Parti: Zeran v. America Online
FATTO
La vicenda è la seguente. Il 25 aprile 1995, pochi giorni dopo l’attentato compiuto contro l’Alfred P. Murrah Building di Oklahoma City, viene diffuso un messaggio all’interno di un bulletin board system gestito dalla società AOL, nel quale era pubblicizzata la vendita di alcune magliette dal contenuto scherzoso («Naughty Oklahoma T- Shirts», recitava, con un discutibile sense of humor, il messaggio) relative all’accaduto. Era indicato anche il numero di telefono del (presunto) venditore, che corrispondeva a quello del sig. Zeran, ovviamene ignaro del fatto. Questi riceveva, nel breve volgere di poche ore, centinaia di telefonate: per sua sfortuna, però, non si trattava di potenziali acquirenti, ma di persone che, risentite per il contenuto del messaggio, si prodigavano in offese di ogni genere – fino, addirittura, ad alcune minacce di morte – nei suoi confronti. Il malcapitato destinatario di tanta attenzione contattava prontamente la AOL: un impiegato lo rassicurava, dicendogli che il messaggio sarebbe stato eliminato. La vicenda, però, non si concluse.
Il giorno dopo, infatti, veniva diffuso un altro messaggio, il cui contenuto era analogo: dopo aver ribadito il numero di telefono (che, ancora una volta, corrispondeva a quello dello Zeran), si chiedeva addirittura alle persone interessare di pazientare e di provare a chiamare più volte nel caso in cui avessero trovato occupato. La AOL, sollecitata ancora ad intervenire, rimosse anche il secondo messaggio. Ma ve ne furono degli altri.
Le telefonate ricevute dal sig. Zeran aumentarono (fino ad arrivare ad una ogni due minuti, come ricorda quasi impietosamente la sentenza) tanto da spingere il malcapitato a contattare addirittura l’F.B.I.
La situazione, se possibile, peggiorò ancora, poiché una radio privata (KRXO, una radio di Oklahoma City), informata della vicenda, non esitò a diffondere pubblicamente il numero telefonico dello Zeran, invitando tutti gli ascoltatori a chiamare per manifestare la propria disapprovazione.
DECISIONE
In primo grado, la Corte del Distretto Orientale della Virginia ha deciso che, stante il disposto della § 230 del CDA, la AOL non poteva essere considerata responsabile per un messaggio diffuso da altri (sebbene non fosse stato individuato l’autore materiale dell’illecito).
In appello, la decisione è stata confermata. La corte, in particolare, ha rigettato la domanda dello Zeran di considerare AOL come distributor, figura non presa in esame dal Decency Act, e di considerarlo responsabile dal momento che aveva una specific knowledge (ossia era a conoscenza) dell’illecito (testualmente, nel corpo della decisione: “Zeran argues, however, that the § 230 immunity eliminates only publisher liability, leaving distributor liability intact. Publishers can be held liable for defamatory statements contained in their works even absent proof that they had specific knowledge of the statement’s inclusion”).
La questione si arresta a questo punto, poiché la Corte Suprema, investita del caso, ha negato il writ of certiorari e, quindi, ha rifiutato di decidere sul caso.
Il testo integrale della decisione è qui
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