Queste ultime, in particolare, possono riguardare tanto l’orario di lavoro quanto le modalità stesse di esecuzione della prestazione, come il sollevamento dei pesi o il lavoro notturno.
In tema di congedi, poi, si può fruire, oltre ai casi “classici” del congedo obbligatorio e parentale, dei cosiddetti “permessi per allattamento” e del congedo obbligatorio e facoltativo per il padre lavoratore.
Da non dimenticare poi la protezione garantita in caso di licenziamento o dimissioni, a garanzia della stabilità contrattuale dei genitori, nei primi anni di vita del bambino.
Analizziamo la questione in dettaglio
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Genitori lavoratori: lavori vietati in gravidanza
Dall’inizio della gravidanza e sino ai sette mesi di vita del bambino, il datore di lavoro non può adibire la lavoratrice a:
- Trasporto e sollevamento pesi;
- Lavori pericolosi, faticosi ed insalubri.
È altresì compito dell’azienda analizzare, nel documento di valutazione dei rischi (DVR), le condizioni in cui le dipendenti prestano l’attività ed i possibili rischi di esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici. In quest’ottica è necessario modificare temporaneamente le condizioni o l’orario di lavoro delle interessate.
Se ciò non è possibile, ovvero qualora si accerti lo svolgimento di lavorazioni vietate o condizioni ambientali pregiudizievoli alla salute della dipendente, il datore di lavoro può, in alternativa:
- Assegnare un’altra mansione, anche inferiore, pur lasciando inalterate qualifica e retribuzione;
- Assegnare mansioni superiori.
La decisione dev’essere comunicata (oltre naturalmente alla lavoratrice) anche all’Ispettorato territoriale del lavoro (ITL) competente.
La lavoratrice che non può svolgere altre mansioni ha diritto ad anticipare e / o prolungare il congedo di maternità.
Genitori lavoratori: lavoro notturno
A partire dall’accertamento dello stato di gravidanza e sino al compimento di un anno di età del bambino, è fatto vietato all’azienda di adibire la dipendente al lavoro dalle ore 24 alle 6.
In aggiunta, il datore non può obbligare:
- La madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il padre convivente con la stessa;
- La lavoratrice o il lavoratore unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni;
a prestare lavoro notturno.
Genitori lavoratori: permessi per visite mediche
Le lavoratrici gestanti hanno diritto di non svolgere l’attività, usufruendo di appositi permessi retribuiti dal datore di lavoro, per effettuare esami prenatali, accertamenti clinici o visite mediche specialistiche, durante l’orario di lavoro.
Genitori lavoratori: licenziamento, sospensione e dimissioni
Licenziamento
Si considera nullo il licenziamento intimato a:
- Lavoratrice, dall’inizio della gravidanza (corrispondente per convenzione a trecento giorni prima della data presunta del parto) sino al compimento di un anno di età del bambino;
- Padre lavoratore che si assenta in congedo di paternità, per l’intera durata dello stesso e fino al compimento di un anno di età del bambino;
- Causa della domanda o della fruizione, da parte di uno dei genitori, del congedo parentale o del congedo per malattia del bambino.
Il divieto non si applica in caso di:
- Colpa grave del lavoratore, costituente giusta causa di risoluzione del rapporto;
- Cessazione dell’attività aziendale;
- Scadenza del rapporto a tempo determinato o ultimazione dell’attività per cui la lavoratrice è stata assunta;
- Esito negativo del periodo di prova.
Sospensione dal lavoro
Eccezion fatta per i casi di sospensione dell’intera attività aziendale o del reparto cui appartiene il dipendente, è fatto divieto di sospendere la lavoratrice madre nel periodo compreso tra l’inizio della gestazione ed il compimento di un anno di età del bambino.
Il divieto è altresì esteso al padre lavoratore, assente per congedo di paternità, per l’intera durata dello stesso e sino al compimento di un anno di età del bambino.
Dimissioni
Le dimissioni presentate:
- Dalla lavoratrice nel corso del periodo di gravidanza;
- Dalla lavoratrice o dal lavoratore nei primi tre anni di vita del bambino;
devono essere convalidate, a pena di nullità, presso il servizio ispettivo dell’ITL competente, producendo copia della lettera di dimissioni presentata al datore di lavoro.
Inoltre, le dimissioni rassegnate nel periodo in cui è vietato il licenziamento (di cui sopra), oltre alla circostanza che non sono soggette al periodo di preavviso, conferiscono all’interessato il diritto a:
- Indennità sostitutiva del preavviso a carico del datore di lavoro;
- Indennità di disoccupazione NASpI, naturalmente in presenza degli altri requisiti di tipo contributivo richiesti.
Genitori lavoratori: congedi dal lavoro e permessi
Lavoratrici e lavoratori hanno diritto ad assentarsi per eventi legati alla gravidanza ed in generale alla cura e all’assistenza dei figli, pur mantenendo il diritto alla retribuzione a carico, a seconda dei casi, dell’INPS o del datore di lavoro.
