Ma come funzione la previdenza complementare? Quanto costa? E, soprattutto, conviene aderire alla previdenza complementare? Ecco delle brevi linee guida per orientarsi al meglio.
>> Speciale Riforma Pensioni >>
Previdenza complementare: cos’è e come funziona
La previdenza complementare è una forma di previdenza che si aggiunge a quella obbligatoria ma non la sostituisce. È fondata su un sistema di finanziamento a capitalizzazione. Per ogni iscritto viene creato un conto individuale nel quale affluiscono i versamenti che vengono poi investiti nel mercato finanziario da gestori specializzati (in azioni, titoli di Stato, titoli obbligazionari, quote di fondi comuni di investimento ecc.) e che producono, nel tempo, rendimenti variabili in funzione dell’andamento dei mercati e delle scelte di gestione.
La Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) ha il compito di vigilare e garantire trasparenza e correttezza dei comportamenti delle forme pensionistiche complementari.
Dunque, al momento del pensionamento all’iscritto sarà liquidata una rendita aggiuntiva alla pensione costituita dai contributi versati, comprensiva dei risultati di gestione. È anche possibile, a determinate condizioni, percepire in capitale (in tutto o in parte) la prestazione maturata.
Quindi mentre la previdenza obbligatoria si base sul criterio della “ripartizione”, cioè i contributi di tutti i lavoratori servono a pagare le pensioni di tutti i pensionati, la previdenza complementare è regolata da un sistema a “capitalizzazione” dove i versamenti di ciascun lavoratore vengono autonomamente investiti dal fondo di previdenza al fine di creare la rendita.
Riepilogando, la previdenza complementare a differenza di quella obbligatoria è:
- volontaria (il lavoratore può scegliere se aderire a una forma pensionistica complementare);
- a capitalizzazione individuale (i versamenti confluiscono in conti individuali intestati ai singoli iscritti e vengono investiti. Al momento del pensionamento sono restituiti, con i rendimenti maturati con gli investimenti, in forma di prestazione pensionistica aggiuntiva);
- a contribuzione definita (si sa quanto si versa e la prestazione finale dipende dalle somme versate e da quanto ha reso il loro investimento);
- gestita da soggetti ed enti di diritto privato.
>> Speciale Quota 100 <<
Previdenza complementare: chi può aderire
Tutti possono aderire volontariamente a una forma pensionistica complementare per costruirsi una rendita pensionistica. La previdenza complementare, infatti, interessa:
- i lavoratori dipendenti privati e pubblici;
- i lavoratori autonomi o liberi professionisti;
- i lavoratori con contratti atipici (ad esempio lavoratori a progetto od occasionali, soci lavoratori di cooperative, ecc.);
- i soggetti fiscalmente a carico;
- tutti coloro che non svolgono un’attività lavorativa.
Previdenza complementare: quanto costa
L’aspetto legato al costo della previdenza complementare è molto flessibile, e dipende anche dal prodotto finanziario scelto: esistono fondi pensione aperti e chiusi, oppure piani individuali pensionistici (PIP). Qualsiasi strumento scelto è possibile contribuire ad aumentare la propria pensione anche con somme esigue, a partire a volte anche da soli 50 euro al mese. Un piccolo sforzo mensile che può garantire in tarda età un montante contributivo importante, che va ad integrarsi con la normale pensione.
> RITA: come anticipare la pensione con la rendita integrativa <
Naturalmente il vantaggio maggiore è per coloro che iniziano a versare in giovane età, avendo così la possibilità di poter accumulare un montate contributivo maggiore anche con piccole somme. Infatti, chi inizia a versare solo a 40 o 45 anni, dovrà – a partita di un giovane che versa ad esempio a 35 anni – corrispondere un importo mensile maggiore per garantirsi una pensione alta.
Previdenza complementare: conviene
Un fattore da considerare quando si sceglie di aderire alla previdenza complementare, è sicuramente l’aspetto fiscale. I vantaggi, in tal senso, sono molto appetibili in quanto è possibile dedurre nella propria dichiarazione dei redditi gli importi versati per la pensione integrativa fino ad un massimo di 5.264 euro. In sostanza, il reddito imponibile Irpef si abbassa e di conseguenza anche le imposte da pagare al fisco.
Sui rendimenti, inoltre, sarà applicata una tassazione agevolata: tra il 9% e il 15%, percentuali più basse rispetto all’aliquota con cui viene tassata la liquidazione lasciata in azienda.
Infine, le prestazioni, per la parte che non è stata già tassata durante la fase di accumulo, sono soggette a un’imposizione fiscale con un’aliquota che si riduce al crescere degli anni di partecipazione al fondo pensione per quelle erogate ai lavoratori del settore privato.
Quindi, possiamo dire che il vantaggio fiscale si realizza in tre momenti distinti:
- nella fase di contribuzione, grazie alla deducibilità dal reddito imponibile fiscale fino ad un massimo di 5.264 euro;
- nella fase dei rendimenti, in quanto di sconta una tassazione agevolata anno per anno.
- nella fase delle prestazioni, poiché l’aliquota Irpef si riduce progressivamente per la parte di reddito non ancora tassata.
Infine, occorre tenere conto che quanto versato ed accumulato presso il fondo pensione è fortemente tutelato. In particolare, le risorse versate sono impignorabili, insequestrabili e non possono essere toccate anche in caso di fallimento del gestore. Un’altra importante tutela è che, in caso di morte prima della pensione integrativa, quanto accumulato sino a quel momento spetta agli eredi o altri beneficiari eventualmente indicati.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento