Le responsabilità delle banche per protesto illegittimo

Con atto di citazione, Caio, Tizio e Sempronio convengono in giudizio, dinanzi al tribunale, la Banca s.p.a. per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito del protesto di quattro assegni tratti sul conto corrente nr. x, ad essi cointestato presso una filiale della predetta banca. Gli assegni facevano infatti parte di un libretto smarrito e dunque illecitamente utilizzati da ignoti.

Gli attori, in sede giudiziale, deducono l’erroneità dei quattro protesti: più specificatamente, dichiarano che gli assegni sono stati smarriti e la firma di traenza risulta essere apocrifa. In tal senso, gli attori medesimi aggiungono che l’elevazione dei protesti andava condotta, da subito, nei confronti dei soggetti che avevano firmato i titoli risultando la loro firma leggibile.

L’istituto di credito, convenuto, si costituisce assumendo la correttezza dei protesti dei titoli smarriti ed evidenziando che i correntisti non hanno custodito i moduli con la dovuta diligenza, come prescritto nelle condizioni generali di conto corrente e chiedendo pertanto il rigetto della domanda.

Il tribunale incaricato rigetta, così, la domanda degli attori e compensa le spese processuali.

In sede d’appello, la Corte conferma la pronuncia di primo grado e rigetta anch’essa il ricorso.

Avverso quest’ultima sentenza, i medesimi ricorrenti propongono la loro domanda in Cassazione: la quale cassa! la medesima sentenza con rinvio alla Corte d’appello, che si atterrà nel decidere ai principi di diritto enunciati e che provvederà anche alla liquidazione delle spese.

Ebbene, il protesto è un atto pubblico mediante il quale viene accertato, in modo formale, da parte di un notaio o di un ufficiale giudiziario il mancato pagamento di un assegno (inadempimento inerente l’assegno). Il protesto risulta essere indispensabile perché consente a chi ha presentato l’assegno e non abbia ricevuto il pagamento di potere agire per via giudiziaria per ottenere la somma riportata nel titolo di credito (…).

Sotto il profilo tecnico-normativo, il Regio Decreto del 21 dicembre 1933, nr. 1736, ‘’Dispozioni sull’assegno bancario, sull’assegno circolare e su alcuni titoli speciali dell’Istituto di emissione (…)’’, ora Legge nr. 349 del 1973, all’art. 63 prevede che “il protesto deve contenere: 1) la data; 2) il nome del richiedente; 3) l’indicazione del luogo in cui è fatto e la menzione delle ricerche eseguite; 4) l’oggetto delle richieste, il nome della persona richiesta, le risposte avute o i motivi pei quali non se ne ebbe alcuna; 5) la sottoscrizione del notaio o dell’ufficiale giudiziario o del segretario comunale. Il protesto per atto separato deve contenere la trascrizione dell’assegno bancario. Per più assegni da pagarsi dalla stessa persona nello stesso luogo, il creditore può levare protesto con unico atto separato“.

Nella prassi, in caso di assegno protestato, gli istituti di credito corrono ai ripari: rilasciando una dichiarazione in cui si attesta l’avvenuta presentazione dell’assegno nel rispetto dei tempi utili, ma che il medesimo non è stato pagato. In tali circostanze, tale dichiarazione non è sufficiente, poichè gli istituti di credito sono chiamati ad effettuare ulteriori ed indispensabili verifiche. Si pensi all’importanza dell’esame esterno della firma di traenza: “se all’esito di quest’ultimo esame è evidente la non corrispondenza della conformità documentale di essa allo specimen della firma depositata presso la banca correntista, l’istituto di credito non può limitarsi a dichiarare che rifiuta il pagamento dell’assegno perché è stato denunciato come rubato, ma ha l’obbligo di precisare chiaramente al pubblico ufficiale incaricato del protesto che il titolare del conto corrente è un soggetto diverso da quello il cui nome figura nella sottoscrizione dell’assegno (Cass. 6006/2003)”.

Da parte dell’istituto di credito dovrà, inoltre, essere appurato che “tra il titolare del conto corrente ed il traente non vi è nessun rapporto negoziale o legale, opponibile alla banca, che legittimi quest’ultimo ad obbligarsi in nome e per conto di quegli (Cass. 18919/2004)”. Se, in relazione ad un eventuale protesto, la banca omette le previe e necessarie verifiche si instaurerà da parte della medesima una mera violazione del dovere di correttezza e buona fede: un esempio è cristallizzato nel caso di specie, ovvero “nell’indicazione erronea al notaio dei nominativi degli attori poi protestati”.

