In forza di tale principio, enunciato dalla quarta sezione del Consiglio di Stato con sentenza del 7 giugno 2012, n. 3381, ha ritenuto che anche un illegittimo mutamento della destinazione d’uso dei manufatti realizzati realizza un’ipotesi di lottizzazione abusiva.
Tale conclusione, peraltro, è imposta proprio dalla formulazione dell’art. 30 del D.P.R. 380/2001( T.U. Edilizia) il quale qualifica la lottizzazione abusiva quale intervento idoneo a stravolgere l’assetto del territorio preesistente determinando un diverso e maggiore carico urbanistico.
Ed invero, l’art 30 dispone: “si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati..nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti”.
In questa prospettiva, è da ritenere che sussista un’ipotesi di lottizzazione abusiva sia nel caso in cui vengano intraprese iniziative giuridiche (c.d. lottizzazione cartolare) quali ad esempio opere di frazionamento, sia nel caso in cui vengano realizzate delle nuove opere in violazione delle prescrizioni urbanistiche (c.d. lottizzazione materiale).
Ciò posto, ai fini di una maggiore chiarezza, appare utile descrivere brevemente una condotta tipica di lottizzazione abusiva.
Si pensi, ad es. al proprietario di un terreno a basso indice di fabbricabilità che, previo frazionamento, realizzi una vendita pro indiviso dello stesso a più acquirenti.
Il risultato pratico è quello di realizzare attraverso un’unica vendita pro indiviso del terreno una lottizzazione dello stesso.
Qual’è il motivo di questa operazione?
Semplice: il proprietario del terreno in questo modo può ottenere un prezzo maggiore rispetto al valore di mercato; dall’altro gli acquirenti possono realizzare un maggior carico urbanistico “in barba” alle previsioni del piano urbanistico vigente.
Ed invero, appare utile ricordare che per quanto riguarda i terreni a basso indice di fabbricabilità la realizzazione dell’attività edilizia è sempre subordinata all’ampia estensione del terreno.
In altre parole, chi vuole costruire su un terreno a basso indice di fabbricabilità è onerato a compare un’ampia estensione di terreno.
In questa prospettiva, aggirando il divieto di legge, si fa dunque apparire un unico proprietario sia del terreno che del relativo permesso di costruire, tuttavia in pratica l’obiettivo è quello di costruire tanti appartamenti quanti sono gli effettivi acquirenti.
È evidente che questo tipo di operazioni non solo “annientano” il potere programmatorio dell’Amministrazione, ma in più costringono la stessa a realizzare di opere di urbanizzazione aggiuntive.
A questo punto vi è da chiedersi se anche il cambio di destinazione d’uso è idoneo di per se a paralizzare il potere dell’Amministrazione di pianificazione del territorio.
La risposta del Consiglio di Stato sul punto è netta: “ il mutamento di destinazione d’uso di edifici già esistenti può influire sull’assetto urbanistico dei terreni sui quali essi insistono e può altresì comportare nuovi interventi di urbanizzazione”. (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 7 giugno 2012, n. 3381).
Ciò che rileva, dunque, ai fini della lottizzazione abusiva non è tanto il concetto di “opera comportante trasformazione urbanistica ed edilizia” ma quello di “trasformazione urbanistica ed edilizia”.
Ne discende, quindi, che anche il mutamento di destinazione d’uso di edifici già esistenti può influire sull’assetto urbanistico dei terreni e può comportare nuovi interventi di urbanizzazione.
In ogni caso rimane va verificato se effettivamente il cambio di destinazione abbia privato o meno l’Amministrazione del proprio potere di programmazione.
In questa prospettiva, dunque, in primo luogo andrà accertato se il cambio della destinazione d’uso del fabbricato si inserisca nell’ambito delle modificazioni astrattamente possibili in una determinata zona urbanistica, salvo poi verificare se l’effettiva opera realizzata si ponga o meno in contrasto con le prescrizioni del piano urbanistico.
Solo se si verificano le suddette condizioni si può configurare il reato di lottizzazione abusiva.
Ed invero, è stato ritenuto che ai fini della sussistenza del reato di lottizzazione abusiva l’indagine va effettuata: “con riferimento non già alle singole opere in cui si è compendiata la lottizzazione,” bensì avendo a riguardo la “complessiva trasformazione edilizia che di quelle opere costituisce il frutto” ( cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 7 giugno 2012, n. 3381).
In conclusione, dunque, commette il reato di lottizzazione abusiva chiunque proceda al cambio di destinazione d’uso anche di una costruzione legittimamente autorizzata a patto che tale cambio non sia ammesso dal piano urbanistico.
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