Questa volta è la Corte di Cassazione, con sentenza del 9 marzo 2012 n. 3756, a confermare definitivamente l’illegittimità dell’IVA sulla TIA.
Viene così censurato il comportamento del Governo precedente, che con la circolare n. 3/2010 del Ministero dell’Economia e delle Finanze e con un decreto interpretativo (D.L.78/2010), aveva provato ad aggirare l’ostacolo (rappresentato dalla sentenza n. 238/2009 della Corte Costituzionale) “cambiando” nome alla TIA, da Tariffa di Igiene Ambientale TIA 1 in Tariffa Integrata Ambientale TIA 2, etichettandola pertanto come prestazione di servizio assoggettabile all’IVA. Mancando però il regolamento attuativo per la nuova TIA 2 il Governo aveva stabilito che ad essa andasse applicato il regolamento del 1999 della TIA 1, sulla quale l’IVA è stata dichiarata illegittima.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 238 del 24 luglio 2009, ha infatti stabilito che la TIA è una tassa e non una tariffa, e pertanto, sulla stessa non è applicabile l’IVA.
Si sanciva così l’illegittimità dell’IVA al 10% applicata dai Comuni interessati sulla TIA.
Migliaia i cittadini che hanno richiesto in questi anni il rimborso di quanto illegittimamente pagato, e migliaia i ricorsi vinti presso i giudici di pace.
Adesso è la Corte di Cassazione a ribadire nuovamente che l’Iva sulla tariffa di igiene ambientale non deve essere applicata e che quindi i cittadini che fino ad ora se la sono trovata in bolletta l’hanno pagata ingiustamente.
La Suprema Corte smentisce l’articolo 14, comma 33, del Dl 78/2010 con il quale la “Tia 2” è stata dichiarata entrata patrimoniale e definisce le conclusioni dell’Amministrazione finanziaria “frutto di una forzatura logica del tutto inaccettabile”.
Ad avviso del giudice di legittimità, da un punto di vista strettamente logico non è dato comprendere in qual senso possa minimamente sostenersi l’identità tra situazioni in successione tra loro “(dovrebbe far parte del comune patrimonio logico-cartesiano che, se A succede a B, A e B non sono la stessa cosa)”. E del resto la diversità tra le due tariffe era già stata evidenziata dalla Corte Costituzionale in forza della “rilevata formale diversità delle fonti istitutive delle due suddette tariffe (ancorché entrambe usualmente denominate, in breve, TIA), la successione temporale delle fonti, la parziale diversità della disciplina sostanziale di tali prelievi, il fatto che la tariffa integrata espressamente sostituisce la tariffa di igiene ambientale“.
Conseguentemente le argomentazioni involgenti l’istituto della tariffa integrata ambientale (TIA2) a nulla rilevano laddove, come nella specie, si discuta della sola tariffa d’igiene ambientale (TIA1).
Pertanto, la Cassazione conclude per la non applicabilità dell’IVA alla TIA1 in considerazione della “pacifica natura tributaria” della medesima, della mancanza di disposizioni legislative che espressamente assoggettano a IVA le prestazioni del servizio di smaltimento dei rifiuti e della “irrilevanza di diverse prassi amministrative, posto che la natura tributaria della tariffa va desunta dalla sua complessiva disciplina legislativa, e non da dette eventuali distorte prassi” .
Le associazioni dei consumatori stanno già lavorando a pieno ritmo per far ottenere i rimborsi ai cittadini che hanno pagato l’imposta, invitandoli ad avanzare richiesta di immediata cessazione dell’applicazione dell’Iva senza aspettare il 1 gennaio 2013, quando l’imposta sul valore aggiunto scomparirà con la nuova tassa sui rifiuti.
Qui il testo integrale della sentenza n. 3756/2012 della Corte di Cassazione
Qui il testo della sentenza n. 238/2009 della Corte Costituzionale
Qui un interessante servizio de “Le Iene” del 2009, all’indomani della sentenza della Consulta
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