Le regole di computo dei termini
Nel computo dei termini a giorni o ad ore, si escludono il giorno o l’ora iniziali.
Per il computo dei termini a mesi o ad anni, si osserva il calendario comune. I giorni festivi si computano nel termine. Se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo. La proroga prevista dal quarto comma si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono nella giornata del sabato. Resta fermo il regolare svolgimento delle udienze e di ogni altra attività giudiziaria, anche svolta da ausiliari, nella giornata del sabato, che ad ogni effetto è considerata lavorativa. |
Avvertenza: per effetto dell’art. 2, comma 2, del D. Lgs 31/12/1992, n. 546, le norme del codice di procedura civile trovano applicazione anche in materia di contenzioso tributario. |
Per effetto dell’art. 155 c.p.c. “se un termine relativo ad atti da compiersi fuori udienza viene a scadere di sabato, la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo” (circolare 24/10/2007, n. 56/E).
Il computo dei termini
Per il computo dei termini nell’ambito del contenzioso tributario vanno tenute presenti le seguenti regole procedurali:
Termine comune
- regola di computo: non si considera il giorno iniziale ma quello finale, il termine non deve essere qualificato “libero” dalla legge
- atti processuali interessati: proposizione e deposito del ricorso, dei motivi aggiunti e dell’appello
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Termine “libero”
- regola di computo: non si considera né il giorno iniziale né il giorno finale; il termine deve essere qualificato “libero” dalla legge
- atti processuali interessati: deposito di documenti, di memorie e dell’istanza di discussione in pubblica udienza
Termine “a decorrenza successiva”
- regola di computo: il termine iniziale precede quello finale secondo il calendario comune
- atti processuali interessati: proposizione e deposito del ricorso, dei motivi aggiunti e dell’appello; ad esempio, il ricorso va depositato nei successivi 30 giorni (termine finale) dalla data di preposizione del ricorso (termine iniziale)
Termine “a ritroso”
- regola di computo: il termine finale precede quello iniziale secondo il calendario comune
- atti processuali interessati: deposito di documenti, di memorie e dell’istanza di discussione in pubblica udienza; si tratta di atti che devono essere compiuti entro un certo numero di giorni prima di una certa data; ad esempio, le memorie vanno depositate almeno 10 giorni “liberi” prima (termine finale) dell’udienza di trattazione (termine iniziale).
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Termine che scade di sabato o in giornata festiva
Se il termine scade in una giornata festiva o di sabato si applica quanto risulta dalla seguente tabella:
Scadenza in giorno festivo o di sabato
Termine | Effetti |
Termine “a decorrenza successiva” | il termine è prorogato al primo giorno successivo non festivo |
Termine “a ritroso” | Il termine è anticipato al giorno precedente non festivo (a) |
Avvertenza: la circolare 24/10/2007, n. 56/E, consiglia “in via prudenziale” di seguire tale regola procedurale. |
La Corte di Cassazione (sentenze 19/11/1977, n. 5187, 20/5/2002, n. 7331, e 12/12/2003, n. 19041), ha affermato che nel calcolo dei termini “a ritroso”, non si applica la proroga al primo giorno successivo non festivo: se il termine “a ritroso” scade in una giornata festiva, l’adempimento processuale deve essere anticipato al primo giorno antecedente non festivo.
Termine nel contratto di lavoro per i dipendenti dell’Agenzia delle entrate
“Per effetto dell’art. 3 del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti dell’Agenzia (n.d.r.: delle entrate), il sabato non è giorno lavorativo (“l’orario di lavoro è articolato su cinque giorni”). Ne consegue che gli adempimenti che scadono di sabato, non prorogati al successivo giorno lavorativo, di fatto devono essere eseguiti entro il giorno lavorativo antecedente” (circolare citata).
