito loro valore probatorio ai fini dell’accertamento dei diritti reali. La trascrizione degli atti nei registri immobiliari, invece, risponde ad una funzione di pubblicità-notizia per l’opponibilità ai terzi di alcuni atti tipizzati, non assolvendo, per contro, ad alcuna funzione costitutiva (ad eccezione degli immobili situati nei territori ex austroungarici in cui vige il sistema tavolare).

Ognuna di tali considerazioni meriterebbe un separato approfondimento ma non è questo lo scopo di queste poche righe.

Ciò che conta è registrare la nitidezza che, nell’attuale situazione italiana, si coglie nel leggere le argomentazioni della circolare dell’Agenzia del Territorio n. 5/2012 del 9 ottobre 2012 sul tema del rapporto tra catasto e conservatoria per i beni di interesse culturale ex d.lgs. 42/2004 e succ. mod. (noto anche come “Codice Urbani”).

In sostanza, è stato chiarito che il vincolo storico-artistico degli immobili può essere annotato negli atti del catasto. La circolare precisa che il riconoscimento dell’interesse culturale di un immobile ex d.lgs. 42/2004  (o in base alle norme previgenti) e il conseguente regime vincolistico non influisce sul classamento del bene. La categoria catastale, infatti, va attribuita tenendo conto della destinazione di ciascuna unità immobiliare, sulla base delle sue caratteristiche specifiche e del contesto territoriale e urbanistico in cui è inserita.

Tuttavia, tenuto conto delle implicazioni tributarie che comporta il riconoscimento del carattere di “bene culturale” (“sgravi” di vario genere), la circolare ammette che i proprietari possano chiedere che il vincolo, oltre ad essere trascritto nei registri immobiliari, risulti anche in catasto mediante la presentazione di specifica domanda di annotazione.

Ora, pur ribadendo che il catasto non ha valenza probatoria, l’annotazione di cui parla la circolare dell’Agenzia del Territorio dovrebbe facilitare l’individuazione (anche) catastale dei beni gravati da vincolo, specialmente tenendo presente che, a differenza dei ristretti tempi imposti ai pubblici ufficiali dall’art. 2671 cod. civ. (esecuzione della trascrizione entro 30 giorni dalla data dell’atto), la Soprintendenza non sempre svolge con altrettanta tempestività gli analoghi incombenti di cui all’art. 15, comma 2, d.lgs. 42/2004.

Andrea Ferruti

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