Questa, sostanzialmente, la motivazione con cui il Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 728/2012 ha accolto le ragioni di un Condominio a cui era stata negata la possibilità d’installare una sbarra automatizzata destinata a regolare il traffico in entrata e in uscita dalla propria strada privata e sfociante sulla pubblica via.
Al fine di inquadrare meglio la problematica in oggetto si ritiene utile fornire alcune nozioni di portata generale.
In particolare, appare opportuno sottolineare che qualora si controverta sulla natura pubblica o meno di una strada occorre, anzitutto, riscontrare se vi siano una serie di indici che manifestano la natura pubblica della stessa.
Riassumendo, tali indici possono consistere: nell’uso pubblico di fatto esercitato da parte di tutti gli utenti della strada; dall’ubicazione della strada all’interno dei luoghi abitati; dall’inclusione nella toponomastica del Comune ; dall’apposizione della numerazione civica; dall’apposizione di segnaletica stradale; dalla presenza di aree destinate a parcheggio ; dall’illuminazione pubblica , dalla manutenzione della sede stradale; nella funzione di raccordo con altre strade e sbocco su pubbliche vie ovvero per l’essere la stessa parte integrante della sede viaria stradale.
In sintesi, dunque, ben potrà una strada privata essere assoggettata ad uso pubblico qualora la stessa sia oggettivamente idonea all’attuazione di un pubblico interesse ovvero qualora la stessa sia idonea a soddisfare, anche per il collegamento con la via pubblica, esigenze di interesse generale.
Non può stupire, dunque, l’affermazione per cui la prova della servitù di uso pubblico di una strada, il cui sedime non appartenga ad un Ente pubblico, non può essere desunta da un mero uso pubblico ma richiede un atto pubblico o privato (provvedimento amministrativo, convenzione fra proprietario ed amministrazione, testamento..eccetera) ovvero l’intervenuta usucapione ventennale, fermo restando l’accertamento dell’idoneità della strada a soddisfare esigenze di carattere pubblico. (s.v. Cons di Stat. , Sez. V, 1 dicembre 2003, n. 7831).
Ne consegue, dunque, che non vi è uso pubblico qualora il passaggio venga esercitato unicamente dai proprietari dei fondi ovvero da coloro che abbiano occasione di accedere ad essi per esigenze connesse ad una privata utilizzazione.
Pertanto, è solo in presenza di particolare circostanze che il bene stesso viene ad assumere caratteristiche analoghe a quelle di un bene demaniale.
In breve, dunque, quello che rileva ai fini della qualificazione è la destinazione della strada, spontanea o esplicita, all’uso pubblico effettivo ovvero il suo inserimento nella rete viaria pubblica.
In tale contesto, pertanto, l’assoggettamento della via privata alla pubblica utilità impone alla Pubblica Amministrazione, quanto meno, una specifica motivazione in ordine sia all’uso pubblico sia all’idoneità della stessa a costituire una via di pubblico transito.
Su queste basi giuridiche si comprende, dunque, la decisione a cui è pervenuto il Consiglio di Stato.
Pertanto, poiché un’area privata possa ritenersi sottoposta ad una servitù pubblica di passaggio: “ è necessario, oltre all’intrinseca idoneità del bene, che l’uso avvenga ad opera di una collettività indeterminata di persone e per soddisfare un pubblico, generale interesse. Ne consegue che deve escludersi l’uso pubblico quando il passaggio venga esercitato unicamente dai proprietari di determinati fondi in dipendenza della particolare ubicazione degli stessi, o da coloro che abbiano occasione di accedere ad essi per esigenze connesse alla loro privata utilizzazione (Cass. Civ., II, 23 maggio 1995, n. 5637), oppure, infine, rispetto a strade destinate al servizio di un determinato edificio o complesso di edifici (Cass. civ., I, 22 giugno 1985, n. 3761)..”( cfr. Cons. di Stat. Sez. V, sentenza n. 728 del 14/02/2012).
In coerenza con gli enunciati appena esposti, dunque, l’assoggettamento di una via privata alla pubblica utilità richiede un’adeguata motivazione in ordine alla concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze collettive nonché un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico come, ad esempio, la protrazione dell’uso stesso da tempo immemorabile.
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