Questo, al comma 9 dell’art.11, prescrive che il farmacista abbia sempre l’obbligo di sostituire una specialità medicinale con l’equivalente ( il cosiddetto “farmaco generico” ) a prezzo più basso, tolto però il caso in cui, sulla ricetta, sia esplicitamente indicata, da parte del medico, la “non sostituibilità” della medicina da lui prescritta. Prima del decreto liberalizzazioni ( ovvero, quando ancora non esisteva, in ricetta, la dicitura di “ non sostituibilità “ del farmaco ), l’incremento mensile delle vendite delle confezioni di farmaci generici si accampava, in media, tra il 15 ed il 20%. Dall’entrata in vigore del decreto, invece, le vendite di tali medicine hanno subìto una frenata del 5% in media ( che avrebbe addirittura raggiunto un calo del 13% delle confezioni di generici vendute tra il mese di marzo ed il mese di aprile 2012 ). Probabilmente, i medici non hanno sufficientemente soppesato lo scopo della normativa, e non hanno parallelamente compreso il vero fine della dicitura “farmaco non sostituibile”, apponibile in ricetta.
Tale dicitura avrebbe dovuto infatti servire non ad escludere l’uso del farmaco generico rispetto al farmaco “ufficiale” , bensì a dichiarare “insostituibile” il generico prescritto. In altre parole, la formula “non sostituibile” avrebbe soltanto dovuto consentire al prescrivente di privilegiare un generico su un altro, ad esso equivalente. E ciò allo scopo di evitare che i pazienti assumessero ogni volta un farmaco generico diversificato, sebbene caratterizzato dallo stesso principio attivo.
Questa volta, probabilmente, quella varata dal Governo sarebbe stata una buona normativa. Tuttavia, essa sembra essere uscita dalle commissioni parlamentari particolarmente indebolita, portando i medici ad approfittare della poca chiarezza e ad optare sempre più spesso per l’indicazione, in ricetta, della “non sostituibilità” del farmaco ufficiale col farmaco generico.
Su tale rischio, alcune forze in campo ( tra cui, sempre, AssoGenerici ) avevano già lanciato un allarme nel corso dell’iter legislativo del decreto e nei primi mesi della sua applicazione.
Il Ministro della Salute, tuttavia, aveva invitato ad aspettare i risultati finali, nella solita utopistica convinzione che la norma avrebbe funzionato.
I fatti, purtroppo, non gli hanno dato ragione!
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