Opportuna più che mai è stata la lunga impugnativa del Commissario dello Stato Prefetto Aronica che, nel censurare ben 80 disposizioni normative proposte dall’A.R.S., ha anche eccepito l’ambigua copertura finanziaria della citata “tabella H”. Ora, senza entrare nel merito dei destinatari annuali dei contributi, attesa la presenza di numerosi enti decisamente meritevoli di considerazione istituzionale come i Teatri o le Università, e del sospetto clima elettorale che si respira per le note vicende giudiziarie del Governatore Lombardo, ciò che ci induce ad una brevissima riflessione è l’individuato strumento giuridico utilizzato per veicolare tali forme di sponsorizzazione.
In sostanza, il legislatore siciliano sembra voler aggirare l’ostacolo previsto dal medesimo all’art. 13 della L.r. n. 10/91, che stabilisce il principio secondo il quale la concessione di sovvenzioni, contributi, ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici, non specificatamente individuati, sono subordinate alla predeterminazione regolamentare dei criteri e delle modalità per la concessione. L’avvertenza “non specificatamente individuati”, peraltro non riscontrabile nella mutuata legge statale sul procedimento amministrativo n. 241/90, sembra essere confezionata proprio per consentire al legislatore regionale di individuare specificatamente alcuni destinatari di contributi, così evitando di delegare al potere esecutivo, e quindi alla P.A., l’onere di regolamentare l’assegnazione di detti contributi.
Attraverso questo ingegnoso meccanismo legislativo l’Assemblea Regionale Siciliana ogni anno avoca a sé un potere tradizionalmente riservato al potere esecutivo individuando, mediante provvedimento legislativo allegato alla manovra finanziaria, direttamente sia l’importo che gli enti che usufruiranno di contributi sostanzialmente “protetti”.
Orbene, la pratica in questione presenta almeno due profili di dubbia costituzionalità anche se non espressamente eccepiti dal Commissario dello Stato. Il primo deriva dall’art. 6, comma 9, del D.L. n. 78/2010, come convertito nella legge n. 122/2010, recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”. La norma in esame prevede testualmente che “a decorre dell’anno 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT…, non possono effettuare spese per sponsorizzazioni”. Trattasi all’evidenza di una disciplina riconducibile alla materia della contabilità pubblica poiché attiene all’esatta individuazione del campo di applicazione di norme che incidono in modo significativo sulla spesa pubblica e conseguentemente sulla gestione finanziaria degli enti pubblici, sul rispetto degli equilibri di bilancio e dei vincoli di spesa introdotti dal legislatore in considerazione della particolare congiuntura economico-finanziaria che caratterizza l’attuale contesto storico.
Se non è revocabile in dubbio che l’ente pubblico Regione Siciliana risulti di diritto inserita nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione e come tale direttamente assoggettabile alla citata disciplina statale in forza del sotteso principio di coordinamento della finanza pubblica, più speciosa è l’applicazione del precetto normativo allorquando le spese per sponsorizzazioni sono direttamente individuate dal legislatore. Siamo infatti in presenza non di semplici atti amministrativi adottati dalla P.A. ma di atti a valenza legislativa. Vero è che concretamente il contributo specificatamente individuato dal legislatore regionale verrà erogato attraverso un atto amministrativo dal settore dell’amministrazione regionale competente per materia, ma è altrettanto vero che la necessaria valutazione di merito in ordine alla conformità dell’ausilio finanziario con le funzioni istituzionali dell’ente pubblico sovventore non avviene a valle nella sede propria amministrativa ma a monte in quella impropria dell’indirizzo politico-legislativo.
A questo punto il problema trova il suo naturale inquadramento giuridico nella cosiddetta legge- provvedimento, cioè in quella tipologia di legge che incide su un numero determinato di destinatari ed ha un contenuto particolare e concreto, attribuendo a ben precisi soggetti sovvenzioni in danaro per iniziative e progetti. In tale contesto, non è preclusa alla legge ordinaria regionale la possibilità di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidati all’autorità amministrativa, non sussistendo un divieto di adozione di leggi a contenuto particolare e concreto, tuttavia queste leggi sono ammissibili entro limiti generali qual’ è quello del rispetto del principio di ragionevolezza e non arbitrarietà. Ne consegue che, qualora il legislatore ponga in essere un’attività a contenuto particolare e concreto, devono risultare i criteri ai quali sono ispirate le scelte e le relative modalità di attuazione (per un a caso analogo verificatosi nella Regione Lazio, si veda Corte Cost. sent. n. 137/2009).
L’uso dello strumento legislativo in luogo di quello amministrativo non è dunque una buona ragione per omettere di motivare i criteri utilizzati dal legislatore nella scelta dei destinatari delle sovvenzioni e le relative modalità di attuazione, soprattutto in vigenza del citato art. 6, comma 9, del D.L. n. 78/2010, come convertito nella legge n. 122/2010, che, come già detto, impedisce alle pubbliche amministrazioni di effettuare spese per sponsorizzazioni di attività ed eventi che non siano diretta espressione dei compiti istituzionali dell’Ente pubblico.
Sic stantibus rebus, qualora l’Assemblea Regionale Siciliana decidesse nei prossimi giorni di reiterare acriticamente la norma che include i contributi di cui alla ex “tabella H” rischierebbe di essere censurata per violazione del citato principio di coordinamento della finanza pubblica e per violazione del principio di eguaglianza nel suo significato di parità di trattamento, configurando un percorso privilegiato per la distribuzione di contributi in danaro, con prevalenza degli interessi di taluni soggetti collettivi rispetto a quelli, parimenti meritevoli di tutela, di altri enti esclusi, e a scapito, quindi, dell’interesse generale.
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