All’esame del Senato andrà, a questo punto, il testo originario concordato dai tre leader della maggioranza Alfano, Bersani e Casini (“ABC”), che prevede il taglio del numero dei senatori dagli attuali 315 a 254 (di cui 4 eletti nelle circoscrizioni estere dai nostri concittadini residenti oltreconfine) ma non, appunto, il Senato federale. Il testo prevede soltanto che presso il Senato venga istituita una “Commissione paritetica” per le questioni regionali, composta da un rappresentante per ciascuna Regione (ma è sensato che Lombardia e Molise, Sicilia e Valle d’Aosta abbiano un rappresentante a testa? ) e le Province autonome di Trento e Bolzano, e da un uguale numero di senatori in proporzione all’estensione dei rispettivi gruppi parlamentari. Questo organismo paritetica non avrà però vero potere decisionale ma consultivo, con la possibilità di esprimere un parere sulle materie concorrenti tra Stato e Regioni.
Il voto di oggi segna, tra l’altro, una prima battuta d’arresto alla recentemente rinnovata convergenza tra Lega Nord e Pdl sulle riforme, che vedrebbe tra i due partiti ex alleati un appoggio reciproco sulle riforme istituzionali (prosecuzione del cammino federalistico per il Carroccio in cambio del semi-presidenzialismo per il Popolo della Libertà). La battaglia si sposta ora in Aula, dove domani riprenderanno le votazioni.
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