Come è noto il decreto liberalizzazioni, attualmente in discussione presso la X Commissione del Senato per la conversione in legge, è stato oggetto di un vero e proprio assalto alla diligenza a colpi di migliaia di proposte di emendamento alcune delle quali inutili, altre incomprensibili ma soprattutto dannose, in quanto per massima parte sollecitate dalle lobbies nell’ottica di limitare la portata innovativa – per vero già molto automoderata – dell’iniziativa governativa in termini di apertura del mercato alla concorrenza.
In questo scenario caotico e per certi versi inquietante, dati i modi e le forme con le quali il Parlamento, in uno scenario economico ancora molto preoccupante, si appresta a legiferare su materie di primaria importanza per il futuro del nostro Paese, pare opportuno segnalare invece in senso positivo gli emendamenti all’art. 6 del decreto presentati dal senatore Belisario e dai senatori Perduca e Poretti che, ove approvati, avrebbero il pregio di ripulire l’istituto della class action, ancora molto giovane nel nostro Paese, da una serie di aporie che ne hanno finora limitato l’efficacia quale strumento di tutela dei consumatori e dell’efficienza del mercato in chiave di private enforcement.
Va detto subito che l’articolo 6 del decreto liberalizzazioni, nel testo approvato dal Governo sotto l’epigrafe “norme per rendere efficace l’azione di classe”, interviene già in maniera apprezzabile su un aspetto importante della disciplina della class action di cui all’art. 140 bis del Codice del Consumo, apportando modifiche al comma 2, lettera a) e coerentemente anche alle successive lettere b) e c) ivi sostituendo il limitante requisito dell’identità del diritto, che inficia sensibilmente la possibile formazione di una ampia classe di aderenti ad una class action, con il più adeguato concetto di omogeneità dei diritti che si vogliono fare valere collettivamente in giudizio. Nella relazione illustrativa si legge che in tal modo “si è inteso porre rimedio ad una previsione che, come del resto segnalato dalla dottrina più accorta, rischiava di risultare di difficile applicazione e, dunque, in definitiva, contraria alla stessa ratio legis. Ciò perchè il requisito della identità del diritto, ad una interpretazione rigorosa, può rivelarsi, nei fatti, di ardua configurabilità: si pensi al caso del fallimento di una banca d’affari: ogni consumatore, avendo sottoscritto titoli in tempi diversi, investendo somme diverse, sarebbe titolare di una situazione soggettiva unica e irripetibile”.
Le ulteriori modifiche all’art. 140 bis del Codice del Consumo proposte dagli emendamenti in esame, si innestano dunque nel solco già tracciato dall’Esecutivo allo scopo di colmare in maniera ancor più incisiva le lacune normative che, allo stato, precludono un ricorso efficace all’azione di classe e riguardano infatti l’esigenza di ampliare il novero dei diritti per i quali può farsi ricorso a tale azione, quella di circoscrivere la portata del giudizio di ammissibilità, ampliando, conseguentemente, la possibilità di accesso alla giustizia da parte dei consumatori, quella di semplificare l’adesione dei consumatori all’azione in modo che la classe rappresenti, più fedelmente possibile, la platea dei soggetti lesi dalla condotta dell’impresa o del professionista e, infine, quella di restituire la piena competenza a decidere su diritti primari dei consumatori al giudice naturale che non può che essere il tribunale civile anzichè il tribunale amministrativo.
Vediamo allora nel dettaglio le modificazioni che si propone di apportare all’articolo 140 bis del Codice del Consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 2006:
– al comma 2 la lettera b) è così sostituita: “b) i diritti spettanti ai consumatori finali di un prodotto o servizio nei confronti del relativo produttore o fornitore di servizi, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale”;
La portata di questo emendamento è particolarmente rilevante perchè si andrebbero così a ricomprendere nell’ambito dei diritti azionabili collettivamente attraverso una class action nei confronti di un produttore o di un fornitore di servizio una serie di fattispecie plurioffensive allo stato precluse ove sottostante non vi sia un rapporto contrattuale.