La sospensione del computo dei termini
La sospensione per il c.d. “periodo feriale”
Il decorso dei termini processuali è sospeso di diritto dal giorno 1°/8 al giorno 31/8 di ciascun anno e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione, cioè con il giorno 1/9. Se il decorso ha inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine del suddetto periodo (art. 1 della L. 7/10/1969, n. 742). Tale regola decorre dall’anno 2015; l’art. 16 del D.L. 12/9/2014, n. 132, aveva ridotto il periodo feriale dal 6/8 al 31/8, ma in sede di conversione è stato modificato dal 1°/8 al 31/8.
La sospensione dei termini ha per oggetto soltanto quelli processuali (quale è, ad esempio, l’impugnazione di un avviso di accertamento) ma non anche quelli sostanziali (ad esempio, il pagamento di un debito).
Ad esempio, se un avviso di accertamento è notificato prima del giorno 1°/8 e se il termine per proporre il ricorso non è scaduto al giorno 31/7, il computo dei termini è sospeso dal 1°/8 al 31/8 e riprende il 1°/9.
Caso 1. Ad esempio, se l’atto è notificato il 22/7 si ha:
luglio – 9 giorni
agosto – 0 giorni
settembre (dal 1°/9) – 30 giorni
ottobre – 21 giorni
totale – 60 giorni
Il ricorso deve essere notificato non oltre il 21/10.
Caso 2. Se, invece, è notificato il 5/8 i termini sono sospesi fino al 31/8 per cui si ha:
Settembre (dal 1°/9) – 30 giorni
ottobre – 30 giorni
totale – 60 giorni
Il ricorso deve essere notificato non oltre il 30/10.
Il “termine lungo” per la proposizione dell’appello
Ai sensi dell’art. 51, comma 1, del D.Lgs. 31/12/1992, n. 546, se la legge non dispone diversamente, il termine per impugnare la sentenza della commissione tributaria provinciale è di 60 giorni, decorrente dalla sua notificazione su istanza di parte.
Tuttavia, se nessuna delle parti provvede a notificare la sentenza, si applica l’art. 327, primo comma, c.p.c. cioè il c.d. “termine lungo” di impugnazione di sei mesi, che inizia a decorrere dalla data del deposito in segreteria della sentenza (art. 38, comma 3, del D. Lgs. 31/12/1992, n. 546).
L’art. 1 della L. 7/10/1969, n. 742, non si applica in materia amministrativa nel procedimento per la sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato (art. 5).
L’accertamento con adesione
Quando l’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate notifica un avviso di accertamento o di rettifica, non preceduto dall’invito a comparire di cui all’art. 5 del D. Lgs. 19/6/1997, n. 218, il contribuente può formulare, anteriormente all’impugnazione dell’atto innanzi la commissione tributaria provinciale, l’istanza di accertamento con adesione.
In tal caso, ai sensi del successivo art. 6, comma 3, il termine per l’impugnazione (nonché quello di pagamento per l’IVA accertata) è sospeso per un periodo di 90 giorni dalla data di presentazione dell’istanza.
Il differimento del termine considera, se sussistono i presupposti, anche quello previsto per il periodo feriale di cui alla L. 7/10/1969, n. 742.
L’istituto del “reclamo e mediazione”
L’art. 17-bis del D.Lgs 31/12/1992, n. 546, per le sole controversie aventi per oggetto solo atti emessi dall’Agenzia delle entrate di valore non superiore a € 20.000 (riferito alle sole imposte, ovvero alle sanzioni nel caso di atti di irrogazione delle stesse), obbliga il contribuente a proporre, preliminarmente, a presentare il reclamo, quale condizione di procedibilità del ricorso.
Decorsi 90 giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso per cui entro il 30° giorno successivo, volendo coltivare la controversia, il contribuente deve depositare il fascicolo presso la segreteria della commissione tributaria competente.
Il comma 9 dell’art. 17-bis afferma testualmente che “ai fini del computo del termine di 90 giorni, si applicano le disposizioni sui termini processuali”. Pertanto, se sussistono le condizioni previste, va considerato anche il c.d. “periodo feriale” dal 1°/8 al 31/8.
Sergio Mogorovich
Dottore commercialista in Gorizia
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