Secondo le stime del Ministero, ormai un’iscrizione su tre è vincolata alla tagliola dell’esame di idoneità.Per la precisione, su 4960 corsi in tutti gli atenei italiani, 1590 sono a iscrizioni limitate. Rapporto che spiega come, già in queste settimane, sia già chino sui libri un esercito di giovani studenti, freschi di diploma o vicinissimi alla prima proclamazione di laurea e decisi a proseguire il cammino accademico puntando dritto al titolo di dottore magistrale.
Diverse le esigenze che spingono i consigli di facoltà a deliberare il tetto delle iscrizioni ai corsi di laure: per alcune discipline, si tratta di una direttiva in arrivo dirattemente dallo stesso Ministero, per altri, invece, lo scopo è di chiudere qualche porta per non inficiare la qualità della didattica e lo spessore delle sessioni d’esame. Nel primo caso, ricadono alcune branche scientifiche come Medicina e Veterinaria, mentre nel secondo, dove il numero dei corsi si conta in 882 unità, altre discipline molto gettonate tra i giovani, tali da necessitare di un ostacolo alle richieste d’iscrizione.
I posti a disposizione per i futuri medici e veterinari sono circa diecimila, in linea con quelli del 2011, quando le iscrizioni concesse in tutta la penisola erano state 9690, a fronte di una folla di oltre 84mila candidati all’ammissione, più di uno stadio San Siro tutto esaurito, per avanzare un paragone sportivo. Musica simile a Veterinaria, dove i posti concessi scendono da 958 ai 918 dell’anno in corso, comunque una fetta risicata in confronto agli oltre 7mila partecipanti ai test di dodici mesi or sono.
Il vero boom, oltre a Medicina, è però quello delle facoltà di Architettura, dove nel 2011 si presentarono agli esami più di 23 mila: più del doppio degli spazi concessi (meno di 9mila), che vedono ulteriormente ristringersi le maglie nel 2012, con una flessione di 500 posti. In tutti gli altri corsi di laurea, da Ingegneria a Scienze della Comunicazione, a Giurisprudenza, e altre discipline più prettamente scientifiche, i varchi aperti sono 149mila in complesso.
E non è tutto. La rosa dei test d’ammissione si fregia di un’altra, fastidiosa spina: quella dei costi di partecipazione, che coprono uno spettro da 25 euro a 110 euro. Spaventano, poi, i prezzi di alcuni periodi di preparazione ai quiz, che arrivano a toccare i 4000 euro per percorsi che prevedono anche soggiorni all’estero di affinamento pre-test.
Insomma, tra costi di manuali e settimane di studio, da una parte, e il numero elevatissimo di quiz, quello dei test d’ammissione è diventato allo stesso tempo un business e uno scoglio burocratico per il normale svolgimento delle procedure di svolgimento e, soprattutto, per la formazione degli studenti. Basti pensare alle piogge di ricorsi che si sono abbattute negli anni scorsi in seguito ai soliti, e certe volte pacchiani, errori per imprecisioni nei quesiti o altri pesanti vizi di forma. L’auspicio generale, naturalmente, è che i tecnici impegnati nella stesura delle prove, quest’anno, abbiano fatto tesoro degli errori commessi in passato, cosicché gli elenchi degli ammessi vengano stesi velocemente e si possa avviare un nuovo anno accademico a ritmo regolare.
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