– al comma 3, al terzo periodo, le parole “contenente, oltre all’elezione di domicilio, l’indicazione degli elementi costitutivi del diritto fatto valere con la relativa documentazione probatoria, è depositato in cancelleria, anche tramite l’attore” sono sostituite dalle seguenti “allegante l’omogeneità della fattispecie ed il rinvio agli elementi costitutivi del diritto fatti valere nell’atto introduttivo dall’attore principale, è depositato in cancelleria, anche tramite l’attore”;
La suddetta modifica è intesa invece a facilitare sensibilmente le modalità attraverso le quali i consumatori interessati possono aderire all’azione collettiva e avrebbe il probabile effetto di consentire una più effettiva tutela dei soggetti colpiti dalla medesima condotta offensiva.
– sempre al comma 3 è aggiunto il seguente periodo: “L’adesione può essere comunicata, anche nel giudizio d’appello, fino all’udienza di precisazione delle conclusioni”;
Ancora nella stessa ottica questo ulteriore emendamento al comma 3 appare molto rilevante, l’attuale finestra per esercitare l’opt-in, ristretta ad un termine massimo di quattro mesi, risulta infatti inaccettabilmente angusta e preclusiva del legittimo esercizio dei diritti dei consumatori.
– al comma 6, al primo periodo, le parole “ovvero un giudizio davanti al giudice amministrativo.” sono soppresse;
Pare più che lecito mantenere la possibilità prevista dall’attuale comma 6 in forza del quale, all’esito della prima udienza, il tribunale può sospendere il giudizio quando sui fatti rilevanti ai fini del decidere sia in corso un’istruttoria davanti ad una Autorità Indipendente. L’emendamento, che ha una portata cruciale, elimina invece correttamente la diversa ipotesi inerente una class action sulla cui materia del contendere vi sia già stato un pronunciamento di una Autorità Indipendente, ad esempio dell’Antitrust per quanto concerne pratiche commerciali scorrette o comportamenti anticoncorrenziali, nel qual caso, stante la legislazione vigente, il tribunale adito dai consumatori danneggiati può ugualmente sospendere il giudizio di ammissibilità in attesa della decisione del TAR dinanzi al quale l’azienda sanzionata impugni, eventualmente anche a scopo dilatorio, la decisione Antitrust. Si intende così opportunamente fare in modo che una decisione dell’Antitrust o di un’altra Autorità Indipendente possa essere valorizzata dai consumatori in termini risarcitori direttamente davanti al tribunale civile, senza intoppi di sorta e, soprattutto, senza che sia lasciato ad un tribunale amministrativo di poter dire impropriamente l’ultima parola in tema di diritti primari dei consumatori, non avendone questo né la competenza né la sensibilità adeguate.
– sempre al comma 6, al secondo periodo, le parole “quando è manifestamente infondata” sono soppresse;
La norma intende circoscrivere la portata del giudizio di ammissibilità, il primo step dell’azione di classe, restituendo ai consumatori un più pieno ed adeguato accesso alla giustizia anche quando agiscono collettivamente.
Infine, vi è l’emendamento presentato dai senatori Perduca e Poretti che prevede, dopo il comma 1 dell’articolo 140 bis del Codice del Consumo, l’inserimento del seguente comma 1 bis:
– Le modifiche apportate dal presente articolo all’art. 140 bis del Codice del consumo si applicano a tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in giudizio del presente Decreto.