Quanto poi al pubblico ufficiale, nell’adempimento dei suoi obblighi di status, “a lui personalmente incombe dirigere la compilazione dell’atto-precetto, ex Legge nr. 89 del 1913, art. 47, con perizia e diligenza professionale, ex art. 1176.2 c.c., per non danneggiare un soggetto apparentemente estraneo all’emissione dell’assegno” (Cass. 16617/2010).

Più dettagliatamente, il notaio, nell’esercizio della sua professione, “è tenuto alla verifica della corrispondenza tra lo specimen e la firma di traenza”. Tale verifica rientra nei doveri di normale attenzione e diligenza, esulando dai casi di cui all’art. 2236 c.c., norma quest’ultima dettata unicamente in materia di soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà. “Il notaio possiede, quindi, il potere/dovere’ di chiedere, nei casi dubbi, i chiarimenti opportuni alla banca trattaria che ha indicato i nominativi dei soggetti da protestare’’ (Trib. Di Napoli, Sez. dist. Marano, 06/04/07) . Pertanto, “sia l’azienda di credito, sia il notaio sono responsabili in solido tra loro (Cass. 11103/98) dei danni che possono essere derivati dall’erronea elevazione del protesto”.

Recentemente, la Corte di Cassazione, Sez. I, 31 maggio 2012, nr. 8787, ha affermato che “il comportamento dell’istituto di credito costituisce causa del fatto ingiusto della pubblicazione del nome del correntista sul bollettino dei protesti (Legge nr. 77 del 1955, art. 2), con l’ulteriore conseguenza di aver fatto conoscere a chiunque le esatte generalità del cliente con cui intrattiene il conto, non essendo sufficiente a tutelarlo dal discredito sociale ed economico la collocazione in apposita categoria, con conseguente responsabilità, anche contrattuale, di tutti i danni che ne derivano (…)”. Quanto poi al pubblico ufficiale, “sussiste la sua corresponsabilità per concorso nel causare il protesto illegittimo laddove questo abbia omesso di vigilare, anche per colpa lieve, sulla corrispondenza tra la firma di traenza e il nome del titolare del conto corrente (…)”. In tale circostanza fattuale, la Corte di Cassazione aggiunge che “i relativi capitoli di prova appaiono rilevanti in quanto volti a dimostrare l’esistenza del pregiudizio subito per effetto dell’erronea elevazione dei protesti”.

In relazione alla richiesta dei danni non patrimoniali, il protesto, dove illegittimamente sollevato, deve ritenersi del tutto idoneo a provocare un danno, anche!, sotto il profilo della lesione del diritto all’onore e della reputazione del protestato come persona, al di là ed a prescindere dai suoi interessi commerciali. Ne consegue che, qualora l’illegittimo protesto venga riconosciuto lesivo del diritto della persona, come quello alla reputazione, il danno da ritenersi “in re ipsa”, andrà senz’altro risarcito senza che incomba sul danneggiato l’onere di fornire la prova della sua esistenza (…)” (Cass. 18316/07).

Insomma, dopo avere richiamato il quadro normativo-giurisprudenziale in materia, si potrebbe affermare che il correntista-cliente necessita, sicuramente, di una protezione ad hoc. Sulla banca trattaria-mandataria, in primis, incombe un dovere di protezione nei confronti del cliente. In un rapporto fiduciario-privatistico, come quello tra istituto di credito e cliente, è necessario, quindi, “dare spazio e voce” al principio di buona fede contrattuale , ex art. 1375 c.c., tra le parti. D’altro canto, sul piano pubblicistico, il protesto svolge una funzione incidentale di tipo riparatorio-sanzionatoria. A questo punto ci si domanda: le due funzioni, privatistica da una parte e pubblicistica dall’altra, risultano essere nella prassi inconciliabili? Nei confronti del cliente-mandante si concretizza un vuoto di tutela e non un suo necessario rafforzamento, nonostante le due peculiari fasi (privatistica-pubblicistica)?

…Una risposta costruttiva a tali quesiti si potrebbe individuare sotto il profilo privatistico-generale: l’art. 1710 c.c. potrebbe, sicuramente, arrivare a configurare in capo alla banca-mandataria un dovere allargato-compatibile di collaborazione, che imponga alla medesima di effettuare a favore del cliente tutte le verifiche del caso.

Giovanna Cuccui

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