Ci riferiamo in particolare a:
- Congedo obbligatorio di maternità, da due mesi antecedenti la data presunta del parto, sino ai tre mesi successivi allo stesso (indennità a carico INPS pari all’80% della retribuzione, con eventuale integrazione a carico del datore di lavoro);
- Congedo obbligatorio di maternità anticipato e / o posticipato rispetto a quello ordinario (indennità a carico INPS pari all’80% della retribuzione, con eventuale integrazione a carico del datore di lavoro);
- Congedo parentale per entrambi i genitori sino ai dodici anni di età del figlio, retribuito a carico dell’INPS in misura pari al 30% della retribuzione sino agli otto anni di età del figlio (nel rispetto di determinati limiti di durata e requisiti reddituali);
- Riposi giornalieri (cosiddetti “permessi per allattamento”) pari, a seconda dei casi, ad un’ora / due ore al giorno, nel corso del primo anno di vita del bambino, a beneficio della madre, retribuita con un’indennità INPS pari al 100% della retribuzione (i riposi sono fruibili, in una serie tassativa di ipotesi, da parte del padre in alternativa alla madre);
- Permessi per malattia del bambino (non retribuiti) in favore della madre o, in alternativa, del padre, per tutta la durata della malattia (fino al compimento dei tre anni) o nel limite di cinque giorni lavorativi all’anno se il figlio ha un’età tra i tre e gli otto anni;
- Congedo di paternità, in alternativa alla madre, spettante a fronte di ipotesi tassativamente previste, con diritto all’indennità INPS dell’80%, per una durata di cinque mesi;
- Congedo obbligatorio per il padre di dieci giorni, da fruire (anche in via continuativa) entro cinque mesi dalla nascita, con indennità a carico dell’INPS pari al 100% della retribuzione;
- Congedo facoltativo del padre pari ad un giorno con indennità conto INPS al 100%, da fruire sempre entro cinque mesi dalla nascita ma in sostituzione rispetto al congedo della madre.
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Bonus e sussidi per i genitori lavoratori
Oltre alle tutele appena citate, esistono una serie di bonus riconosciuti dall’INPS a beneficio dei genitori lavoratori. L’avvento dell’Assegno Unico Universale ha particolarmente ridotto l’elenco di tali prestazioni, lasciando sostanzialmente in vigore il solo “Bonus asili nido”.
Assegno Unico Universale
Introdotto con il Decreto legislativo 29 dicembre 2021 numero 230, l’Assegno Unico Universale (AUU), nell’ottica di riordinare, semplificare e potenziare le misure economiche di sostegno alle famiglie con figli a carico, ha portato all’abrogazione di una serie di prestazioni, quali:
- Detrazioni fiscali per figli fino a ventuno anni di età;
- ANF per nuclei con figli ed orfanili;
- Assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori;
- Premio alla nascita o all’adozione cosiddetto “Bonus mamma domani”;
- Assegno di natalità o “Bonus bebè”.
L’AUU è pagato direttamente dall’INPS al beneficiario, previa domanda di quest’ultimo, in rate mensili a decorrere dal 1° marzo al 28 febbraio dell’anno successivo.
Il sussidio spetta a partire dal settimo mese di gravidanza sino al compimento della maggiore età del figlio. In taluni casi, la prestazione può spingersi sino al compimento dei ventuno anni di età.
La somma è determinata secondo un importo – base, calcolato in funzione dell’ISEE del nucleo familiare, cui si aggiungono una serie di maggiorazioni riconosciute, ad esempio, per:
- Madri di età inferiore a ventuno anni;
- Figli con disabilità;
- Figli successivi al secondo;
- Nuclei con ISEE non superiore a 25 mila euro che abbiano percepito nel 2021 gli ANF in presenza di figli minori.
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Bonus asili nido
Con l’obiettivo di far fronte al pagamento delle rette per la frequenza di asili nido pubblici e privati autorizzati, nonché di forme di assistenza domiciliare a beneficio di bambini con meno di tre anni, affetti da gravi patologie croniche, l’INPS riconosce ai genitori un contributo sotto forma di “Bonus nido”.
La misura, riconosciuta previa domanda inoltrata all’Istituto (secondo le modalità, valide anche per il 2022, descritte nella Circolare INPS del 14 febbraio 2020 numero 27) spetta in misura differente a seconda del valore dell’ISEE minorenni:
- Importo annuo 3 mila euro, erogabile in undici mensilità, ciascuna pari a 272,73 euro a beneficio di quanti hanno un ISEE fino a 25 mila euro;
- Importo annuo di 2.500,00 euro (227,27 euro per undici mensilità) per chi ha un ISEE minorenni da 25.001 a 40 mila euro;
- 500 euro all’anno (136,37 euro per undici mensilità) se l’ISEE minorenni è pari o superiore a 40.001 euro.
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