Era proprio nell’aprile dello scorso anno quando il Comune di Bologna, amministrato dal commissario Anna Maria Cancellieri, oggi ministro dell’Interno, aveva stabilito un innalzamento delle quote di iscrizione per gli asili della città, al fine di reperire risorse per l’amministrazione della cosa pubblica. Naturalmente, questo provvedimento estemporaneo aveva preso alla completa sprovvista i genitori, che si erano visti costretti a rovesciare il salvadanaio per assicurare ai propri figli delle giornate di apprendimento in compagnia dei coetanei.
La riforma avanzata a Bologna riguardava, naturalmente, le strutture pubbliche o convenzionate, le cui liste di ammissione vengono diramate di regola a fine estate. Nel testo dell’inasprimento delle quote di iscrizione, veniva dunque specificato come le rette per i piccoli accettati nei nidi del capoluogo emiliano venissero scollegate dall’Indicatore della situazione economica equivalente (abbreviato in Isee) e innalzate a due mesi dalla pausa estiva.
Infatti, nei primi mesi del 2011, con la stretta dei trasferimenti centrali e la crisi generale di liquidità nelle tasche dei Comuni, era apparso inevitabile agli uffici comunali ricorrere a un aumento delle tariffe, proprio per scongiurare la chiusura di alcune strutture. Però, questo provvedimento, seocndo il Consiglio di Stato è andato a sbattere contro il principio di affidamento, cioè quella discipluina che stabilisce come il budget per l’iscrizione messo da parte dalla famiglia non deve subire ritocchi in corso d’opera. Tradotto: l’innalzamento non era legittimo.
Il Consiglio di Stato ha insomma riconosciuto il diritto dei genitori a considerare invariato e invariabile l’esborso annuale per le rette dei propri figlioletti. Ciò accosta, secondo quanto specificato, il rapporto dei genitori con l’istituto a un contratto di diritto privato, che non può essere rivisitato mentre è erogata la prestazione “acquisita”: una puntualizzazione che potrà avere ripercussioni anche in ambiti affini, sempre nel delicato legame tra cittadini e amminstrazione pubblica. Non è esclusa la possibilità, in casi analoghi, di ricorrere alla conciliazione presso un apposito organismo di mediazione.
Viene altresì specificato come, a livello di emanazione del provvedimento, le delibere con cui si determinano le tariffe dei servizi pubblici locali sono atti dotati di una propria autonomia rispetto al bilancio dell’ente locale e dunque impugnabili in sede di giustizia amministrativa.
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