Allora, facciamo ordine che quando c’è di mezzo il Cavaliere è sempre meglio procedere per gradi: lui che ha sempre difeso, strenuamente, la sua privacy a Villa Certosa condannando strenuamente le invasioni di paparazzi e fotografi sul ‘suo’ suolo sardo, plana sul Regno Unito pubblicando, in Italia e in Europa, su riviste da lui edite, Chi e Closer, il topples della consorte del principe William, che fra l’altro è anche ‘data incinta’ (nel caso, non ci dovrebbero essere problematiche sulla paternità: in tempi di casi demenziali come quello tra Fico e la Balotelli, è sempre meglio precisare). Si tratta di “un attentato alla vita privata di William e Kate, grottesco e totalmente ingiustificabile”, secondo un portavoce della Casa reale. E, di default, scatta la querela a Closer, che ha già fatto uscire le foto della principessina in vacanza in Provenza. “E’ stata superata una linea rossa”, ha aggiunto la fonte annunciando che la Casa reale intende “consultare dei legali francesi per vedere le strade da percorrere, dal momento che non abbiamo famigliarità con la legge francese”.
A qualcuno interessa? Di certo non ai direttori Laurence Pieau e Alfonso Signorini, numero 1 di Chi, che oggi esce con 26 pagine (cos’è, lo speciale sulla spending review parte terza??) di inserto sulle ‘grazie’ di Kate, in totale barba alla privacy e anzi, giustificato in tutto e per tutti “in quanto mostra nella sua totale naturalezza la vita quotidiana di una giovane famosissima coppia, moderna e innamorata”, per dirla alla Signorini.
Chissà quanta ‘naturalezza’ ci ha trovato, il Cavaliere, nella sentenza definitiva del Tribunale di Milano che ha respinto il suo appello contro l’Economist, proprio in tema di libertà di informazione. L’oggetto del contendere si riferisce al 2001, quando il settimanale britannico pubblicò la famosa copertina in cui Silvio Berlusconi veniva definito “inadatto a governare”. Per quella copertina il premier italiano querelò il settimanale londinese, e perse in primo grado nel 2008. Berlusconi aveva perso anche un’altra causa contro il settimanale, per una lettera aperta in cui gli veniva chiesto di rispondere ad alcune domande sui suoi affari.
Ultimo ma non per ultimo, il caso La 7 – Mediaset. Non si è ancora ben capito se l’azienda televisiva più chiacchierata (e conflittuale, a livello di interessi si intende) d’Europa sia effettivamente interessata all’acquisto di La 7 oppure no, ma a scanso di equivoci, il direttore Enrico Mentana ha già fatto sapere che, nel caso, se ne andrebbe subito, lui che uscì da Mediaset (ultimo programma condotto, Matrix) non proprio senza scossoni. In realtà, contro un’operazione definita dallo stesso Mentana totalmente contraria alla libertà e al pluralismo d’informazione in Europa, ci sarebbero anche puntati gli occhi dell’Antitrust, che difficilmente permetterebbe alla quasi-monopolista nel campo delle tv commerciali di “far fuori” l’unica concorrente. Secondo alcuni i poteri dell’Antitrust sarebbero attutiti dal passaggio al digitale; ma il pericolo ci sarebbe comunque. Del resto, basta farsi un giro in rete – o se preferite accendere la tv o sfogliare i giornali – per confermare come libera informazione, privacy e concorrenza leale siano termini che in Italia hanno meno validità delle previsioni del tempo…
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