Grazie ad un dossier del Servizio Studi della Camera dei Deputati, ripercorriamo l’intero iter della riforma, ancora al centro di numerose polemiche e scontri tra Ordini professionali e Governo.
Il regolamento di delegificazione
In attuazione delle previsioni del decreto-legge n. 138 del 2011 il Governo ha emanato il D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137 ovvero il regolamento di delegificazione in materia di professioni regolamentate volto a dare attuazione ai principi dettati dall’articolo 3, comma 5, dello stesso decreto-legge. Il regolamento riguarda tutte le professioni ordinistiche, fatte salve le specificità di quelle sanitarie.
Il D.P.R., in particolare:
– contiene misure volte a garantire l’effettivo svolgimento dell’attività formativa durante il tirocinio (quest’ultimo potrà avere una durata massima di 18 mesi) e il suo adeguamento costante all’esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione e quindi l’interesse dell’utenza;
– prevede l’obbligatorietà della formazione continua permanente, la cui violazione costituisce illecito disciplinare;
– stabilisce l’obbligatorietà dell’assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale, della quale deve essere data notizia al cliente;
– affida la funzione disciplinare a organi diversi da quelli aventi funzioni amministrative; allo scopo è prevista l’incompatibilità della carica di consigliere dell’Ordine territoriale o di consigliere nazionale con quella di membro dei consigli di disciplina territoriali e nazionali corrispondenti;
– autorizza la pubblicità informativa con ogni mezzo e stabilisce che questa possa avere ad oggetto, oltre all’attività professionale esercitata, i titoli e le specializzazioni del professionista, l’organizzazione dello studio ed i compensi praticati;
– detta disposizioni specifiche per la professione forense e la professione notarile.
Le disposizioni del regolamento in materia disciplinare non si applicano alle professioni sanitarie (come già previsto dal decreto-legge), alla professione notarile nonchè alle funzioni disciplinari svolte dai consigli nazionali di professioni istituite prima dell’entrata in vigore della Costituzione. In relazione a tali professioni, infatti, gli organi disciplinari di ultima istanza sono stati definiti dalla Corte costituzionale come aventi “natura giurisdizionale” e risultano pertanto garantiti nella loro struttura e nelle loro funzioni da una riserva assoluta di legge. Le nuove norme disciplinari sono, quindi, riferite ai soli procedimenti disciplinari rimessi alla competenza di consigli che decidono in via amministrativa (come, ad esempio, nel caso dei commercialisti ed esperti contabili).
Con l’entrata in vigore del regolamento (15 agosto 2012) – e comunque a decorrere dal 13 agosto 2012 – sono abrogate tutte le norme incompatibili con i principi contenuti nel D.L. 138. Successivamente, il Governo – entro il 31 dicembre 2012 – dovrà raccogliere in un testo unico le disposizioni aventi forza di legge che non risultano abrogate.
Sull’allora schema di regolamento di delegificazione è stato trasmesso l’11 luglio 2012 alle Camere il parere del Consiglio di Stato, che aveva rilevato criticità su numerosi profili del testo.
Sullo stesso testo, la Commissione Giustizia aveva espresso il 26 luglio 2012 un parere favorevole con condizioni. In particolare, il testo definitivo del regolamento ha accolto le seguenti condizioni:
– è dettata una definizione più esauriente di “professione regolamentata” ed è fatto esplicito riferimento all’art. 33 Cost. per l’accesso a determinate professioni solo mediante esame di Stato;
– viene chiarita l’obbligatorietà del tirocinio solo ove previsto dai rispettivi ordinamenti e la relativa disciplina di dettaglio viene demandata a regolamenti emanati dai Consigli nazionali degli ordini e collegi; inoltre, è eliminata l’incompatibilità di svolgimento del tirocinio con il mantenimento di un rapporto di pubblico impiego;
– è affidato ai Consigli nazionali degli ordini e collegi, sentito il Ministro vigilante, il potere di regolamentare gli obblighi di formazione continua;
– è espunta dal regolamento la disposizione sulle incompatibilità con l’esercizio della professione;
– in materia disciplinare è meglio regolamentato il principio di separazione tra organi disciplinari ed organi amministrativi e sono affidate a regolamenti attuativi dei consigli nazionali di ordini e collegi le modalità per la ripartizione delle funzioni disciplinari ed amministrative tra i consiglieri degli stessi organi di autogoverno nazionale;
– in relazione all’assicurazione obbligatoria, è data ai soli consigli nazionali degli ordini e collegi ed agli enti previdenziali dei professionisti (non anche ad associazioni professionali) la possibilità di negoziare polizze collettive; per consentire la negoziazione degli accordi, il regolamento differisce di 12 mesi gli obblighi assicurativi.
