Nel novembre dello scorso anno, con la sentenza n.22936, le toghe di ermellino avevano confermato la revoca della donazione di un appartamento e titoli, fatta da un attempato marito, in favore della giovane, seconda, consorte che, dopo aver “arraffato” il generoso cadeau, aveva rivolto altrove le sue premure amorose, lasciando solo l’anziano coniuge senza cure e soldi.
Il comportamento della moglie, mancata badante, è stato ritenuto idoneo a integrare gli estremi della c.d “ingiuria grave” che ai sensi dell’art.801 c.c. è considerato motivo per la revoca della donazione.
Ma se alla moglie-bambina le fiamme dell’amore sono state fatali, nel caso preso in esame da una recentissima sentenza della Suprema Corte (n.8018/12 del 21.5.2012) la donazione fatta al marito violento e fedifrago è stata ritenuta inattaccabile, nonostante la sequela di comportamenti estremamente conflittuali.
Quid iuris allora?
Pare che dirimente sia lo “spirito di liberalità“, cioè l’animus con cui ci si è determinati a compiere l’atto di liberalità nei riguardi di chi poi si è rivelato immeritevole anche se non indegno.
Se, al momento della donazione, pur in presenza di comportamenti violenti e conflittuali, il donante si determina nel voler comunque beneficare il coniuge immeritevole, per la Cassazione è sgombrato il campo da ogni possibile ripensamento perché se si giunge al dono, nonostante tutto, è evidentemente preminente la volontà di donare rispetto alla situazione contingente, ritenuta addirittura “neutra”, cioè ininfluente a posteriori per invocare la revoca della donazione.
Lascia perplessi l’orientamento di genere…
Viene da lontano… se come diceva Socrate: “se trovi una buona moglie sarai felice, altrimenti diventerai filosofo…”.
Qui il testo integrale della sentenza della Cassazione nr. 8018 del 21 maggio 2012
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