Infatti, le casistiche nella gestione dei rapporti di lavoro in questi giorni sono tra le più varie e meno consuete: si va dalla quarantena volontaria alla quarantena obbligatoria, dalla malattia vera e propria fino all’assenza per paura del contagio. Ciò obbliga il datore di lavoro, in via preliminare, a analizzare le motivazioni dell’assenza e, in un momento successivo, a adottare le misure necessarie per tutelare il proprio dipendente.
Gestire le assenze dei lavoratori in azienda non è mai un atto semplice per il datore di lavoro, a maggior ragione se l’assenza è determinata da un’emergenza legata ad un virus che blocca, direttamente o indirettamente, l’intera produzione.
Come devono regolarsi le aziende in questa situazione di emergenza? Quali sono le modalità consentite per astenersi da lavoro e cosa si perde? Ecco una panoramica di tutte le tipologie di assenze.
Coronavirus: assenza dal lavoro per sospensione attività
Tra le possibili misure di contrasto alla potenziale diffusione del virus rientrano innanzitutto le previsioni tendenti a vietare l’accesso in un determinato Comune o area geografica, nonché la sospensione delle attività lavorative per le imprese e/o la sospensione dello svolgimento delle attività lavorative per i lavoratori residenti nel comune o nell’area interessata, anche ove le stesse si svolgano fuori dal comune o dall’area indicata.
In questi casi è di tutta evidenza l’assoluta indipendenza della impossibilità della prestazione lavorativa dalla volontà del lavoratore, essendo l’azienda stessa impedita dal provvedimento dell’autorità pubblica allo svolgimento della normale attività produttiva. Pertanto, risulta evidente il permanere del diritto alla retribuzione pur in assenza dello svolgimento della prestazione.
Coronavirus: assenza dal lavoro per quarantena obbligatoria
Per quanto concerne l’assenza per quarantena stabilita dai presìdi sanitari, ossia obbligatoria, l’assenza del lavoratore deve essere disciplinata secondo le previsioni, di legge e contrattuali, che riguardano l’assenza per malattia, con le conseguenti tutele per la salute e la garanzia del posto di lavoro.
Sul punto, il cd. “Decreto Cura Italia” prevede l’equiparazione alla malattia del periodo trascorso in quarantena o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva per COVID-19, per il settore privato (per il settore pubblico l’equiparazione era già stata inserita nel D.L. n. 9/2020).
Coronavirus: assenza dal lavoro per quarantena volontaria
In caso di assenza per quarantena volontaria da parte di persone che scelgono autonomamente di isolarsi pur non avendo sintomi palesi di contagio, i datori di lavoro dovranno comunque retribuire il lavoratore.
La decisione di adottare, nelle more della decisione dell’autorità pubblica, un comportamento di quarantena “volontaria”, fondata sui predetti presupposti (o anche in ragione del contatto con soggetti ricadenti nelle condizioni previste), nei limiti dell’attesa della decisione circa la misura concreta da adottare da parte dell’autorità pubblica, può rappresentare comunque un comportamento di oggettiva prudenza, rispondente alle prescrizioni della normativa d’urgenza, e disciplinato conseguentemente come per le astensioni dalla prestazione lavorativa obbligate dal provvedimento amministrativo.
Coronavirus: assenza per paura contagio
Inoltre, vi sono anche i casi di assenza autodeterminata da parte di lavoratori che ritengono il fenomeno dell’epidemia sufficiente di per sé a giustificare l’assenza dal lavoro, pur non sussistendo provvedimenti di Pubbliche Autorità che impediscano la libera circolazione.
In tale fattispecie, siccome trattasi di una assenza autodeterminata poiché dettata dal semplice timore di essere contagiati, non è possibile riconoscere la giustificazione della decisione e la legittimità del rifiuto della prestazione.
Quindi, dall’assenza ingiustificata dal luogo di lavoro possono determinarsi provvedimenti disciplinari che possono portare anche all’espulsione del lavoratore dall’azienda.
Coronavirus: soluzioni alternative per giustificare l’assenza
Con il Dpcm 9 marzo 2020, al fine di contenere il contagio da COVID-19 su tutto il territorio nazionale, il governo incentiva, laddove possibile, la modalità di lavoro agile (“smart working”), che può essere applicata dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti. Le modalità semplificate d’avvio dello smart working valgono fino al 31 luglio 2020.
Il governo, inoltre, invita a tutti i datori di lavoro pubblici e privati di promuovere, fino al 3 aprile 2020, la fruizione da parte dei lavoratori dipendenti dei periodi di congedo ordinario e di ferie, compatibilmente con il monte ancora nella disponibilità del singolo e con le esigenze organizzative aziendali.
Altri istituti che possono determinare l’assenza giustificato sul posto di lavoro sono:
- i permessi retribuiti: è un regime simile alle ferie. Nelle ipotesi previste dalla legge, ed integrate dalla contrattazione collettiva, sarà necessario comunque un coordinamento con la parte datoriale per evitare assenze di massa;
- i permessi non retribuiti: l’assetto è identico a quello descritto per i permessi non retribuiti, la cui previsione è anch’essa in massima parte demandata alla contrattazione collettiva. A differenza di quanto accade per i permessi retribuiti però, in questa ipotesi però, non sussistendo il presupposto della retribuzione, il lavoratore non godrà neppure della relativa contribuzione previdenziale;
- la banca ore: consente l’accantonamento di ore di straordinario, da utilizzare per assentarsi dal lavoro, secondo le modalità di fruizione anche queste previste dai contratti collettivi;
- la malattia: si tratta di un’assenza giustificata evidentemente soltanto previa trasmissione del certificato medico che la attesti.
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