Il percorso di riforma: dalle manovre economiche 2011 al regolamento
Il regolamento di delegificazione sugli ordinamenti professionali adottato con il D.P.R. n. 137 del 2012 giunge al termine di un articolato processo di riforma che può farsi risalire al 2009.
Nel gennaio del 2009, infatti, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato aveva concluso un’indagine conoscitiva su diversi ordini professionali, rilevando una certa resistenza da parte dei medesimi all’attuazione dei principi concorrenziali in materia di servizi professionali contenuti nella “riforma Bersani” (decreto-legge 223/2006, convertito dalla legge 248/2006). L’Autorità antitrust in particolare si soffermava sul mancato adeguamento dei codici deontologici a tali principi, sulla questione dell’abolizione dei minimi tariffari, sui temi dell’accesso alle professioni e della formazione dei professionisti, sulla costituzione di società multidisciplinari.
Dopo che con l’articolo 29 del decreto legge n. 98/2011 il Governo aveva provato a delineare un primo tentativo di riforma (in particolare attraverso l’istituzione di un’Alta Commissione per la formulazione di proposte in materia di liberalizzazione dei servizi e successiva elaborazione da parte del Governo di progetti da sottoporre alle categorie interessate) è con il decreto-legge n. 138 del 2011 (convertito dalla legge n. 148 del 2011) che il legislatore detta una disciplina che, ispirandosi esplicitamente ai principi di libera concorrenza, delinea il perimetro di una riforma delle professioni regolamentate. In generale, si prevede, fermo restando l’esame di Stato per l’accesso alle professioni regolamentate, che gli ordinamenti professionali debbano garantire che l’esercizio dell’attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralità di offerta che garantisca l’effettiva possibilità di scelta degli utenti nell’ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti.
L’art. 3, comma 5, del decreto legge 138/2011, più in particolare, ha dettato una serie specifica di principi cui gli ordinamenti professionali devono uniformarsi ovvero:
– libertà dell’accesso alla professione, ed impossibilità di istituire con legge “numeri chiusi” (ovvero limitazioni territoriali del numero di persone abilitate ad esercitare una certa professione) – salvo ragioni di interesse pubblico – nonché di introdurre discriminazioni basate sulla nazionalità;
– obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua permanente;
– adeguamento del tirocinio all’esigenza di garantire lo svolgimento effettivo dell’attività formativa ed il suo costante adeguamento alle esigenze di miglior esercizio della professione;
– pattuizione del compenso professionale tra le parti al momento del conferimento dell’incarico (tariffe derogabili);
– obbligo, per il professionista, di stipulare idonea assicurazione a tutela del cliente, per i rischi professionali;
– previsione di organismi disciplinari separati da quelli di natura amministrativa;
– libertà di pubblicità informativa sulla specializzazione professionale, struttura dello studio e compensi richiesti per le prestazioni.
Le citate norme del decreto legge 138/2011 (anche a seguito della conversione) non facevano riferimento ad una delegificazione ma si si limitavano a stabilire un obbligo di riforma degli ordinamenti professionali, da realizzare nel rispetto degli indicati principi entro il termine di 12 mesi. Peraltro, essendo la regolamentazione degli ordini professionali contenuta prevalentemente in atti normativi aventi rango legislativo, l’articolo 3, comma 5, del decreto-legge non era destinato a produrre alcun effetto immediato. Pertanto, la disposizione presentava un carattere programmatico, volto a orientare il futuro legislatore.
