Tribunal Supremo, Sala Primera (Spagna), 3 aprile 2012
Parti: Alexis Pedragosa Llaurado c. Google Spain SL
FATTO
Nel corso del 2006, il Sig. Alexis Pedragosa Llaurado, proprietario di un sito internet di scommesse, citava in giudizio la società Google Spain SL per violazione del diritto d’autore relativa alle funzionalità del motore di ricerca. Nelle conclusioni del proprio atto di citazione chiedeva un’ingiunzione nei confronti del sito www.google.es, 2000 euro a titolo di risarcimento del danno morale e la pubblicazione della sentenza nel quotidiano “La Vanguardia”.
L’azione si fondava, in sintesi, sui seguenti presupposti: violazione del codice HTML del sito web, registrato illecitamente nella memoria dei terminali di Google; contraffazione dei titoli, dei link e delle immagini (snippets) di proprietà dell’attore, riprodotti in versione ridotta o parziale tra i risultati della ricerca; disponibilità di una copia cache del sito web.
DECISIONE
Il Tribunal Supremo ha rigettato la domanda, aderendo alle conclusioni rassegnate sia dai giudici di primo grado che da quelli di appello di Barcellona.
Quanto al primo profilo contestato, la copia del codice HTML, non si tratterebbe, si legge nella motivazione, di una copia, ma di una riproduzione temporanea, consentita dall’art. 5, par. 1 della Direttiva InfoSoc (direttiva 2001/29/CE).
Rigettato anche il secondo motivo, relativo alla contraffazione di testi e immagini del sito, dal momento che la riproduzione sarebbe stata di natura “effimera, incidentale e minima” rispetto al contenuto ritenuto oggetto di contraffazione.
Quanto al terzo motivo, ossia la messa a disposizione degli utenti di una copia cache del sito internet, il Tribunal Supremo non si discosta dalla scelta singolare dei giudici di appello, che avevano ritenuto di non dover applicare né l’art. 17 della Ley spagnola di recepimento della direttiva comunitaria in materia di hosting e che, per espressa previsione normativa, trova applicazione anche ai motori di ricerca, né l’art. 15 in materia di caching.
Le decisioni in esame, al contrario, si rifanno alla doctrine, maturata nell’ambito del copyright statunitense, del fair use (sebbene la motivazione della Corte d’appello, forse per un refuso, parli di nozione tratta dal diritto inglese), secondo cui non sussisterebbe alcun illecito dal momento che la presunta violazione sarebbe marginale rispetto alla portata e all’ampiezza dell’opera.
La decisione osserva altresì che la natura e la funzione dei servizi dei motori di ricerca, che dovrebbero aiutare gli utenti nel reperimento e nella selezione delle informazioni pubblicate in rete, sarebbe incompatibile con le finalità di violazione dei diritti di esclusiva del soggetto attore.
Sarebbe infine impossiibile individuare il pregiudizio subito dal gestore del sito di gambling, che, al contrario, dovrebbe beneficiare della visibilità offertagli da Google.
La sentenza del Tribunal Supremo, in definitiva, conferma le motivazioni già espresse dalla Audiencia Provincial de Barcelona e accoglie il richiamo al fair use.
Prudentemente, però, i giudici del Supremo Collegio rilevano che ciò non determinerebbe l’introduzione di una eccezione atipica rispetto a quelle già incluse nella legge sul diritto d’autore, ma che la condotta di Google debba da considerare lecita poiché nessun danno di natura patrimoniale è stato arrecato né all’attore né alla sua società.
Il testo integrale della decisione è disponibile qui
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