Il processo penale – in cui trovano applicazione il codice penale o la legislazione speciale per ciò che riguarda i reati, e il codice di procedura penale per quanto concerne le regole del loro accertamento – è una macchina molto complessa, molto difficile, ma tanto meravigliosamente razionale e completa.
E’ una affascinante macro architettura in cui tutto è previsto, tutto è predeterminato, tutto è parte di un ingranaggio che si muove secondo un ordine tale da garantire che la legge sia uguale per tutti.
Nulla viene lasciato al caso, all’immaginazione, all’opinione in libertà.
Oggi, il nostro processo penale sembra essere diventato uno di quegli oggetti catartici che maggiormente buca lo schermo e l’immaginazione mediatica.
Ottima cosa, se tale interesse generasse un innalzamento della consapevolezza collettiva su cosa significa delinquere, essere punito, infrangere con le proprie azioni la sicurezza sociale.
Pessimo affare,se il passa parola della comunicazione di massa, fuori dalle aule di giustizia, finisca per diffondere notizie ed informazioni tecnicamente inesatte e fuorvianti.
Al primo posto tra queste inserirei – senza ombra di dubbio – quelle che riguardano il significato di “prescrizione”, “assoluzione”, “innocenza”, “affermazione di responsabilità”.
Nozioni giuridiche ben precise e inequivoche – cui corrispondono ancor più precisi ed inequivoci istituti di diritto sostanziale e processuale – oggi costantemente adulterate. E non sempre a caso ….
Forse è il momento di fare un fugace, assolutamente documentale, ripasso:
– La prescrizione (art. 157 c.p.) è un istituto di diritto penale che si limita a prevedere l’estinzione del reato, ossia la non punibilità astratta di un reato (qualunque esso sia e da chiunque sia commesso) decorso un certo periodo di tempo dalla sua commissione. Va da sé che i tempi di estinzione del reato sono diversi in base alle specifiche fattispecie illecite in discussione.
Sul piano processuale, la prescrizione opera esattamente come la morte del reo (art. 150 c.p.), l’amnistia (art. 151 c.p.), la remissione della querela (art. 152 c.p.). Si tratta di situazioni “asettiche” di fronte alle quali lo Stato decide di rinunciare ad agire in sede penale. Viene lasciata ai privati, nell’ambito della giurisdizione squisitamente civile, la possibilità di fare valere le eventuali ragioni risarcitorie.
– L’estinzione del reato è quell’istituto di diritto penale che individua e racchiude, in via di sintesi tipologica, le sopradescritte situazioni e circostanze atte a condurre alla non punibilità dell’indagato o dell’imputato.
– La dichiarazione di estinzione del reato all’esito di un dibattimento penale (art. 531 c.p.p.) è la formula conclusiva che conclama la non punibilità processuale in relazione alla commissione di reati estinti.
Essa presuppone, in modo oggettivo, la non innocenza dell’imputato.
Il dato è incontestabile e rigorosamente statuito dall’art. 129 c.p.p.; norma fondamentale del nostro codice di rito che, nell’indicare analiticamente le diverse formule di proscioglimento che il Giudice dovrà utilizzare in caso di assoluzione dell’imputato (“per non avere commesso il fatto”, “perché il fatto non costituisce reato”, “perché il fatto non sussiste”, “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”) individua anche due specifiche situazioni processuali: a) quella in cui il processo non possa andare avanti perché manca una condizione di procedibilità (v., ad esempio, la querela in presenza di reati che necessitino di tale presupposto formale); b) quella in cui sia stata accertata o sia maturata una causa di estinzione del reato (v., ad esempio, l’amnistia o la prescrizione del reato).
Sempre l’art. 129 c.p.p. impone – a fortiori se la causa di estinzione sia intervenuta alla fine di un dibattimento in cui l’imputato abbia avuto la più ampia possibilità di dimostrare la sua estraneità ai fatti addebitatigli – di assolvere nel merito laddove sia emersa una innocenza di natura sostanziale.
In buona sostanza: ove il dibattimento abbia evidenziato la carenza di prove di colpevolezza, l’imputato dovrà essere assolto nel merito – ai sensi dell’art. 530 c.p.p. in relazione al secondo comma dell’art. 129 c.p.p. – e ciò nonostante la concreta esistenza di una causa di estinzione del reato contestato.
A contrario, anche in presenza di una colpevolezza certa dell’imputato, il Giudice non potrà mai emettere una sentenza di condanna qualora siano maturati i tempi di prescrizione del reato, potendo al massimo limitarsi ad una pronuncia ex art. 531 c.p.p., di declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
Che, poi, la concreta applicabilità della prescrizione possa presupporre calcoli piuttosto complessi – in base alla data di consumazione dello specifico reato contestato, alla valutazione di eventuali sospensioni o interruzioni dei termini, alla operatività di una legge anteriore piuttosto che di una norma successiva – è un fatto strettamente accessorio, che nulla aggiunge al nocciolo della questione …
Questa è la Legge vigente nello Stato Italiano.
Questo è il nostro Diritto.
Parlare di assoluzione o di proscioglimento per prescrizione – menzionando addirittura la parola innocenza – è una clamorosa falsità.
O forse ancora, un ingenuo tentativo di manipolazione mediatica.
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