Su questo quadro si è, tuttavia, inserito l’art. 10 della legge 183/2011 (legge di stabilità 2012) che – modificando il decreto-legge 138/2011 – ha disposto che i principi indicati all’art. 3 avrebbero dovuto orientare il Governo nell’opera di delegificazione degli ordinamenti professionali (da realizzare entro il 13 agosto 2012), delegificazione che comporterà – dal momento dell’emanazione dei relativi regolamenti – l’abrogazione delle leggi professionali vigenti. Lo stesso art. 10 della legge di stabilità regolamenta l’esercizio delle professioni in forma societaria, abrogando la legge sulle associazioni professionali.
La legge 183/2011 ha, inoltre, disposto che entro il 31 dicembre 2012 il Governo debba altresì provvedere a raccogliere in un testo unico compilativo le disposizioni aventi forza di legge che non risultano abrogate per effetto dell’entrata in vigore del regolamento di delegificazione, ovvero per lo spirare del termine del 13 agosto 2012 (art. 3, comma 5-ter).
Il Governo è, poi, ulteriormente intervenuto nel settore con il cd. decreto-legge liberalizzazioni (decreto-legge n. 1 del 2012, convertito dalla legge 27/2012), il cui articolo 9 è tornato a disciplinare le professioni regolamentate prevedendo:
– l’abrogazione delle tariffe professionali (con il D.M. 140/2012 il Ministro della giustizia ha determinato i parametri per orientare la liquidazione del professionista in caso di ricorso all’autorità giudiziaria);
– la pattuizione del compenso al momento del conferimento dell’incarico; il professionista dovrà predisporre “un preventivo di massima” che renda preventivamente nota al cliente la misura del compenso;
– l’obbligo per il professionista di dotarsi di una assicurazione per la responsabilità civile;
– la durata massima del tirocinio in 18 mesi, con la previsione di un rimborso spese forfetario al tirocinante dopo i primi sei mesi di tirocinio.
L’articolo 9-bis del decreto-liberalizzazioni modifica, inoltre, la disciplina della società tra professionisti, prevedendo:
– una presenza minoritaria dei soci di capitale rispetto ai soci professionisti (sia il numero dei soci professionisti che la loro partecipazione al capitale sociale deve comunque determinare la maggioranza di 2/3 nelle deliberazioni o decisioni dei soci); il venir meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società;
– un minimo di 3 soci per l’eventuale scelta del modello societario cooperativo,
– l’obbligo di garantire il segreto professionale anche all’interno della società;
– l’obbligo di polizza a copertura della responsabilità civile per danni ai clienti.
I progetti di legge sulle professioni: la riforma forense
All’inizio della legislatura la Camera ha avviato l’esame di una serie di proposte di legge, tutte d’iniziativa parlamentare (A.C. 3 e abb.), volte ad una complessiva riforma dell’ordinamento sia delle “professioni regolamentate” sia delle “professioni non regolamentate”. Le prime sono essenzialmente le professioni strutturate in ordini professionali e caratterizzate dalla presenza di preminenti interessi pubblici; le seconde, organizzate in strutture associative, sono invece le professioni alle quali non viene riconosciuto lo stesso rilievo delle professioni regolamentate, ma che sono comunque assoggettate, attraverso un apposito registro tenuto dal Ministro della Giustizia, alla vigilanza governativa.
In una prima fase dell’iter, i due aspetti sono stati trattati congiuntamente; successivamente, le Commissioni competenti (Giustizia e Attività produttive) hanno deciso di separare i procedimenti legislativi relativi alla riforma delle professioni regolamentate e di quelle non regolamentate.
Con specifico riferimento alle “professioni regolamentate”, i provvedimenti sopra richiamati: ne disciplinano l’organizzazione in ordini professionali, prevedono l’articolazione di questi ultimi nel Consiglio nazionale e negli ordini territoriali e intervengono sulle funzioni e sulle modalità di elezione del consiglio nazionale; qualificano come libero l’accesso alla professione e, in alcune ipotesi, ammettono che il legislatore ponga vincoli di predeterminazione numerica; intervengono sulla disciplina dell’esame di Stato, nonché sulla disciplina del percorso formativo e delle modalità del tirocinio, rinviando la disciplina dettagliata di tali ultimi aspetti alla successiva attività normativa del Governo o agli ordinamenti di categoria; disciplinano i profili deontologici e di responsabilità disciplinare dei professionisti, prevedendo in particolare l’adozione del codice deontologico e delineando il quadro delle sanzioni disciplinari applicabili; intervengono secondo modalità tra loro divergenti sul tema del regime tariffario; prescrivono ai professionisti l’assicurazione obbligatoria per la responsabilità professionale; confermano che l’esercizio professionale possa formare oggetto di pubblicità informativa; prevedono che l’attività professionale possa essere svolta sia in forma societaria che in forma associata, dettando una disciplina dettagliata delle società tra professionisti.
