Ma c’è anche una buona fetta di imprese che, nonostante le difficoltà organizzative causate dalla pandemia, sono riusciti comunque a mantenere il ciclo produttivo dell’attività lavorativa. Questo è stato reso possibile grazie allo smart working, ossia il cd. “lavoro agile”. Una forma di organizzazione delle modalità di lavoro che presuppone lo svolgimento del lavoro anche al di fuori dei locali aziendali, vale a dire a casa o in un proprio studio. Il ricorso a tale modalità lavorativa, rivista dal cd. “Jobs Act dei lavoratori autonomi”, è stata liberalizzata in occasione dell’emergenza sanitaria, in quanto non è più necessario l’accordo scritto e l’invio presso il Ministero del Lavoro.
Ma quali sono le agevolazioni in favore degli smart worker? Hanno gli stessi diritti dei lavoratori? Possono fruire di sussidi e/o benefit, quali buoni pasto?
Decreto Rilancio, smart working per genitori con figli minori di 14 anni: come funziona e come attivarlo
Smart working: cos’è e come funziona
Lo smart working, disciplinato dall’art. 18 della L. n. 81/2017, ha trasformato radicalmente l’approccio all’organizzazione aziendale, cercando di rendere più confacenti le esigenze dell’azienda con quelle del lavoratore. Esso, però, non si limita soltanto a conciliare i tempi di vita e di lavoro, ma anche a “innovare” e “competere”, con lo scopo di incrementare la produttività del lavoro.
In particolare, con il termine “lavoro agile”, s’intende una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato:
- stabilita attraverso un accordo tra le parti;
- anche sulla base di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi;
- senza precisi vincoli di orari o luogo di lavoro;
- utilizzando degli strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività di lavoro stessa.
Smart working, le regole per attivarlo correttamente
Smart working: dove e come viene svolto
Ma ovviamente avere un lavoro agile non significa certo non avere orari. Significa, infatti, che la prestazione lavorativa possa essere eseguita:
- in parte all’interno dei locali aziendali;
- in parte all’esterno di essi;
Fermo restando che deve essere tenuto in considerazione il limite della durata massima di orario di lavoro giornaliero, così come anche quello settimanale, esattamente per come sono disciplinati sia dalla legge che dalla contrattazione collettiva (CCNL).
Dunque, è possibile affermare che lo smart working non è configurabile come una nuova tipologia contrattuale, ma consiste in una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato frutto di un accordo tra il lavoratore e il datore di lavoro, che potranno concordare anche forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, “senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro” e con utilizzazione di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Inoltre il datore di lavoro deve essere anche responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore. Ma tali disposizioni non si applicano solamente ai datori di lavoro privati, in quanto, se compatibili, valgono anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni ex art. 1, c. 2, del D.Lgs. n. 165/2001.
Smart working: trattamento economico e rimborso spese
Per quanto concerne il trattamento economico del lavoratore, egli non potrà ricevere un compenso inferiore a quello dei lavoratori che svolgono le proprie attività all’interno dell’azienda, a parità di mansioni.
Quindi esiste una equiparazione a tutti gli effetti tra i lavoratori che prestano la propria attività all’interno dei locali aziendali e coloro che svolgono il proprio lavoro all’esterno dell’azienda stessa. Non è invece specificamente disciplinato il rimborso delle spese anche con riguardo al costo degli strumenti di lavoro, da regolare in sede di accordo individuale tra lavoratore e datore di lavoro.
Ciò significa che vige in tutto e per tutto il cd. “principio di non discriminazione”, che prevede l’applicazione di tutte le tutele dei lavoratori che svolgono l’attività lavorativa presso l’azienda anche ai smart worker.
Smart working e buoni pasto: in quali casi spettano
Un dubbio che sorge sempre in caso di smart working è se i lavoratori hanno diritto ai buoni pasto. Innanzitutto chiariamo che il buono pasto non è obbligatorio e viene erogato ai lavoratori che non hanno a disposizione una mensa aziendale. Si tratta di un beneficio accessorio (o fringe benefit), così come lo sono le auto e i telefoni aziendali.
Ma se il dipendente sta lavorando in smart working ha comunque diritto ai buoni pasto? In linea di massima, ogni azienda o amministrazione decide autonomamente se concedere i buoni pasto in una giornata di Smart Working: alcuni lo fanno, altri no.
Nel primo caso, le aziende che garantiscono i buoni pasto in regime di lavoro agile lo fanno per un semplice principio: lo smart working non vuol dire solamente lavorare da casa. Un dipendente, in una giornata di lavoro agile, può recarsi in un coworking, oppure lavorare presso una sede distaccata dell’azienda. Perciò il lavoratore ha comunque bisogno di mangiare fuori casa.
Nel secondo caso, invece, molte aziende durante le giornate di smart working non erogano il buono pasto né permettono ai dipendenti di usufruire del servizio mensa. Questo perché il beneficio del buono pasto viene equiparato ad altri trattamenti compensativi, che però non impattano direttamente sul “trattamento economico” del lavoratore. In questi casi, si imputa la mancata erogazione del beneficio al fatto che il dipendente lavora da casa e quindi non avrebbe necessità di utilizzare un buono pasto.
Smart working: esclusione dal premio di 100 euro
Nell’ambito delle agevolazioni occorre specificare che i lavoratori in smart working, così come i lavoratori in trasferta, non hanno diritto di accedere al “premio di 100 euro” previsto dall’art. 63 del D.L. n. 18/2020 (cd. “Decreto Cura Italia”).
Infatti, poiché la prestazione non è stata eseguito nella sede di lavoro bensì a distanza, ossia non negli ordinari luoghi in cui tradizionalmente viene prestata l’attività lavorativa, il premio non è dovuto da parte del datore di lavoro. La ratio della norma vuole che siano premiati solo coloro che abbiano prestato l’attività lavorativa all’interno dei locali aziendali, esponendosi maggiormente al rischio di contagio.
Smart working: novità dal Decreto Rilancio
L’art. 90 del “Decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020) stabilisce che fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali.
Restano fermi, però, il rispetto degli obblighi informativi previsti dagli artt. da 18 a 23 della L. n. 81/2017 e a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione.
La prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dal datore di lavoro.
Per l’intero periodo di svolgimento della prestazione in modalità agile, i datori di lavoro del settore privato comunicano al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in via telematica, i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile, ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito del MLPS.
Smart working: congedo parentale Covid-19 e bonus baby-sitting
Gli smart worker, al pari dei lavoratori dipendenti che svolgono la prestazione nei locali aziendali, hanno diritto di accedere ai congedi parentali Covid-19, per l’anno 2020, a decorrere dal 5 marzo e sino al 31 luglio 2020. Essi potranno essere goduti:
- dai genitori lavoratori dipendenti del settore privato;
- per i figli di età non superiore ai 12 anni (fatte salve le disposizioni in presenza di figli con disabilità);
- per un periodo continuativo o frazionato comunque non superiore a 30 giorni.
È riconosciuta un’indennità pari al 50% della retribuzione.
Il bonus baby-sitting, invece, che passa da 600 euro a 1.200 euro, potrà essere riconosciuto, oltre che per l’acquisto di servizi di baby-sitting, anche per l’iscrizione ai servizi integrativi per l’infanzia, ai centri estivi, ai servizi socio educativi territoriali, ai centri con funzione educativa e ricreativa e ai servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento