Ma su un tema – la modifica almeno parziale dei vincoli del patto di stabilità – su cui da tempo gli Enti Locali richiedono un intervento del Governo per facilitare gli investimenti immediati sul territorio, non giungono ancora risposte.
Anche per questo, il 31 maggio a Venezia è prevista, su iniziativa dell’ANCI, una manifestazione dei Sindaci “per la crescita del Paese e per chiedere al governo di modificare i vincoli del Patto di stabilità”.
La manifestazione, precedentemente prevista per il 24 maggio, è stata posticipata per i gravi fatti di Brindisi e per il terremoto in Emilia.
Le Province, tramite il presidente dell’UPI Castiglione hanno nuovamente richiesto un tavolo urgente di confronto al Ministero dell’Interno sulla riforma del patto di stabilità.
“Resta difficile da spiegare – ricorda l’UPI – alle imprese che attendono di essere pagate per interventi di manutenzione di una scuola o di una strada, ovvero per opere di messa in sicurezza di un reticolo idrico o di un versante soggetto ad eventi franosi” che non è possibile pagare. “Non è superfluo ricordare ancora una volta che il problema dei ritardati pagamenti è divenuta ormai un’emergenza nazionale, il cui esito sul fronte della crisi economica è sotto gli occhi di tutti. Per questo si chiede un incontro urgente per affrontare il nodo dei vincoli del patto di stabilità per le Province”.
“Non si può più aspettare, c’è bisogno di un accordo tra tutte le istituzioni e i partiti politici per cambiare il patto di stabilità e permettere a Province e Comuni di pagare le imprese. Stiamo mandando in rovina interi settori dell’economia italiana, perdendo posti di lavoro che potrebbero essere salvati, per i vincoli assurdi del patto di stabilità.
Abbiamo fermi dallo scorso anno 2,5 miliardi che servono proprio per pagare le spese dei cantieri per lavori che le imprese hanno già fatto e nel 2012 questa cifra salirà a 3 miliardi. Soldi che le imprese hanno diritto a ricevere subito” ha affermato il Vice Presidente dell’Upi, Antonio Saitta.
“Questo Paese si sta fermando: in 4 anni le Province sono state costrette a tagliare gli investimenti del 47% , e se si bloccano gli investimenti degli Enti locali, si ferma l’economia, che in Italia è fondata sulle piccole e medie imprese. E’ impensabile che in una situazione drammatica come quella che si trova a vivere il Paese, con la conta giornaliera di migliaia di posti di lavoro persi e di imprenditori che si suicidano per i debiti, non si riesca a trovare una soluzione per sbloccare almeno una parte dei soldi fermi nelle casse delle Province e dei Comuni. Non possiamo stare fermi ed aspettare che passi la crisi: dobbiamo intervenire subito a dare risposte. E’ da questi interventi che si può ricominciare, che si può restituire ai cittadini la fiducia sulla buona amministrazione: tagliamo tutte le spese inutili, interveniamo con forza sui consumi della pubblica amministrazione, ma sblocchiamo subito gli investimenti, paghiamo le imprese che hanno lavorato e ripartiamo con un piano di piccole infrastrutture, sulle strade e le scuole pubbliche, per la difesa del suolo, di cui l’Italia ha un incredibile bisogno. Il buon governo di un Paese si giudica anche da questo”.
Il nuovo patto di stabilità interno per il triennio 2012-2014, volto ad assicurare il concorso degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica è disciplinato dagli articoli 30, 31 e 32 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012).
Inoltre il concorso alla manovra di finanza pubblica degli enti locali è individuato dal comma 1 dell’articolo 14 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, e dal comma 5, dell’articolo 20, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, così come modificato dal comma 8 dell’articolo 1 del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138 che anticipa all’anno 2012 le misure previste, per il 2013 e il 2014, dalle disposizioni di cui alle lettere c) e d) del citato comma 5, dell’articolo 20 del decreto legge n. 98 del 2011.
Tali misure hanno disposto un ulteriore concorso alla manovra di finanza pubblica in termini di fabbisogno e di indebitamento netto pari a:
a)700 milioni di euro per l’anno 2012 e 800 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013 per le province;
b)1.700 milioni di euro per l’anno 2012 per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e 2.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013 per i comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti.
Per l’anno 2012 sono assoggettati al patto di stabilità interno le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
A decorrere dall’anno 2013, come disposto dal comma 1, dell’articolo 31, della legge n. 183 del 2011 sono soggetti al patto anche i comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti.
Ai fini della determinazione dello specifico obiettivo programmatico, il comma 3 dell’articolo 31 della legge di stabilità 2012 ripropone, quale parametro di riferimento del patto di stabilità interno, il saldo finanziario tra entrate finali e spese finali (al netto delle riscossioni e concessioni di crediti), calcolato in termini di competenza mista (assumendo, cioè, per la parte corrente, gli accertamenti e gli impegni e, per la parte in conto capitale, gli incassi e i pagamenti).
Questo significa che il patto di stabilità vincola e limita gli impegni di spesa corrente ed i pagamenti in conto capitale, cioè in particolare gli investimenti che per gli Enti Locali si traducono nella manutenzione dei luoghi pubblici, con particolare riguardo a viabilità, scuole, reti idriche, edilizia residenziale pubblica, mobilità sostenibile e messa in sicurezza del territorio
Ai fini del concorso di ogni ente alla manovra complessiva del comparto, il saldo finanziario obiettivo, per ciascuno degli anni 2012, 2013 e successivi, è ottenuto moltiplicando la spesa corrente media registrata nel periodo 2006-2008, rilevata in termini di impegni, così come desunta dai certificati di conto consuntivo per una percentuale fissata per i predetti anni dal comma 2 del richiamato articolo 31 della legge di stabilità 2012.
Le percentuali sono le seguenti:
per le province, per l’anno 2012, pari a 16,5% e, per gli anni 2013 e successivi, pari a 19,7%;
per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, pari a 15,6%, per l’anno 2012 e, per i comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti, pari a 15,4% per gli anni 2013 e successivi.
Ogni ente dovrà conseguire, quindi, un saldo, calcolato in termini di competenza mista, non inferiore al valore così determinato, diminuito dell’importo pari alla riduzione dei trasferimenti erariali operata ai sensi dell’articolo 14, comma 2, del decreto legge n. 78 del 2010 (articolo 31, comma 4), complessivamente pari, a decorrere dall’anno 2012, a 500 milioni di euro per le province e a 2.500 milioni di euro per i comuni.
L’articolo 8 della citata legge n. 183 del 2011 reca altresì disposizioni dirette a favorire il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione del debito pubblico degli enti locali (inclusi quelli non soggetti al patto di stabilità interno).
In particolare, il comma 1, modificando il comma 1 dell’articolo 204 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL), dispone che l’ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l’importo annuale dei correlati interessi, sommati agli oneri già in essere, non superi l’8% per l’anno 2012, il 6% per l’anno 2013 e il 4% a decorrere dall’anno 2014, del totale relativo ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l’assunzione dei mutui.
Pertanto agli stringenti vincoli del patto, si aggiunge la fortissima limitazione alla possibilità di assumere mutui per finanziare nuovi investimenti.
A fronte di tali misure, sono particolarmente incisive le sanzioni per il mancato rispetto del patto di stabilità interno previste dal comma 26 dell’articolo 31 della legge n. 183 del 2011.
Tali disposizioni prevedono, a carico dell’ente inadempiente, nell’anno successivo a quello dell’inadempienza:
a)la riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l’obiettivo programmatico predeterminato e comunque per un importo non superiore al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell’ultimo consuntivo.
b)il limite agli impegni per spese correnti che non possono essere assunti in misura superiore all’importo annuale medio dei corrispondenti impegni effettuati nell’ultimo triennio.
c)il divieto di ricorrere all’indebitamento per finanziare gli investimenti. I mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento del patto dell’anno precedente. In assenza della predetta attestazione, l’istituto finanziatore o l’intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito (comma 7, articolo 30, legge n. 183 del 2011).
d)il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia di contratto, anche con riguardo ai processi di stabilizzazione in atto. E’ fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della citata disposizione.
e)la riduzione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza indicati nell’articolo 82 del TUEL (decreto legislativo n. 267 del 2000), che vengono rideterminati con una riduzione del 30 per cento rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010.
Gli enti Locali dunque si mobilitano per chiedere con forza l’allentamento del patto di stabilità che paralizza le capacità di investimento degli Enti Locali.
Occorre adottare delle misure urgenti per la ripresa economica, pagare le imprese e dare lavoro.
Nel resto d’Europa si parte dalle città per la crescita, in Italia con queste regole assurde stiamo bloccando proprio le spese per investimenti anche perché il risultato paradossale è che le amministrazioni si trovano alla fine da una parte con soldi bloccati in cassa che non si possono spendere per il rispetto del patto e dall’altra si vedono costretti ad aumentare le tasse, applicando al massimo le aliquote dei tributi locali.
Un allentamento del Patto di stabilità per i Comuni e le Province permetterebbe invece di mettere in moto opere medio piccole, grazie alle quali verrebbe alimentata la piccola e media impresa italiana, in particolare nel settore dell’edilizia e del suo indotto, con immediati effetti benefici sul piano occupazionale evitando il ricorso agli ammortizzatori sociali.
Al Senato è stata approvata una mozione che impegna il governo ad adottare “con sollecitudine le più opportune modifiche alle norme che regolano i vincoli del Patto di stabilità per i Comuni e le Province, allo scopo di rafforzare, nel rispetto dei limiti di bilancio e in linea con le recenti posizioni emerse in sede comunitaria, le iniziative per il sostegno alla crescita economica del Paese”.
Nel testo approvato si impegna inoltre il governo “a creare una corsia preferenziale per l’utilizzo dei fondi residui passivi per la spesa in conto capitale da impegnare nella manutenzione dei luoghi pubblici, con particolare riguardo a scuole, reti idriche, edilizia residenziale pubblica, nella mobilità sostenibile e nella messa in sicurezza del territorio; a prevedere l’esclusione dal Patto di stabilità per gli enti locali virtuosi beneficiari di finanziamenti nazionali ed europei per opere infrastrutturali, della quota di cofinanziamento dell’opera a proprio carico, al fine di sbloccare numerosi programmi di investimento attualmente fermi in ragione dei vincoli di finanza pubblica; a semplificare le procedure burocratiche degli enti locali, e dei relativi tempi di autorizzazione, per la realizzazione dei progetti di investimento nei territori e a rafforzare il livello di autonomia finanziaria dei Comuni, portando a conclusione la riforma prevista dalla legge 41/2009 in materia di federalismo fiscale”.
Appare dunque necessario rimodulare i vincoli del patto di stabilità interno, che valgono rigidamente per i saldi di finanza pubblica statale, al fine di premiare gli enti più virtuosi e non comprimere eccessivamente gli investimenti, che possono avere non solo funzione anticiclica, ma costituire un’importante massa d’urto, tenendo anche conto del fatto che, a differenza dei pur essenziali interventi infrastrutturali di grande rilievo, essi rappresentano somme immediatamente spendibili e quindi hanno un impatto immediato.
Le opere medio-piccole (realizzate, nella gran parte dei casi, dai comuni e dalle province) producono un effetto moltiplicatore sul sistema economico e sull’occupazione molto più elevato delle grandi infrastrutture e distribuito in modo diffuso sul territorio.
Le più recenti manovre imposte ai Comuni e alle Province hanno avuto effetti per gran parte sulle spese in conto capitale, bloccando o rallentando i pagamenti di opere già realizzate o in corso di realizzazione.
Le regole del Patto di stabilità interno impediscono infatti a Comuni e Province di ricorrere a forme “virtuose” di finanziamento delle opere pubbliche, proprio quando gli investimenti effettuate dagli enti locali potrebbero rappresentare uno stimolo assai efficace per l’economia (le opere piccole e medie hanno tempi di realizzazione mediamente assai inferiori rispetto a quelle di grande taglia), con particolare riferimento ad un settore in profonda crisi come quello delle costruzioni, formato da un tessuto di piccole e medie imprese.
Come spesso sottolineato in molteplici documenti delle associazioni rappresentative degli Enti locali, ANCI e UPI, molti Enti per rispettare il patto di stabilità interno sono costretti a non ottemperare alle obbligazioni già assunte con soggetti esterni, con grave pregiudizio per l’ente, per il sistema delle imprese, per l’economia locale del territorio e per il sistema occupazionale mentre al contrario potrebbero contribuire a sostenere l’economia in un momento di forte crisi come l’attuale, contribuendo al sostegno dei lavori pubblici di piccola e media entità, con effetti anticiclici sull’economia locale e nazionale, con effetti positivi sull’occupazione delle imprese più deboli.
Inoltre per la realizzazione delle opere pubbliche gli enti locali hanno impegnato nel rispetto della normativa vigente, le somme occorrenti e soprattutto perfezionando obbligazioni giuridicamente vincolanti con terzi soggetti, in particolare imprese fornitrici di lavori, beni o servizi.
Non può essere sottovalutato il fatto che insistono in capo ai Comuni e alle Province responsabilità anche di carattere penale relativamente ad aspetti di salute pubblica e di sicurezza che richiedono per la loro garanzia interventi anche strutturali che implicano impegno economico inderogabile come ad esempio l’adeguamento alla stabilità sismica degli edifici scolastici, la messa in sicurezza della viabilità provinciale, l’assetto idrogeologico del territorio in caso di frane, dissesti, esondazioni.
Appare dunque auspicabile che si provveda con norme che consentano:
1.La revisione delle misure imposte agli Enti Locali per il concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica e del patto di stabilità previste dal 2012 con una significativa riduzione dei tagli imposti dalla manovra a carico dei Comuni e delle Province;
2.Che venga consentito lo sblocco almeno di parte dei residui passivi in conto capitale su specifici e delicati settori di intervento quali strade, scuole e interventi manutentivi a tutela del dissesto idrogeologico;
3.Che vengano escluse dal patto di stabilità interno le spese in conto capitale effettuate con l’avanzo di amministrazione disponibile;
4.Che venga concessa alle Province e ai Comuni che dall’anno 2012 ridurranno, entro il 31 dicembre di ogni anno, il proprio indebitamento, la facoltà di poter procedere, nella misura pari alla riduzione dello stock di debito, al pagamento delle spese del Titolo II, oltrepassando la soglia consentita dal proprio saldo finanziario annuale rilevante ai fini del rispetto del Patto di stabilità interno ed il riconoscimento del rimborso integrale, da parte dello Stato, della penali pagate per l’estinzione anticipata dell’indebitamento;
5.Che provveda alla revisione e applicazione concreta degli indicatori di virtuosità, secondo quanto previsto dall’art. 20 della Legge 111/2011, inserendo un nuovo parametro di virtuosità relativo all’indebitamento dell’ente, in coerenza con le indicazioni europee che raccomandano di tenere sotto controllo il debito, sostituendo pertanto l’attuale parametro relativo all’autonomia finanziaria.
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