Taglio spese legali, a favore dei consumatori? Tutte balle!

Renato Savoia 17/10/12
Premessa: adotterò un linguaggio non tecnico, quindi i puristi non se ne abbiano a male.

Che l’avvocatura italiana abbia bisogno di svecchiarsi, non c’è dubbio e credo di averlo scritto varie volte su queste pagine (attirandomi anche qualche critica, amen).

Non è però possibile che da qualche tempo a questa parte, a prescindere dalla posizione politica (rectius: partitica) sia in atto una manovra giornalistico-politica volta ad addebitare agli avvocati la responsabilità da un lato della lentezza e delle disfunzioni della Giustizia, e dall’altro della crisi del paese.

Così, in contemporanea, si leggono affermazioni sull’eccessivo numero di avvocati in Italia fatte dalle stesse persone che chiedono a gran voce una maggiore “liberalizzazione” (a questo proposito si veda alla voce “svuotare di senso una parola”), visto che ci sarebbe questa fantomatica “casta degli avvocati”.

Bizzarro, a ben vedere.

D’altra parte c’è in atto una manovra per abbassare coattivamente, con una serie di interventi da soviet vecchio tipo (ma sempre fatti in nome del liberismo, sia chiaro!), le tariffe degli avvocati.

Per esempio d’ora in poi quando un privato o una società vuole eseguire una sentenza o decreto ingiuntivo, magari per il recupero di un credito, è stato previsto (D.M. 140/12) che l’importo che si può porre a carico del debitore inadempiente con l’atto di precetto sia assai inferiore al valore dell’attività svolta.

Tipo per un credito di € 5.000,00 il valore medio è 60 euro (sì, non avete letto male: sessanta euro, sic!) e al massimo si possono raggiungere i cento euro (entusiasmante, eh?).

Ancora: la recente legge di stabilità prevede che il giudice non possa liquidare compensi giudiziali in misura maggiore del valore della causa.

Come se fosse previsto che un idraulico non può essere pagato più del prezzo che costa il materiale.

Evidentemente, tutto ciò riesce ad essere allo stesso tempo profondamente ingiusto, inutilmente punitivo e vergognosamente ridicolo: insomma, un record.

E se guardiamo bene, ciò significa far risparmiare chi non paga, cioè chi “si comporta male”, che viene incentivato a non adempiere i propri debiti.

Meraviglioso, non vi pare?

E, dall’altro lato, posto che gli avvocati non sono enti di beneficenza e non lavorano gratis (cosa che lo stato sa bene viste le tasse/imposte/balzelli vari che chiede!) è evidente che l’avvocato chiederà i soldi per il suo compenso al cliente.

Dunque perché questo è stato fatto?

La versione ufficiale è “per abbassare le spese legali per i consumatori“.

Signori miei: sono tutte balle!

La verità è che il provvedimento serve, per esempio e tanto per essere chiari, alle compagnie assicurative che risparmieranno milioni di euro di spese legali da pagare in caso perdano la causa.

O serve alle banche e grandi aziende per imporre ai propri avvocati costi legali al ribasso.

Al singolo cliente (e smettiamola con ‘sta menata dei “consumatori”! Un avvocato ha clienti, non consumatori. Non siamo al supermercato) privato, o alla piccola azienda, non serve a nulla: anzi, come detto, tutto ciò si risolve in un danno.

Il resto è fuffa.

Si vuole distruggere la categoria degli avvocati? Si abbia quantomeno la decenza intellettuale di dirlo apertamente.

Ma mi rendo conto che sto chiedendo troppo.

Renato Savoia

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