Dopo l’indicata separazione dell’esame delle proposte di legge sulle “professioni non regolamentate”, il 17 aprile 2012 la Camera ha approvato in prima lettura un testo unificato recante “Disposizioni in materia di professioni non organizzate in ordini o collegi“. Ora all’esame del Senato, il progetto di legge A.S. 3270 definisce “professione non organizzata in ordini o collegi” l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell’articolo 2229 del Codice civile, e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative. Il d.d.l., introducendo il principio del libero esercizio della professione fondato sull’autonomia, sulle competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica del professionista, consente al professionista di scegliere la forma in cui esercitare la propria professione riconoscendo l’esercizio di questa sia in forma individuale, che associata o societaria o nella forma di lavoro dipendente. Viene riconosciuta, poi, ai professionisti la possibilità di costituire associazioni professionali (con natura privatistica, fondate su base volontaria e senza alcun vincolo di rappresentanza esclusiva) nonchè, alle associazioni, di costituire forme aggregative che rappresentano le associazioni aderenti, agiscono in piena indipendenza ed imparzialità e sono soggetti autonomi rispetto alle associazioni professionali che le compongono.
Si segnala, inoltre, che, nel corso della legislatura, alla Camera è stato avviato l’esame di alcune proposte di legge. In particolare:
– una proposta mira a semplificare e a rafforzare i rapporti tra professionisti e P.A. ed a incentivarne l’attività professionale (A.C. 3480);
– con riferimento alle singole professioni – a parte la riforma della professione forense (su cui infra) – alcune proposte disciplinano: l’ordinamento della professione di statistico e istituzione dell’Ordine e dell’albo degli statistici; la professione di estetista professionale e l’attività di onicotecnico; la professione di autista di rappresentanza; una proposta di modifica della legge n. 69/1963, in materia di ordinamento della professione di giornalista, approvata dalla Camera, è attualmente all’esame del Senato.
Come accennato, la Camera sta esaminando un testo di riforma della professione forense – già approvato dal Senato e, dall’11 giugno 2012, all’esame dell’Assemblea (A.C. 3900-A) – abbinato ad altre proposte di legge di iniziativa parlamentare.
I principali profili di novità contenuti nel testo all’esame della Camera sono i seguenti:
– l’inserimento tra le attività riservate in esclusiva agli avvocati delle attività di consulenza legale e assistenza legale stragiudiziale;
– l’obbligo di esercizio della professione in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente, pena la cancellazione dall’albo;
– la disciplina delle associazioni tra avvocati, anche multidisciplinari
– la delega al Governo per disciplinare le società tra avvocati in considerazione della specificità della professione forense; in particolare, i principi di delega stabiliscono che l’attività della società non avrà natura imprenditoriale, l’impossibilità di soci di solo capitale nonchè l’assoggettamento della società al codice deontologico e qundi al potere disciplinare dell’ordine;
– l’introduzione della figura dell’avvocato specialista;
– la pattuizione del compenso tra cliente e avvocato e l’obbligo di quest’ultimo a presentare, se richiesto, un preventivo di massima;
– la possibilità che, in specifiche ipotesi, il compenso sia determinato in base a parametri stabiliti ogni due anni con decreto del Ministro della giustizia, sentito il CNF;
– il ripristino del divieto del patto di quota lite;
– l’obbligo di formazione continua;
– l’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile;
– la nuova e più rigorosa disciplina del tirocinio professionale (previsto, tuttavia, ancora nella durata di 24 mesi) e del regime di incompatibilità per il praticante;
– le modifiche alla disciplina del procedimento disciplinare, anche sotto il profilo degli organi competenti.
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