Crisi di governo, Draghi si è dimesso: le prossime tappe

Mattarella ha deciso di sciogliere le Camere

Dopo la mancata fiducia da parte del Movimento5Stelle alla conversione in legge del Decreto Aiuti, e l’apertura della crisi di governo, il Presidente del Consiglio Draghi si era recato la settimana scorsa al Quirinale per rassegnare le proprie dimissioni, che però sono state prontamente respinte dal Presidente Mattarella, con l’invito “a presentarsi al Parlamento per rendere comunicazioni, affinché si effettui, nella sede propria, una valutazione della situazione” che si è creata dopo il voto al Senato.

Alle 9.30 del 20 luglio Draghi si è quindi presentato al Senato per rendere comunicazioni, riaprendo un po’ a sorpresa al proseguimento dell’esperienza di governo.

Durante il suo discorso, il Presidente del Consiglio ha ricordato quanto fatto in quel momento e il motivo per il quale era stato nominato dal Presidente Mattarella, ovvero superare la crisi pandemica, economica e sociale.

Già dal giorno in cui sono state presentate le dimissioni erano partiti numerosi appelli per un passo indietro del premier, appelli ascoltati da Draghi che ha però sottolineato la necessità di un “nuovo patto di fiducia“:

Tutto questo richiede un Governo che sia davvero forte e coeso e un Parlamento che lo accompagni con convinzione, nel reciproco rispetto dei ruoli.” Queste le parole di Draghi durante il suo discorso al Senato, che ha poi proseguito dicendo che “All’Italia non serve una fiducia di facciata, che svanisca davanti ai provvedimenti scomodi. Serve un nuovo patto di fiducia, sincero e concreto, come quello che ci ha permesso finora di cambiare in meglio il Paese.

Scarica il testo integrale del discorso di Draghi al Senato

Con il voto arrivato nella serata di ieri 20 luglio, tutto è però cambiato. Il Senato ha approvato con 95 voti favorevoli e 38 contrari la risoluzione sulla quale il Presidente del Consiglio aveva posto la questione di fiducia. Assente il centrodestra, presente ma non votante il Movimento5Stelle, contrario Fratelli d’Italia.

La crisi ha raggiunto il culmine, con il presidente Draghi che non ha potuto fare altro che constatare la fine della maggioranza che lo ha sostenuto. Forte di questa consapevolezza, questa mattina, 21 luglio, Draghi ha prima ringraziato la Camera per il lavoro svolto insieme e poi si è nuovamente recato al quirinale per reiterare le dimissioni presentate la settimana scorsa.

Questa volta, il Presidente Mattarella non ha potuto far altro che accettare le dimissioni di Draghi. Come comunicato dal Segretario Generale della Presidenza della Repubblica Ugo Zampetti, il governo resterà ora in carica per il disbrigo degli affari correnti.

Cosa succederà ora? Vediamo tutte le tappe successive alle dimissioni del Presidente del Consiglio.

Crisi di governo: le prossime tappe

Dopo aver preso atto delle dimissioni di Draghi, il Presidente Mattarella avrebbe due scelte:

  • nominare un nuovo Presidente del Consiglio che possa traghettare il Parlamento alla fine della legislatura prevista tra qualche mese;
  • sciogliere anticipatamente le Camere e indire nuove elezioni.

La prima opzione sembra ormai scartata: una nota del Quirinale pubblicata nella mattinata del 21 luglio riporta che “Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, riceverà nel pomeriggio al Palazzo del Quirinale i Presidenti delle Camere, ai sensi dell’art. 88 della Costituzione.

L’articolo 88 della Costituzione recita:

Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.
Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.

In questo caso, quando si andrebbe a nuove elezioni? La risposta viene sempre dalla Costituzione, in particolare dall’articolo 61 dove si afferma che “Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni.

In questo caso, quindi, le nuove elezioni dovrebbero essere previste entro i primi giorni di ottobre. Vi sono però degli appuntamenti fissi che devono essere rispettati, come la presentazione della Legge di Bilancio prevista entro il 15 ottobre.

Dopo che il Parlamento si sarà insediato occorrerà nominare il nuovo governo. Le tempistiche per la nomina dell’esecutivo sono lunghe: prima occorre che il Parlamento elegga i Presidenti delle Camere, poi dovranno iniziare le consultazioni del Presidente della Repubblica con le forze politiche. Se le elezioni porteranno a una maggioranza chiara in Parlamento le consultazioni saranno più veloci, altrimenti i tempi si allungheranno, come è successo negli ultimi anni.

Basti pensare al primo governo Conte, che ha giurato 90 giorni dopo le elezioni, o il governo Letta, entrato in carica 63 giorni dopo la tornata elettorale del 2013.

Il problema della Legge di Bilancio e le scadenze legate al PNRR potrebbero portare il Presidente Mattarella a sciogliere le Camere nei prossimi giorni, per arrivare al voto domenica 25 settembre. Altrimenti, si potrebbe andare a votare il 2 ottobre. Questo per permettere ai partiti non solo di fare campagna elettorale, ma anche di poter effettuare in tempo tutte le operazioni richieste per le elezioni, come ad esempio la raccolta di firme per la presentazione delle liste. Si aspetta quindi una campagna elettorale sotto l’ombrellone.

Crisi di governo: cosa vuol dire “in carica per gli affari correnti”?

Dopo le dimissioni, in base a quanto ribadito dal Quirinale questa mattina, il governo dimissionario comunque resta in carica “per il disbrigo degli affari correnti“, finché non si forma un nuovo governo. Questo perché banalmente non si può restare senza governo, l’esecutivo svolge attività quotidiane e deve occuparsi anche di situazioni urgenti.

Questa limitazione di un governo che non ha la piena legittimazione è una consuetudine che si è sviluppata a partire dagli anni ’80: il governo deve assicurare la continuità amministrativa e occuparsi solo di atti urgenti.

Tra gli atti urgenti ci sono i decreti-legge, che vengono emanati dall’esecutivo in caso di necessità e urgenza. Con la pandemia c’è stato un grande ricorso alla decretazione d’urgenza, e anche in questo particolare momento di crisi internazionale sono diversi i decreti-legge emanati per porre un freno agli effetti negativi dell’economia sul nostro Paese.

Per questo motivo, il nuovo Decreto aiuti previsto per la fine di luglio arriverà comunque. Con questo, sono in arrivo quindi nuove misure che serviranno a combattere il caro prezzi e l’inflazione. Finirà in stand-by invece il Ddl Concorrenza.

Si attendono quindi le prossime mosse per conoscere con esattezza cosa succederà nei prossimi giorni quando si tornerà a votare.

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(Foto governo.it Immagini messe a disposizione con licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT)

Alessandro Sodano

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