L’aggiunta del comma in questione si rende opportuna per ragioni di economia processuale. È infatti evidente che l’articolo 140 bis estenderà il campo di applicazione delle azioni di classe consentendo ai consumatori di agire con tale strumento a tutela di fattispecie precedentemente escluse. In base al nuovo testo, ad esempio, alla prima udienza il giudice potrà dichiarare con ordinanza l’inammissibilità dell’azione nei soli casi in cui non venga ravvisata l’omogeneità dei diritti azionati e non più la loro identicità. Ove poi siano accolti gli emendamenti sopra illustrati il giudice non sarà più chiamato a valutare ai fini del giudizio di ammissibilità l’eventuale manifesta infondatezza dell’azione e, per altro verso, mentre in base alla attuale disciplina le azioni promosse dai consumatori destinatari di un servizio al di fuori di uno specifico rapporto contrattuale con il relativo produttore avrebbero dovuto essere dichiarate inammissibili per manifesta infondatezza a seguito della auspicata riforma tale opzione sarà invece da escludersi per due ragioni: l’inclusone fra le posizioni giuridiche tutelabili mediante l’azione di classe dei diritti vantati nei confronti del produttore di un servizio anche in assenza di un precedente contratto con quest’ultimo; l’abrogazione espressa della “manifesta infondatezza” quale motivo per far dichiarare inammissibile l’azione in sede di prima udienza. In tale contesto l’estensione della nuova disciplina anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto liberalizzazioni ha un’importante funzione di economia processuale nell’interesse tanto delle parti che di una efficiente amministrazione della giustizia. L’emendamento rende dunque possibile che il giudice dichiari ammissibili tali azioni anche se introdotte precedentemente all’entrata in vigore del decreto e ciò con riferimento tanto ai giudizi pendenti dinanzi al tribunale quanto a quelli incardinati presso la competente corte di appello a seguito della proposizione del reclamo avverso l’ordinanza che abbia dichiarato l’inammissibilità dell’azione a causa della sua manifesta infondatezza.
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Nonostante i molti limiti presenti nell’attuale testo dell’art. 140 bis del Codice del Consumo, Altroconsumo ha già voluto sperimentare con coraggio e determinazione tale nuova disciplina nell’interesse dei consumatori, promuovendo tre diverse class action, nei confronti di RAI, per una serie di violazioni del contratto di servzio, di Banca Intesa, per le commissioni di scoperto di conto, e di alcune compagnie di trasporto marittimo, per l’ipotesi di cartello sulle tratte da e per la Sardegna, rispettivamente pendenti dinanzi la corte d’appello di Roma, il tribunale di Torino e quello di Genova. Ebbene, è proprio sulla base di tali prime ma intense esperienze dirette che segnalo come gli emendamenti sopra esaminati hanno il pregio di incidere positivamente sui punti più critici dell’attuale disciplina italiana sulle class action eliminando le barriere che ne limitato l’efficacia senza al contempo snaturarne l’essenza di strumento di private enforcement equilibrato non punitivo e rispettoso delle legittime prerogative difensive delle controparti.
Se il vero spirito del decreto liberalizzazioni è e intende rimanere, anche all’esito della conversione in legge, quello di eliminare ostacoli obsoleti all’apertura dei mercati e alla promozione della concorrenza in settori chiave del nostro sistema Paese il rafforzamento di un istituto essenziale per la tutela dei consumatori come quello della class action non può che rivelarsi in linea con tale condivisibile obiettivo. Occorre ormai interpretare la protezione dei consumatori non più tanto o solo nel senso statico di tutela del soggetto inesorabilmente debole ma, in una chiave più moderna e dinamica, guardando al pieno riconoscimento dei suoi diritti come leva di promozione di un mercato più efficiente, inovativo e sostenibile. Ecco allora che affiancare finalmente un più efficace e percorribile strumento di private enforcement al già robusto public enforcement dei diritti dei consumatori che, grazie all’interpretazione dell’Antitrust nell’ambito delle pratiche commerciali scorrette così come nel dominio della concorrenza ha prodotto ottimi risultati, consentirebbe di creare ulteriore valore in termini di maggiore efficienza del mercato, non certo di distruggerne.
Egregi Senatori ! Sono dunque a sollecitare vivamente l’approvazione di questi emendamenti.
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