La vicenda all’origine della decisione dei giudici francesi è uguale a tante altre: una società produttrice di un film chiede ed ottiene dal Tribunale di Parigi che venga ordinato a Google di rimuovere dalla propria piattaforma di videosharing i link al film medesimo ed ogni altro elemento utile a rendere accessibile il film in modo non autorizzato.
La società chiede ed ottiene altresì che i Giudici ordinino a Big G di impedire, per il futuro, la ripubblicazione dello stesso film in tutto o in parte e/o di link che ne consentano la fruizione non autorizzata.
E’ su quest’ultimo profilo che, accogliendo il ricorso di Google, la Corte di Cassazione, ha, da ultimo, scritto una bella pagine di diritto della Rete.
Secondo i Giudici, infatti, porre a carico dell’intermediario della comunicazione un simile obbligo “non mirato”, equivarrebbe a porre a suo carico un generico obbligo di sorveglianza incompatibile con il diritto dell’unione europea e, in particolare, con quanto previsto nella disciplina sul commercio elettronico.
Al riguardo, i giudici scrivono anche – e sono, probabilmente, le parole più interessanti della decisione (ancorché non nuove né originali) che “toute restriction à la liberté de recevoir et communiquer des informations, dont l’indexation par les moteurs de recherche est un corollaire, doit être nécessaire dans une société démocratique et strictement proportionnée au but légitime poursuivi”.
Inutile persino tradurre: la libertà fondamentale di ricevere e comunicare informazioni può essere limitata solo ove ciò risulti necessario e proporzionato rispetto al fine perseguito.
Nulla di tutto ciò, tuttavia, potrebbe dirsi – secondo i giudici – nell’ipotesi sottoposta al loro esame.
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