Il ddl – che è già divenuto legge ed entrerà in vigore a breve, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale – ha riscosso l’approvazione di tutte le parti politiche e, senza alcun dubbio, rappresenta un importante passo avanti nel lungo cammino che porta alla piena tutela della salute del cittadino.
Il Ministero della Salute, le Regioni e le Province autonome hanno, infatti, l’obbligo di istituire rispettivamente il registro nazionale ed i registri regionali degli impianti: ai registri regionali è demandata sia la funzione di monitoraggio clinico del soggetto sottoposto ad impianto che quella di monitoraggio epidemiologico a scopo di studio e ricerca scientifica, mentre la tenuta del registro nazionale ha solo quest’ultima funzione.
Con la nuova normativa è stata, pertanto, introdotta da un canto l’obbligatorietà della raccolta dei dati relativi alla tipologia ed alla durata degli impianti e dall’altro l’obbligo di inserire nei suddetti registri “informazioni dettagliate circa il materiale di riempimento utilizzato ed etichettatura del prodotto, gli effetti collaterali ad essi connessi nonchè l’incidenza dei tumori mammari e delle malattie autoimmuni” (così come stabilito dall’art. 1, comma 4).
Da oggi, sarà possibile effettuare la tracciabilità della tipologia della protesi applicata, dell’esatto luogo di impianto e della data in cui è stato effettuato l’intervento.
Ciò a tutto vantaggio della salute delle donne che si sottopongono a siffatto tipo di operazione.
La seconda importantissima novità introdotta dal ddl – all’art. 2, primo comma – consiste, come già detto, nell’autorizzare interventi di protesi, a soli fini estetici, unicamente su persone che abbiano compiuto la maggiore età, comminando la sanzione amministrativa del pagamento della somma di 20 mila euro e la sospensione dalla professione per tre mesi (art. 2, secondo comma) a tutti gli operatori sanitari che non osserveranno tale divieto.
L’unica eccezione – prevista nel testo del ddl – al divieto di effettuare interventi su minorenni riguarda l’ipotesi in cui la paziente sia affetta da gravi malformazioni congenite certificate da un medico convenzionato con il SSN.
In ogni caso, gli interventi di applicazione di protesi per fini estetici potranno essere effettuati – ex art. 3 – solo da soggetti qualificati in possesso di titolo di specializzazione in chirurgia plastica e da coloro che hanno svolto, nei 5 anni precedenti, attività chirurgica equipollente.
La nuova legge contribuirà, finalmente, a fare chiarezza in un settore – la chirurgia estetica – sempre più in espansione e sempre più “Far West” per l’assenza di una normativa ad hoc.
Le statistiche parlano infatti di circa 80-85 mila interventi chirurgici per l’impianto di protesi al seno effettuati ogni anno in Italia e di questi il 70% viene effettuato per motivi esclusivamente estetici.
Se poi si pensa che il 5% degli interventi fino a ieri veniva effettuato su ragazzine di età inferiore ai 18 anni (pertanto con il benestare e l’approvazione dei propri genitori!) si comprende non solo l’ampiezza del problema ma anche l’esigenza di una apposita regolamentazione che tuteli tutte quelle ragazze che, giovanissime, vengono sempre più abbagliate dai falsi miti della bellezza offerti dai media ed intendono, pertanto, coronare il sogno di un corpo più femminile senza tuttavia conoscere né valutare i possibili effetti collaterali.
L’esigenza di tutelare la salute delle pazienti, già avvertita negli ultimi anni, era divenuta maggiormente stringente in seguito allo scandalo – verificatosi in Francia intorno all’aprile del 2010 – delle protesi al seno prodotte da una azienda, la Poly Implant Protese, con materiale dannoso per l’organismo.
Il progetto di legge in materia di protesi mammarie era stato già approvato una prima volta nel dicembre del 2010, ma lo scandalo PIP – che ebbe pesanti ripercussioni anche su un elevato numero di pazienti italiane operate nel nostro territorio con materiale prodotto dall’azienda francese incriminata – rese necessario un ulteriore esame a seguito del quale si optò per un inasprimento della pena pecuniaria comminata dall’art. 2 (da 5 a 20 mila euro).
La battaglia condotta, intelligentemente, da tutte le forze politiche si è conclusa quest’oggi con una vittoria ma, probabilmente, occorrerà portare avanti una campagna di sensibilizzazione ed informazione in merito alle possibili conseguenze dovute ad un intervento di accrescimento del seno, affinché tutte le donne possano affrontare con maggior consapevolezza la scelta di sottoporsi o meno a questa tipo di intervento estetico.
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